Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23154 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6273-2015 proposto da:

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CESI, 72, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA D’INNOCENZO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO HERNANDEZ;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2062/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/06/2015 R.G.N. 6601/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con sentenza in data 28 giugno 2014 n. 2062 la Corte d’appello di Roma:

– confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva accertato la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra S.A. ed il MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI nel periodo dal 1 ottobre 2000 al 30 giugno 2007 per la prestazione di servizio presso l’Istituto Italiano di CULTURA (IIC) di (OMISSIS);

– in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di stabilizzazione proposta dalla S. ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, e rinviava la causa al giudice del primo grado per il suo esame.

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che l’appello del MINISTERO costituiva una mera riproposizione delle deduzioni del primo grado, in base ad una lettura formale dei singoli contratti di prestazione d’opera intercorsi tra le parti di causa.

3. Al di là di tali rilievi, il Tribunale aveva fatto corretto uso del principio di non contestazione dei fatti materiali dedotti nel ricorso di primo grado.

4. La lavoratrice aveva allegato: di avere ricevuto direttive sulle modalità di espletamento del lavoro dal direttore dell’Istituto Italiano di Cultura e da altra dipendente addetta al controllo ( T.C.); di avere svolto attività lavorativa presso i locali dell’ente, ove le era stata assegnata una stanza, una scrivania, un computer ed altri strumenti di lavoro; di essere stata tenuta ad osservare un orario lavorativo ed a rimanere al lavoro anche oltre tale orario su richiesta del direttore, dovendo annotare su apposito registro l’orario di entrata e di uscita; di essere stata tenuta a chiedere per iscritto al direttore l’autorizzazione al godimento di permessi e ferie; di avere percepito una retribuzione mensile commisurata all’attività espletata e corrisposta anche in relazione ai giorni di premessi e ferie goduti; di avere svolto mansioni rientranti nell’attività istituzionale dell’Istituto e riconducibili alla posizione dell’addetto al servizio scuola e università, posto previsto in organico ed in quel periodo scoperto.

5.Su tali elementi non vi era stata contestazione in primo grado nè in appello vi era stata specifica doglianza se non sotto il profilo della inidoneità a suffragare le conclusioni del Tribunale; tali conclusioni erano, invece, coerenti con le premesse.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE (in prosieguo: il MINISTERO), articolato in quattro motivi, cui ha resistito S.A. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il MINISTERO ha censurato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso inter partes, deducendo la violazione ed errata applicazione dell’art. 416 c.p.c. e del principio di non contestazione.

2.Con il secondo mezzo egualmente si deduce la erroneità del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro, assumendosi- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 c.c. e del principio dell’onere della prova, per avere il giudice dell’appello operato un’indebita inversione dell’onere probatorio.

3.Con la terza censura, anche essa relativa alla pretesa erroneità del riconoscimento della subordinazione, il MINISTERO lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. Ha dedotto di avere puntualmente replicato alle argomentazioni attoree. In particolare:

Tra i principali fatti a sostegno del ricorso vi era la prestazione del servizio con strumenti forniti dal datore di lavoro; a ciò il MINISTERO aveva replicato evidenziando la irrilevanza del fatto, derivante dalla necessità del coordinamento con la complessiva attività dell’Istituto;

La ricorrente aveva sostenuto di essere stata sottoposta ad un severo controllo sull’orario di lavoro. Tale circostanza non trovava corrispondenza nel contratto nè nel concreto atteggiarsi del rapporto, così come era infondata la tesi della eterodirezione. Si trattava di allegazione generica e sfornita di prova, come contestato dalla amministrazione.

4. Con il quarto motivo il MINISTERO ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519 e dell’art. 2222 c.c. e ss..

5.Ha contestato che la S. dovesse garantire la propria presenza in ufficio dalle ore 9 alle ore 16.

6.Ha dedotto che ella aveva richiamato come unica prova del controllo sull’orario le annotazioni degli orari di ingresso e di uscita su di un apposito registro, che avevano il diverso fine di monitorare gli accessi presso l’Istituto e di evitare l’erogazione dell’onorario ad un professionista che non avesse soddisfatto i suoi impegni. Ha aggiunto, comunque, che l’osservanza dell’orario costituiva un elemento meramente sussidiario nell’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro.

7.Il contratto era stato qualificato dalle parti come contratto di prestazione d’opera, con un compenso forfettario non ancorato al CCNL di categoria. La S. non aveva mai partecipato agli scioperi, non essendo lavoratrice dipendente, sicchè il documento sul recupero della indennità di servizio all’estero per le giornate di sciopero, valorizzato nella sentenza impugnata, era frutto di errore materiale; la S. non percepiva la suddetta indennità, corrisposta soltanto al personale di ruolo.

8.Vi era un’assunzione di rischio tipica del lavoro autonomo in quanto i contratti prevedevano la facoltà del committente di recedere unilateralmente in caso di prestazioni insoddisfacente e di chiedere il risarcimento dei danni; inoltre escludevano il pagamento a carico del MINISTERO degli oneri previdenziali ed il pagamento della indennità di fine rapporto.

9.Del tutto irrilevante era la mancata copertura del posto in organico di addetto al servizio scuola e università, in quanto proprio la vacanza era il presupposto della collaborazione esterna.

10. La qualificazione dei contratti non era stata in precedenza contestata dalla lavoratrice e doveva presumersi corrispondere al reale svolgimento del rapporto.

11.I quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

12.Tanto il Tribunale che la Corte d’appello hanno ritenuto non contestati i fatti allegati nel ricorso introduttivo relativamente al concreto svolgersi del rapporto di lavoro.

13.L’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero di una non-contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cassazione civile sez. lav., 05/06/2020, n. 10788; Cass., sez. II, 28 ottobre 2019 n. 27490).

14.Per censurare tale giudizio di fatto, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il MINISTERO ricorrente avrebbe dovuto indicare il “fatto storico” processuale – la contestazione – il cui esame sarebbe stato omesso, il “dato” da cui esso risultava esistente, il “come e il quando” tale fatto era stato oggetto di discussione tra le parti e la sua “decisività”. Nella fattispecie di causa il MINISTERO non ha trascritto i contenuti della memoria difensiva del primo grado – per la parte relativa alla contestazione dei fatti allegati nel ricorso introduttivo – e neppure ha trascritto l’atto di appello, nella parte in cui si contrapponeva alla valutazione di “non con t.zione” espressa dal primo giudice.

15.Questa Corte (Cassazione civile sez. III, 05/03/2019, n. 6303) ha già precisato che il ricorso per cassazione, con cui si deduca (come nel caso di specie) l’erronea applicazione del principio di non contestazione, non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, trascrizione nella specie omessa.

16.Per come formulati, i motivi di ricorso chiedono, piuttosto, a questa Corte un inammissibile riesame del merito, assumendosi in via del tutto generica la avvenuta contestazione.

17.Le censure svolte, con il quarto motivo, in relazione al vizio di violazione dell’art. 2222 c.c., non attengono alla erronea individuazione degli indici della natura subordinata del rapporto di lavoro (in ciò potendo consistere il preteso errore di qualificazione) bensì ad una diversa valutazione dei fatti storici allegati con il ricorso, di cui il ricorrente MINISTERO assume la genericità e la non-idoneità alla prova della subordinazione. Trattasi anche sotto questo profilo di un giudizio di fatto che non è stato censurato specificamente.

18.Per il secondo motivo la inammissibilità della censura discende poi dalla sua estraneità alla ratio decidendi. La Corte territoriale non ha fatto applicazione della regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., che individua la soccombenza nel caso di mancanza di prova dei fatti controversi ma ha ritenuto i fatti non contestati e, dunque, provati in causa. Sulla base dei fatti allegati e non contestati ha poi operato la qualificazione del rapporto.

19.In sostanza il ricorso devolve nel complesso a questa Corte di legittimità un non-consentito riesame del merito.

20. Le spese del presente grado, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

21. Il giudice dell’impugnazione, ove pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, può esimersi dalla attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315). L’Amministrazione dello Stato, a tenore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. Federica D’Innocenzo.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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