Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23153 del 04/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 04/10/2017, (ud. 17/05/2017, dep.04/10/2017),  n. 23153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28582-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. MERCALLI

13, presso lo studio dell’avvocato ARTURO CANCRINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO SAVINO;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 157/2010 della COMM. TRIB. REG. della

BASILICATA depositata il 14/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2017 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.V., esercente l’attività di avvocato, presentava istanza di restituzione dell’Irap versata per gli anni di imposta 2001, 2002 e 2003, ritenendo insussistente il presupposto impositivo.

A seguito del silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Potenza che lo accoglieva con sentenza n. 327 del 2006.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, rigettato dalla Commissione tributaria regionale con sentenza del 14.10.2010, in cui precisava che “l’Irap non è dovuta quando l’attività autonoma è esercitata con prevalenza intellettuale sul complesso strumentale ed il reddito non è riconducibile alla organizzazione in modo autonomo e staccato dal titolare professionista”.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

L’intimato non resiste con controricorso ma deposita memoria di replica con richiesta di rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo: “violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, nella parte in cui non ha esaminato l’eccezione formulata dall’Ufficio appellante, sulla inammissibilità della istanza di rimborso a seguito della adesione del ricorrente alla definizione automatica dei redditi da lavoro autonomo, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 7, con riguardo agli anni di imposta 1997 – 2002.

2. Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la definizione agevolata preclude al contribuente la presentazione di istanze di rimborso riferite alle annualità condonate.

Il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente, sono entrambi fondati. La L. n. 289 del 2002, art. 7, comma 13, al pari dell’art. 9, comma 9 stessa legge, stabiliscono espressamente che la definizione automatica dei redditi per gli anni pregressi “rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione”. Ne deriva che la liquidazione Irap presentata dal contribuente che aderisce al condono diviene irrevocabile e non può essere “ritrattata” neppure sotto il profilo della sussistenza di cause di esclusione dalla imposta versata. In tal senso, con specifico riferimento alla L. n. 289 del 2002, art. 7, questa Corte ha stabilito che la presentazione della istanza di condono preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, anche nell’ipotesi di asserito difetto del presupposto impositivo, giacchè il condono determina la formazione di un titolo giuridico nuovo e costituisce una modalità di definizione “conciliativa” della controversia, da cui consegue il componimento delle opposte pretese e quindi l’azzeramento, a fronte di eventuali ulteriori pretese del Fisco, della richiesta del contribuente di rimborso. (Sez. 5, Sentenza n. 4566 del 06/03/2015, Rv. 634659 – 01). Su tale preclusione, espressamente eccepita in via preliminare dall’Ufficio appellante (come da atto di appello trascritto a pag. 4 del ricorso per cassazione), la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi.

3. Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto insussistente i presupposti per l’applicazione dell’Irap nonostante il contribuente si sia avvalso della prestazione non occasionale di lavoro altrui.

Il motivo è fondato. Questa Corte ha precisato che, ai fini della sussistenza del requisito impositivo della autonoma organizzazione, non è necessario che la struttura organizzativa sia in grado di operare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo ai fini della esclusione del presupposto della autonoma organizzazione la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile o che la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle particolari capacità del titolare, ovvero che vi sia la prevalenza dell’opera del professionista su altri fattori produttivi (Sez. 5, Ordinanza n. 26157 del 06/12/2011, Rv. 620825 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 2589 del 05/02/2014, Rv. 629355 – 01). Secondo la giurisprudenza di legittimità, sussiste il requisito della attività autonomamente organizzata, costituente presupposto dell’Irap a norma del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e art. 3, comma 1, lett. c), quando il soggetto esercente una attività professionale: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni. (Sez. U, Sentenza n. 12108 del 26/05/2009, Rv. 608232 – 01). Con la successiva specificazione che il requisito della autonoma organizzazione non è integrato dal solo fatto che il professionista impieghi un unico dipendente che svolga mansioni meramente esecutive (Sez. U, Sentenza n. 9451 del 10/05/2016, Rv. 639529 – 01).

4. Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha escluso la sussistenza di una autonoma organizzazione senza fornire una motivazione logica nè esauriente.

Il motivo è assorbito.

La sentenza deve pertanto essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione, la quale verificherà se per gli anni di imposta ammessi alla definizione agevolata prevista dalla L. n. 289 del 2002, il contribuente abbia aderito al condono, attenendosi, in caso positivo, al principio di diritto specificato al punto 2; con riguardo ai periodi di imposta non interessati dal condono, accerterà la sussistenza del requisito della autonoma organizzazione in base ai principi di diritto richiamati al punto 3.

La liquidazione delle spese del giudizio di legittimità è demandata alla stessa Commissione tributaria regionale.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017

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