Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23152 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22076-2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI FEDERATI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, F.G., domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO LONGO;

– ricorrenti –

contro

C.R., S.L., P.R., FO.RE.,

I.PER.COP. S.R.L. UNIPERSONALE, LEGATORIA EDITORIALE

G.O. – LE.GO S.P.A. UNIPERSONALE;

– intimati –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 52/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 12/03/2015 r.g.n. 417/2013.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 12.3.2015, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Associazione Agricoltori Federati e dal suo legale rapp.te, F.G., avverso l’ordinanza ingiunzione con cui erano state loro comminate sanzioni per il mancato pagamento dei contributi previdenziali dovuti quale sostituto d’imposta per i dipendenti e collaboratori;

che avverso tale pronuncia Associazione Agricoltori Federati e F.G. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo otto motivi di censura;

che il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha depositato atto di costituzione, mentre gli intervenienti in primo grado indicati nel ricorso sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i primi sei motivi di censura, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni del c.p.c. (artt. 132, 112, 115, nonchè omesso esame di fatti decisivi), della Cost. (artt. 2, 3, 23, 24, 41, 42, 113, 117, comma 1, 118, comma 4) e CEDU (artt. 1 e 4), per non avere la Corte di merito sollevato la questione di legittimità costituzionale del R.D.L. n. 1827 del 1935, artt. 47-48, art. 2115 c.c. e L. n. 218 del 1952, art. 19 i quali, nella parte in cui onerano il datore di lavoro dei compiti di sostituto d’imposta anche per i contributi obbligatori, attenterebbero alla libertà individuale e alla libera iniziativa degli imprenditori, imponendo loro un lavoro coatto gratuito ad esclusivo beneficio del fisco, e vulnererebbero la possibilità dei lavoratori di intendere il reale ammontare del loro compenso e la parte che di esso viene incamerata sotto forma di contributi e imposte, precludendo loro ogni difesa nei confronti dell’amministrazione finanziaria, in spregio al principio di sussidiarietà orizzontale, che impone di lasciar fare agli individui ciò essi che possono compiere con le loro forze, senza avocarlo alla responsabilità del corpo sociale quando non ve ne sia ragione;

che, con il settimo e ottavo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 1180 e 1220 c.c., per non avere la Corte territoriale valorizzato la circostanza, documentata in atti, che i contributi non pagati erano stati versati ai lavoratori, i quali si erano offerti di pagarli agli enti previdenziali mediante deposito in libretti al portatore ad essi spediti, derivandone la consequenziale efficacia liberatoria dell’adempimento del terzo;

che i primi sei motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte;

che, con riguardo alla disciplina della sostituzione d’imposta, la Corte costituzionale ha più volte chiarito, come peraltro ricordato nella sentenza impugnata, che la ratio dell’istituto è da ricercarsi vuoi nell’interesse fiscale alla immediata percezione dei tributi, vuoi in criteri di tecnica impositiva che ne agevolano il prelievo (così, tra le più recenti, Corte Cost. n. 51 del 2000), atteso che consente agli uffici di apprendere che il sostituito possiede fonti di reddito, mettendoli conseguentemente in grado di verificare l’esistenza e l’entità delle dichiarazioni che egli a sua volta è obbligato a rendere ed eventualmente a procedere agli accertamenti del caso (così, espressamente, Corte Cost. nn. 128 del 1986 e 364 del 1987);

che i superiori rilievi sono stati confortati in dottrina, osservandosi che il coinvolgimento di soggetti estranei al presupposto impositivo, rispondendo alla necessità di aumentare il fronte delle responsabilità patrimoniali coinvolte nel pagamento dei tributi e di conseguire di riflesso una semplificazione nella riscossione delle prestazioni fiscali, risponde alle esigenze della moderna fiscalità di massa, dal momento che riduce la quantità di soggetti chiamati ad effettuare la prestazione tributaria e introduce meccanismi di conflitto d’interesse che depotenziano l’attitudine individuale a sottrarsi al pagamento dei tributi;

che, argomentando diversamente, si finirebbe per gravare la collettività statale, che dei tributi è in ultima analisi la beneficiaria, della gestione e del controllo di una quantità enorme di contribuenti, di talchè essa si troverebbe frequentemente nell’impossibilità di verificare la lealtà della loro condotta, finendosi per rendere virtuale l’applicazione delle sanzioni e risultandone pregiudicata la stessa possibilità di assicurare il flusso costante di entrate necessarie al perseguimento dei propri scopi generali, che, per ciò che riguarda i contributi previdenziali, sono tipizzati dall’art. 38 Cost.;

che, sotto tale profilo, la disciplina in esame appare pienamente rispondente ai doveri di solidarietà politica, economica e sociale di cui all’art. 2 Cost. e art. 4, comma 3, lett. d) CEDU, che il legislatore può imporre con legge (art. 23 Cost.) al fine di assicurare che la libertà d’iniziativa economica privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (art. 41 Cost., comma 3), coerentemente con la necessità di garantire la funzione sociale della proprietà privata (art. 42 Cost., comma 2);

che, sotto altro ma concorrente profilo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo chiarito che le norme che prevedono e regolano la sostituzione nel pagamento del tributo garantiscono la tutela giurisdizionale, contro gli atti di accertamento e d’imposizione dell’amministrazione finanziaria, tanto al sostituto quanto al sostituito, assicurando altresì l’effettiva incidenza del tributo medesimo sul destinatario dei redditi ad esso assoggettati, sicchè manifestamente non si pongono in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost. (Cass. S.U. n. 2889 del 1983);

che, non misurandosi in alcun modo le censure di cui al ricorso con la ratio legis dell’istituto, per come delineata dalla giurisprudenza costituzionale e di questa stessa Corte di legittimità, non può che rilevarsi la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del R.D.L. n. 1827 del 1935, artt. 47-48, art. 2115 c.c. e L. n. 218 del 1952, art. 19 nella parte in cui onerano il datore di lavoro dei compiti di sostituto d’imposta anche per i contributi obbligatori;

che, essendo l’irrogazione della sanzione amministrativa correlata alla violazione del dovere di sostituzione di cui alle disposizioni citate, nessun rilievo può avere all’uopo un eventuale adempimento del terzo, non venendo in specie in rilievo una questione di adempimento dell’obbligazione contributiva, ma l’infrazione di una disposizione recante un dovere pubblico;

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, nulla statuendosi sulle spese di lite, non avendo l’amministrazione svolto alcuna apprezzabile attività difensiva al di là del deposito dell’atto di costituzione in giudizio; che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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