Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23152 del 19/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/08/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 19/08/2021), n.23152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12726-2018 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO

DA CARPI N. 1, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FUNARI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VITO DE STEFANO;

– ricorrente –

contro

B.N.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 869/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 25/10/2017 R.G.N. 1087/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza n. 869 del 25 ottobre 2017, la Corte d’appello di Palermo, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda formulata da R.F. nei confronti di B.N.S., volta ad ottenere la corresponsione delle differenze retributive a lui spettanti per effetto dell’unilaterale trasformazione del rapporto, nel mese di aprile 2009, da parte del datore di lavoro, in part time in luogo del full time del contratto originariamente stipulato in data 1 gennaio 2002;

per la cassazione della pronuncia propone ricorso R.F., affidandolo a due motivi;

B.N.S. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per aver la Corte d’appello, uniformandosi alla opzione interpretativa del primo giudice, ritenuto onere del ricorrente fornire la prova di aver svolto sempre le stesse ore di lavoro e non, invece, quelle inferiori risultanti dall’unilaterale trasformazione del rapporto da full time a part time;

il motivo è infondato;

va rilevato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (ex plurimis, Sez. III, n. 15107/2013) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella disposizione;

nel caso di specie, la Corte d’appello ha fatto buon governo delle norme che presiedono al procedimento probatorio;

invero, il giudice di secondo grado, accertata l’unilaterale trasformazione dell’originario rapporto full time in rapporto part time, allegata dalla parte ricorrente nella propria originaria domanda, non essendo stato dimostrato alcun accordo per la riduzione dell’orario di lavoro, ha ritenuto la stessa violativa del disposto di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 8 a mente del quale nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova in quanto attestante l’indispensabile requisito del consenso del lavoratore;

questa Corte ha anzi affermato che è onere del datore di lavoro, che alleghi la durata limitata dell’orario, fornire la prova della riduzione della prestazione lavorativa, ma quest’ultima può essere data “per facta concludentia”” anche se il contratto sia stato stipulato per iscritto (sul punto, Cass. n. 1375 del 2018).

nel caso di specie, ha correttamente osservato la Corte che, poiché la modalità oraria configura un elemento qualificante della prestazione oggetto del contratto part time, la variazione, in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito, costituisce una novazione oggettiva dell’intesa negoziale inizialmente concordata che richiede una nuova manifestazione di volontà;

ha poi ritenuto, con accertamento in fatto, incensurabile in sede di legittimità, del tutto pacifica, in assenza di qualsivoglia censura, la circostanza dell’unilaterale riduzione dell’orario, con conseguente illegittimità della stessa e conseguente responsabilità risarcitoria del datore di lavoro;

ha, tuttavia, evidenziato la Corte come nessuna istanza in tal senso fosse stata avanzata dall’attuale ricorrente, limitatosi a richiedere le differenze retributive per effetto del mantenimento, in fatto, dell’originario orario di lavoro fuil time, nonostante l’intervenuta apparente riduzione dello stesso;

nessun elemento probatorio ha, tuttavia, la Corte riscontrato con riguardo allo svolgimento di attività lavorativa a tempo pieno nonostante l’intervenuta trasformazione in rapporto part time;

invero, a fronte della accertata riduzione dell’orario di lavoro da full time in part time, si ripete, non oggetto di contestazione fra le parti, nessun prova probatorio la Corte ha ritenuto di poter rinvenire nelle dichiarazioni testimoniali acquisite non avendo alcuna di esse apportato elementi a sostegno del perdurante espletamento di attività lavorativa full time nonostante l’intervenuta trasformazione del rapporto;

tale valutazione, in fatto, risulta sottratta al sindacato di legittimità: anche di recente le Sezioni Unite hanno affermato (segnatamente, con riguardo alla violazione dell’art. 115 c.p.c.) che, perché possa reputarsi non corretto il procedimento probatorio seguito, occorre che il giudicante abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), essendo invece inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr., SU n. 20867 del 20/09/2020);

il secondo motivo, con cui si deduce l’erronea compensazione per metà delle spese di lite è infondato, essendo soltanto inibito al giudice di addossare completamente le spese all’attore che ha ragione, ipotesi senza dubbio non ricorrente nel caso di specie;

alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso deve, quindi, essere respinto;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della parte costituita, che liquida in Euro… per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021

 

 

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