Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23147 del 07/11/2011

Cassazione civile sez. I, 07/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 07/11/2011), n.23147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.M. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SOMMA CAMPAGNA 9, presso lo studio dell’avvocato CARRACINO

ORESTE, rappresentata e difesa dall’avvocato APICELLA GAETANO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto 1874/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

dell’11.2.09, depositato il 17/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito per la ricorrente l’Avvocato Gaetano Apicella che si riporta

agli scritti, depositando attestazione di notifica Unep di Napoli;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI che ha concluso per la tempestività del ricorso; nel merito

per l’inammissibilità.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.M., con ricorso del 7 aprile 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 17 febbraio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della C. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha rigettato la domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia, il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, per intempestività della sua proposizione, lo stesso essendo stato notificato oltre il termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ.;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 2.090,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto di primo grado – proposta con ricorso del 21 marzo 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) la C. era stata imputata per vari reati e rinviata a giudizio dinanzi al Tribunale ordinario di Vallo della Lucania; b) il Tribunale adito non aveva ancora definito il processo alla data del deposito del ricorso per equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato, ha respinto la domanda, osservando che: a) Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a produrre l’avviso di conclusioni delle indagini preliminari, notificatole il 10 febbraio 2003. Nessuna dimostrazione ha, però, dato circa la citazione a giudizio e la mancata tempestiva definizione del procedimento, o, comunque, in ordine alla sua perdurante pendenza. Peraltro, l’invocata acquisizione di atti a mente della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5 è pur sempre subordinata al previo assolvimento del precisato onere probatorio da parte dell’istante; b) Risultano, quindi, non affatto asseverati la tempestività della domanda in rapporto ala disposto dell’art. 4 della legge stessa ed, in ogni caso, i termini di durata dell’allegato processo penale in misura eccedente la durata ragionevole.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

preliminarmente, che il ricorso parrebbe in prima approssimazione inammissibile, per intempestività della sua proposizione, in quanto il decreto impugnato – non notificato – è stato pubblicato in data 17 febbraio 2009, mentre il ricorso è stato notificato, a mezzo del servizio postale, in data 7 aprile 2010, cioè oltre il termine di un anno e quarantasei giorni di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, – nel testo anteriore alla modifica di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 46 secondo quanto disposto dalla stessa L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1 applicabile alla specie ratione temporis -, termine scaduto in data 5 aprile 2010 (lunedì);

che tuttavia, all’odierna udienza, il difensore della ricorrente ha prodotto attestazione di notifica dell’Ufficio notifiche, esecuzione e protesti della Corte d’Appello di Napoli, dalla quale risulta che il ricorso per cassazione in esame è stato consegnato per la notificazione in data 2 aprile 2010 e, quindi, tempestivamente;

che, con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati congiuntamente -, viene denunciata come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione, l’affermata omessa allegazione degli elementi del processo presupposto indispensabili per l’esame nel merito del ricorso;

che il ricorso merita accoglimento, perchè la decisione impugnata è supportata da una motivazione insufficiente e contraddittoria;

che, al riguardo, questa Corte ha più volte affermato che, in tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2, attribuisce l’accertamento in concreto della violazione al giudice:

se la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e dimostrazione, riguardante la sua posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, spetta poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche secondo il modello processuale di cui all’art. 737 c.p.c. e segg. adottato dalla legge (art. 3, comma 4, della legge) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 cod. proc. civ., non resta subordinata all’istanza di parte, con la conseguenza che il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali poteri, potendo attingere aliunde le fonti del proprio convincimento – non può addebitare alla parte una asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei poteri di iniziativa d’ufficio, nè, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte ricorrente di acquisire, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5, gli atti del processo presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle cause della durata dello stesso (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 17249 del 2006 – richiamata dagli stessi Giudici a quibus -, 2207 e 16836 del 2010);

che, nella specie, la stessa Corte di Napoli contraddittoriamente rispetto alle conclusioni – precisa, in fatto, che l’odierna ricorrente, a fondamento della domanda di equa riparazione, aveva prodotto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificatole in data 10 febbraio 2003 ed aveva allegato che tale procedimento era ancora pendente alla data di proposizione della predetta domanda di indennizzo, promossa con ricorso del 21 marzo 2008;

che inoltre i Giudici a quibus, pur richiamando correttamente ed integralmente i principi enunciati dal questa Corte con la sentenza n. 17249 del 2006, applica tali principi in modo errato e contraddittorio, nella misura in cui addebita alla parte carenze di allegazione, che risultano invece insussistenti secondo la sua stessa descrizione della fattispecie;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato per i riscontrati vizi e la causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà ad eliminare tali vizi ed a decidere il merito del ricorso per equa riparazione, nonchè a regolare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2011

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