Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23143 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3869/2015 proposto da:

STILCAR S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCCA 1, presso lo studio

dell’avvocato CATALDO SCARPELLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI 76,

presso lo studio dell’avvocato SEVERINO D’AMORE, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati MARGHERITA SARASINO, CARLO

TABELLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4017/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/08/2014 R.G.N. 6884/2011.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda della Stilcar spa di opposizione al verbale accertamento della Fondazione Enasarco per il mancato pagamento dei contributi relativi alle socetà Mejecar sas e Burino Ciani & C. snc, ritenute in detto verbale agenti e non già procacciatori.

La Corte, considerate le differenze che sussistono tra il rapporto di agenzia e quello di procacciatore, ha ritenuto che nella fattispecie i dati inducevano a ritenere che l’impegno fosse caratterizzato da stabilità e continuità; che i rapporti avevano avuto durata rilevante (6 e 5 anni); che i pagamenti venivano

effettuati con periodicità ripetuta con causale “provvigioni per la vendita di autovetture “quanto alla Mejecar e causale “provvigioni per segnalazione” quanto alla Burini; che tutte le fatture erano emesse con numerazione crescente e progressiva all’inizio di ciascun mese a; che erano stati procurati affari rilevanti Secondo la Corte emergeva con evidenza un programma delineato dalle parti all’inizio del rapporto per un significativo impegno continuativo ben diverso dall’impegno episodico e liberamente gestibile del procacciatore. La Corte ha sottolineato, inoltre, che era quindi da presumere un vero e proprio obbligo di stabile promozione di affari, irrilevante il nomen iuris utilizzato dalle parti.

In accoglimento della domanda riconvenzionale, solo genericamente contestata, ha condannato la soc a pagare Euro 29.284.

2. Avverso la sentenza ricorre la soc Stilcar con 4 motivi. Resiste la Fondazione Enasarco. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. La Stilcar con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1742 c.c., l’assenza del requisito della stabilità ricondotto dalla Corte al diverso requisito della continuità.

Sempre con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 2, nullità della sentenza in relazione alla stabilità fondata su motivazione apparente, perplessa contraddittoria e del tutto mancante; l’omessa analisi delle pattuizioni e del concreto atteggiarsi dell’attività di collaborazione restando un’apodittica affermazione “il programma delineato dalle parti all’inizio del rapporto”; l’inspiegabile ricorso alle presunzioni, pur in presenza di istanze istruttorie e di circostanze idonee a configurare il rapporto quali: le due società non erano iscritte nell’albo degli agenti;la Stilcar aveva sottoscritto con la Bruni Cianini e la Mejecar, che erano officine di riparazioni di autovetture e fornitrici di pezzi di ricambio, contratti con i quali si era obbligata a fornire pezzi di ricambio; le due società non si erano mai obbligate a promuovere affari restando libere di indirizzare i clienti alla Stilcar per l’acquisto di un’autovettura.

Con il primo motivo, ancora, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi quale la mancata iscrizione nell’albo degli agenti in quanto l’attività principale delle due società era quella di officine di riparazione e fornitura di pezzi di ricambio restando del tutto marginale la segnalazione della Stilcar ad alcuni clienti intenzionati ad acquistare un’auto.

5. Con il secondo motivo denuncia l’omessa motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, circa il fatto storico dell’assenza di un contratto scritto che invece l’art. 1742 c.c., richiede ad probationem. Osserva che la Fondazione non aveva provato nè chiesto di provare il contratto neppure con i testi o presunzioni; che la questione era stata sollevata in Tribunale e riproposta in appello, decisiva e oggetto di trattazione in giudizio.

6. Con il terzo motivo (art. 360 c.p.c., n. 3) denuncia il precedente profilo di legittimità anche sotto il profilo della violazione dell’art. 1472 c.c. (presumibilmente art. 1742 c.c.), artt. 2725,2729 c.c. (presunzioni semplici), art. 2697 c.c., per mancanza di prova della conclusione di un contratto scritto di agenzia.

Osserva che l’art. 1742 c.c., impone la forma scritta ad probationem e che la Fondazione era inadempiente a tale onere probatorio anche per testimoni.

7. Con il quarto motivo (art. 360 c.p.c., n. 3) denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., nullità della sentenza eccepisce che la Corte aveva erroneamente affermato la mancata contestazione della riconvenzionale e dell’importo richiesto da Enasarco.

8. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.

9. Vanno preliminarmente esaminate le censure relative alla violazione dell’art. 1742 c.c. e all’insussistenza di un contratto di agenzia per il quale la norma invocata richiede la forma scritta ad probationem. La ricorrente osserva che nella fattispecie la Corte aveva, invece, desunto il rapporto di agenzia da elementi di fatto e non già da una scrittura, atteso che l’unico contratto esistente con le due società, che svolgevano l’attività di autoriparazioni, era quello di fornitura di pezzi di ricambio.

Tali censure sono infondate.

Va infatti, qui ribadito, che i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta “ad substantiam” o ad “probationem”, così come i limiti di valore previsti dall’art. 2721 c.c., per la prova testimoniale, operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti (cfr. Cass. 566/2001, 15591/2002, 26003/2010). Nella specie la posizione di terzo della Fondazione esclude l’applicazione dei limiti denunciati dalla ricorrente.

10. Circa le altre censure va rilevato che secondo la Corte nella fattispecie i dati inducevano a ritenere che l’impegno fosse caratterizzato da stabilità e continuità in quanto: i rapporti avevano avuto durata rilevante (6 e 5 anni); i pagamenti venivano effettuati con periodicità ripetuta con causale “provvigioni per la vendita di autovetture “quanto alla Mejecar e causale “provvigioni per segnalazione” quanto alla Burini; tutte le fatture erano emesse con numerazione crescente e progressiva all’inizio di ciascun mese; erano stati procurati affari rilevanti; pertanto, emergeva con evidenza un programma delineato dalle parti all’inizio del rapporto per un significativo impegno continuativo ben diverso dall’impegno episodico e liberamente gestibile del procacciatore. La Corte ha affermato la sussistenza del rapporto di agenzia sulla base degli elementi di fatto esposti e non già in base a presunzioni e, dunque, la denuncia di violazione delle norme che regolano le presunzioni sono inconferenti.

11. La decisione della Corte, in quanto espressione di un apprezzamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità in quanto esente da vizi logici ed errori di diritto. La Corte ha svolto una valutazione di merito,congruamente motivata non illogica nè contraddittoria, non censurabile in Cassazione neppure sotto il profilo della violazione delle norme sulla presunzione il cui richiamo, nella fattispecie, finisce per tradursi in un’inammissibile censura di merito in ordine alla valutazione di mero fatto spettante esclusivamente al giudice di merito.

Le censure della ricorrente, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni codicistiche, risultano sostanzialmente intese a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.

Risultano poi inappropriati i richiami sia all’art. 2697 c.c., sia agli artt. 115 e 116 c.p.c.; per il primo aspetto la violazione dell’art. 2697 c.c., è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), come nella specie laddove chi ricorre critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa l’esistenza del rapporto di agenzia, opponendo una diversa valutazione che non può essere svolta in questa sede di legittimità; per l’altro aspetto, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017).

Com’è noto, a seguito della indicata modifica legislativa che ha reso deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo della motivazione è stato confinato sub specie nullitatis, in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, configurabile solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 8053/14 cit.). Di talchè, anche per questo verso, le censure mosse dalla ricorrente si palesano inaccoglibili, atteso che la Corte territoriale ha spiegato, in maniera esaustiva e niente affatto perplessa, le ragioni della decisione che deponessero nel senso della sussistenza tra le parti di un rapporto di agenzia.

12. Anche il quarto motivo risulta infondato atteso che la Corte ha affermato che il conteggio della Fondazione era stato solo genericamente contestato e tale genericità permane anche nel presente giudizio.

13. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 4.500,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

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