Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23141 del 19/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/08/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 19/08/2021), n.23141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26963-2017 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

19, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PAMPHILI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE GIURATRABOCCHETTA;

– ricorrente –

contro

HOBBY CENTRO S.A.S. DI C.L. & C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 41/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 09/05/2017 R.G.N. 198/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso depositato il 26.3.14, D.M.G. esponeva di aver lavorato, dal 4.10.04, alle dipendenze delle società Hobby Centro s.a.s. di C.L. & C. con mansioni di cassiera di V livello, e contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e di essere stata licenziata il 27.3.2010.

Deduceva di aver svolto sempre mansioni superiori di cassiera di V livello e lamentava le superiori relative retribuzioni, oltre al compenso di straordinario, mensilità supplementari, indennità sostitutiva di ferie, festività e t.f.r., chiedendo la condanna della convenuta ai pagamento della complessiva somma di Euro 71.740,76, oltre accessori di legge; chiedeva infine la condanna della società al pagamento della somma di Euro 15.000 a titolo di risarcimento del danno per mancata regolarizzazione contributiva.

Resisteva la società, proponendo riconvenzionale per il risarcimento del danno di Euro 233.054,61 a titolo di restituzione di somme sottratta alla società per mancata battitura di numerosi scontrini.

Il Tribunale, con sentenza del 5.12.13, respingeva il ricorso e, in accoglimento della riconvenzionale, condannava la D.M. al pagamento della somma di Euro 25.000 oltre accessori.

Avverso tale sentenza proponeva appello la lavoratrice. Resisteva la società, proponendo appello incidentale.

Con sentenza depositata il 9.5.17, la Corte d’appello di Potenza rilevava che le mansioni di cassiera svolte almeno dal marzo 2009, anziché di commessa, dovevano evincersi proprio dalla denuncia in sede penale della società che evidenziava appropriazioni indebite dalla cassa; accertava, anche attraverso c.t.u. contabile, l’esistenza di un credito retributivo a tale titolo per Euro 7.995,11; escludeva un credito per t.f.r. ritenendo la domanda non ritualmente proposta in primo grado. Quanto all’appello incidentale, la Corte, sulla base della documentazione di causa e con calcolo presuntivo, quantificava in Euro 93.600 la somma dovuta dalla D.M. alla società.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la D.M., affidato a sei motivi, mentre la società è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere i giudici di appello condannato la società alla restituzione di somma, maggiore di quella richiesta, di Euro 36.000 circa.

Il motivo è infondato posto che, come risulta dalla sentenza impugnata (sul punto non contestata dalla ricorrente), la società ebbe a richiedere a tale titolo sin dal primo grado la somma di Euro 233.054,61.

2. Con secondo motivo la ricorrente denuncia ancora la nullità della sentenza impugnata per sostanziale mancanza di motivazione in ordine alla quantificazione delle somme stabilite dalla Corte di merito a titolo restitutorio.

Il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata ampiamente motivato al riguardo, esponendo con esattezza (alle pagine 12 e 13 della sentenza) i relativi criteri di calcolo, che risultano non viziati da errori o vizi logici, sicché la censura si risolve in una inammissibile richiesta di rivalutazione degli apprezzamenti in fatto da parte del giudice di merito.

3. Con terzo motivo la D.M. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e cioè la circostanza che la somma di Euro 80.000, sequestrata dalle Forze dell’Ordine presso la sua abitazione, furono da queste restituite alla società.

Il motivo risulta fondato in quanto la Corte lucana, pur dando atto che vi fu il detto sequestro per circa Euro 80.000 ed una restituzione di circa Euro 50.000, come accertato dal primo giudice (pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata), procedette al calcolo del dovuto da parte della D.M. senza sottrarre alcunché da tale importo.

4. Con quarto e quinto motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per non avere i giudici di appello verificato, dalla documentazione del processo penale in atti, la circostanza della restituzione alla società della somma sequestrata in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c.

Le censure restano assorbite dall’accoglimento del terzo motivo.

5. Con sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi la sentenza pronunciata in ordine alla domanda, ritualmente proposta, di condanna della società alla regolarizzazione contributiva relativamente alle differenze retributive accertate dal giudice di appello.

Anche tale motivo risulta fondato, avendo la stessa sentenza impugnata evidenziato, nelle conclusioni delle parti, la richiesta condanna alla regolarizzazione contributiva senza essersi minimamente pronunciata sul punto.

6. In conclusione debbono accogliersi il terzo e sesto motivo di ricorso, restando assorbiti i restanti. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice in dispositivo indicato. il quale provvederà anche alla regolazione delle spese di lite, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo ed il sesto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021

 

 

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