Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23141 del 17/09/2019
Cassazione civile sez. I, 17/09/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 17/09/2019), n.23141
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15419/2018 proposto da:
I.M.S., elettivamente domiciliato in Roma Viale
Angelico N 38 presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma
Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 769/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 07/02/2018.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Roma con sentenza in data 7/2/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Roma in ordine alle istanze avanzate da I.S.M. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo proveniente dal Bangladesh aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma di essere fuggito dal proprio paese in quanto aveva ricevuto minacce ed era stato aggredito dagli uomini della (OMISSIS) a causa del suo impegno politico
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a tre motivi.
Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto i motivi di appello non specifici.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto la Corte, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.
Il ricorso proposto è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso, che è l’unico diretto a censurare la sentenza di appello, è inammissibile. Il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989). Nel caso concreto, la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile il gravame dell’immigrato, per non avere il medesimo “sottoposto a critica le effettive e specifiche ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, avuto riguardo in particolare agli indici di inattendibilità della vicenda personale narrata”, ed ha ritenuto, per tale ragione, che l’appello difettasse di specificità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c. Ciò posto, nel motivo di ricorso il ricorrente si limita ad allegare genericamente di avere censurato la decisione di prime cure, laddove ha ritenuto non credibile il racconto dell’istante, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3 ma non ha riportato – nel rispetto del principio di autosufficienza – le specifiche censure proposte alla sentenza del Tribunale, al fine di inficiare la pronuncia di appello che ha dichiarato inammissibile il gravame. Per il resto il motivo si limita ad una ricostruzione, astratta e di principio, in ordine ai presupposti di specificità dell’appello. La doglianza è, pertanto, inammissibile, sia perchè non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, sia perchè difetta di autosufficienza.
Il secondo e terzo motivo sono parimenti inammissibili. Nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono, per vero, trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale (nella specie, la ravvisata inammissibilità dell’atto di appello). Tali questioni di merito possono, in ipotesi, essere demandate esclusivamente al giudice di rinvio, in caso di eventuale cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo alla questione assorbente (Cass., 05/11/2014, n. 23558). Nella specie, il ricorrente ha riprodotto – nei mezzo in esame – le questioni di merito rimaste assorbite dalla pronuncia di inammissibilità dell’appello, per cui le censure sono inammissibili.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese in favore del controricorrente.
Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente che sui liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.
Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 30 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019