Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23140 del 19/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/08/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 19/08/2021), n.23140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26564-2017 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo

studio degli avvocati ROBERTO PESSI, e MARCO MARIA VALERIO RIGI

LUPERTI, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

C.P., R.G., F.A., M.T.,

elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 209,

presso lo studio dell’avvocato LUCA SILVESTRI, rappresentati e

difesi dall’avvocato ERNESTO MARIA CIRILLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 872/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/05/2017 R.G.N. 1782/214;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA

Mario, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza n. 8721/17 la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza del locale Tribunale, accoglieva la domanda di C.P., R.G., M.T. e F.A. -, dipendenti della TELECOM Italia s.p.a., diretta all’accertamento del loro superiore inquadramento nel 4 livello c.c.n.l. di categoria a partire dal 1.11.93 e successivamente nel livello F del c.c.n.l. per le Aziende di telecomunicazioni 1996, attuale livello 6 del c.c.n.l. 2000, con conseguente condanna della società all’inquadramento nelle relative mansioni, con riconoscimento del relativo trattamento retributivo previdenziale e normativo.

La Corte d’appello di Milano ritenne che: a) il diritto al superiore inquadramento non era prescritto; b) che era emersa la piena corrispondenza tra il sesto livello, posseduto dai lavoratori quali dipendenti PPTT ed il quarto livello SIP, poi Telecom, del quale essi chiedevano il riconoscimento.

La Corte, in particolare riteneva che: a) non era prescritto il diritto dei lavoratori C., M. e F., in quanto il decorso del termine decennale decorreva autonomamente da ogni giorno successivo a quello nel quale si era per la prima volta concretata la situazione potenzialmente idonea a determinare l’insorgere del diritto al superiore inquadramento, sino alla cessazione della medesima; b) era emersa la piena corrispondenza di contenuto e rilevanza tra il sesto livello, attribuito ai lavoratori quando erano alle dipendenze della amministrazione PPTT ed il quarto livello c.c.n.l. SIP.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Telecom s.p.a., affidato a quattro motivi, cui resistono con controricorso i lavoratori.

La Procura Generale ha fatto pervenire conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

la Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi: 1) con il primo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 3, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 e art. 156 c.p.c., comma 2, in quanto la Corte di merito avrebbe violato le norme processuali in tema di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.

2) Con secondo motivo denuncia una omessa motivazione che rendeva impossibile verificare il ragionamento che condusse la Corte di merito a riformare la sentenza di primo grado.

3) con terzo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 2946,2103 c.c., e L. n. 58 del 1992, art. 4 in relazione al mancato rilievo della prescrizione del diritto all’inquadramento superiore;

4) con quarto motivo lamenta la violazione della L. n. 58 del 1992, art. 4 art. 1362 c.c. e segg. in relazione alla normativa di cui alla contrattazione collettiva del settore, succedutasi nel tempo (c.c.n.l. 1992, 1996, 2000);

Il ricorso è infondato.

Quanto al difetto di motivazione deve rilevarsi che la Corte di merito ha dato esauriente spiegazione delle ragioni poste a base della decisione (pagg. 3 e 4 sentenza impugnata).

Quanto alla prescrizione la sentenza impugnata risulta conforme ai precedenti giurisprudenziali di questa Corte (Cass. n. 14140/06, n. 9662/01 ed altre).

Nel merito deve rimarcarsi che la sentenza impugnata, adeguandosi agli insegnamenti di questa S.C., ha accertato l’equivalenza professionale tra gli inquadramenti prima posseduti dai lavoratori (4 livello c.c.n.l. SIP e successivamente livello F c.c.n.l. Telecomunicazioni 1996) e l’attuale livello 6 del c.c.n.l. 2000.

Le censure svolte dalla società al riguardo sono per un verso inammissibili laddove sottopongono al giudice di legittimità apprezzamenti di fatto ed una diversa valutazione delle risultanze istruttorie (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).

D’altro canto risultano infondate in quanto la sentenza d’appello ha correttamente applicato i principi in materia più volte esposti da questa Corte, e cioè che nella vicenda traslativa in esame, pur non potendosi applicare l’art. 2112 c.c. né, meccanicamente, le previste tabelle di equiparazione (cfr. Cass. n. 6791/18), resta comunque fermo il principio, da esaminarsi tramite una valutazione complessiva delle mansioni svolte prima e dopo il passaggio del lavoratore dal sistema pubblicistico a quello privatistico, della tutela della conservazione (e tutela) della professionalità acquisita (ex ariis, Cass. n. 24231/10; Cass. n. 15605/04; da ultimo Cass. n. 1249/15: in tema di rapporti di lavoro dei dipendenti dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici, nel passaggio dei servizi di telefonia dal settore pubblico a quello privato, in forza della normativa di riferimento (L. 29 gennaio 1992, n. 58, art. 4); la previsione di apposite tabelle di equiparazione, adottate con accordo sindacale per operare l’inquadramento presso la nuova gestione, non preclude la verifica circa l’effettiva equivalenza delle posizioni di lavoro).

Le censure finiscono dunque per contestare precisi ed analitici accertamenti svolti dalla Corte di merito, sulla base delle testimonianze escusse (non specificatamente e ritualmente contestate) circa le deteriori mansioni, in base al fondamentale canone della tutela della professionalità, svolte dal lavoratore presso la Telecom, mansioni non specificatamente contestate dalla Telecom.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021

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