Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23140 del 14/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 14/11/2016, (ud. 09/02/2016, dep. 14/11/2016), n.23140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19414/2011 proposto da:

M.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SANTE

ASSENNATO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, c.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo degli avvocati Raffaella FABBI e Luciana

ROMEO che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ALESSANDRO RICCIO, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN e ANTONELLA

PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 262/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 25/08/2010 R.G.N. 259/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI;

udito l’Avvocato TERESA OTTOLINI per delega Avvocato LUCIANA ROMEO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte territoriale di Perugia, con sentenza depositata il 25 agosto 2010, rigettava il gravame proposto da M.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, dichiarata la carenza di legittimazione passiva dell’INAIL, aveva respinto la domanda del M. diretta ad ottenere la maggiorazione pensionistica di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, come modificato dalla L. n. 271 del 1993, negatagli in via amministrativa.

Per la cassazione della sentenza ricorre il M. sulla base di un motivo ulteriormente illustrato da memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

L’INPS e l’INAIL resistono con controricorso ed il primo ha altresì depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico mezzo di impugnazione articolato il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 441, 433, 445, in relazione alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, modificato dalla L. n. 271 del 1993, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, perchè la Corte di merito non avrebbe confutato, con adeguate argomentazioni in diritto, le ragioni addotte dalla parte a fondamento della propria domanda, senza, peraltro, motivare adeguatamente il motivo per il quale ha ritenuto plausibili le conclusioni del C.t.u. di primo grado, rispetto ai motivi specifici esplicitati dal ricorrente che aveva, a suo dire, efficacemente messo in rilievo i vizi della perizia. Così facendo, secondo il M., la Corte ha omesso di motivare totalmente su un punto decisivo dell’appello senza disporre neppure il rinnovo della c.t.u..

Il motivo non è fondato, perchè tende palesemente ad un riesame del merito.

Anche prescindendo dalla genericità (che condurrebbe inesorabilmente ad una pronunzia di inammissibilità) della contestazione formulata con il predetto motivo, deve osservarsi che, nella specie, considerato che la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, il procedimento logico-giuridico della Corte di merito non è inciso dalle censure del ricorrente, posto che la detta Corte ha confermato le conclusioni cui era motivatamente giunto il giudice di prime cure.

E, comunque, al riguardo, va ribadito quanto questa Corte ha affermato, in più occasioni, in merito al fatto che i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione, in qualunque modo sollevati dalla parte ricorrente, sia pure in connessione con la pretesa violazione di norme di legge, sono configurabili solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza oggetto del giudizio emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando si evinca l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).

Nel caso di specie, le doglianze articolate dal ricorrente, in via principale, sotto il profilo di errores in iudicando e, subordinatamente, come generico vizio di motivazione appaiono inidonee, per i motivi anzidetti, a scalfire la coerenza della sentenza sotto il profilo dell’iter logico-giuridico.

Deve, dunque, affermarsi, per tutte le considerazioni che precedono, che il motivo articolato non è idoneo a scalfire le argomentazioni cui è pervenuta la Corte di merito. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Nulla va disposto in ordine alle spese, ratione temporis, essendo stato depositato il ricorso in primo grado il 26 settembre 2003, cioè prima del 3 ottobre 2003.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2016

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