Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23135 del 07/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 07/11/2011), n.23135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TERME DI POMPEO SRL (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BERENGARIO 10, presso lo studio dell’avvocato CECCHETTI PAOLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARTINI DOMENICO giusta procura

speciale a margine dell’atto di appello;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 483/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 18/06/08,

depositata il 15/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito l’Avvocato Martini Domenico, difensore della controricorrente e

ricorrente incidentale che si riporta agli scritti e chiede la

rimessione alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia

Europea;

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA che si

riporta alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore cons. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina n. 483/39/08, depositata il 15 luglio 2008, con la quale è stato accolto l’appello proposto dalla società Terme Pompeo s.r.l. e sono stati dichiarati dovuti i rimborsi, maggiorati dagli interressi, sulla cui istanza si era formato il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, dell’Iva versata sugli acquisti di beni strumentali all’attività svolta del richiedente, già totalmente esente dal carico Iva per gli anni dal 1994 al 2000. Il giudice dell’appello ha motivato affermando che alla fattispecie va applicato il termine di prescrizione ordinaria, mentre non può trovare applicazione il termine decadenziale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 essendo assolutamente indeterminato il dies a quo che, nella fattispecie specifica, potrebbe essere costituito solo da una sentenza passata in giudicato.

2. La contribuente resiste controdeducendo e propone ricorso incidentale fondato su di un motivo unico.

3. Con il secondo motivo del ricorso principale l’Agenzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, pone il seguente quesito: dica la Corte se l’art. 13, parte B, lett. c) della Direttiva 77/388/CEE si interpreti nel senso che l’esenzione da essa prevista si applica unicamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un’attività esentata in forza del medesimo articolo e conseguentemente sia illegittima la sentenza che accolga l’istanza di rimborso avanzata da una società contribuente esercente attività sanitaria, dell’Iva assolta (e non potuta portare in detrazione) sugli acquisti dei medesimi beni destinati ad essere utilizzati per operazioni esenti.

3.1 Al quesito posto può rispondersi richiamando il principio già enucleato da questa Corte (Cass. S.U. n. 20752 del 2008; Cass. n. 9107 del 2009), che, riconoscendo l’efficacia vincolante derivante dalla ordinanza della Corte di Giustizia 6 luglio 2006 (in cause riunite C-18/5 e C-155/5), ha affermato: “In tema di Iva, la prima parte dell’art. 13, parte B, lett. c, della 4^ direttiva, n. 77/388/CEE, del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto va interpretato, secondo la Corte di Giustizia Ce (ord. 6 luglio 2006, in cause riunite C-18/5 e C-155/5), nel senso che l’esenzione da essa prevista si applica unicamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un’attività esentata in forza del detto articolo, in quanto l’imposta sul valore aggiunto versata in occasione dell’acquisto iniziale di detti beni non abbia formato oggetto di un diritto a detrazione: pertanto, quando l’imposta sia stata corrisposta per attività esenti, il cessionario non ha diritto al relativo rimborso, trattandosi di operazione di per sè non esente.

3.2 Il motivo appare pertanto manifestamente fondato.

4. L’accoglimento del secondo motivo assorbe il primo (con il quale si censura la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 e dell’art. 2946 c.c.).

5. Il contribuente con ricorso incidentale, accompagnato da idoneo quesito, lamenta un contrasto con gli art. 3, 53 Cost. e art. 12 del Trattato CE, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10 e art. 19, comma 2 alla luce dell’interpretazione – come sopra richiamata – dell’art. 13, parte B, lett. c, della 6^ direttiva, n. 77/388/CEE, fornita dall’Ordinanza della Corte di Giustizia, contrasto da risolvere anche previa rimessione alla Corte Costituzionale e/o alla Corte di Giustizia Europea.

5.1 Le questioni di costituzionalità e/o di contrasto con il Trattato Ce appaiono manifestamente infondate.

Va preliminarmente rilevato che le problematiche sollevate non attengono tanto all’esistenza di un diritto al rimborso dell’Iva richiesto, ma piuttosto alla legittimazione attiva del cessionario alla richiesta di tale rimborso. Come già rilevato dalle S.U. di questa Corte (con sentenza n. 20752 del 2008) nell’ambito dei cessionari e dei committenti si deve operare una distinzione: vi sono infatti cessionari che operano nella qualità di privati consumatori (così detti “consumatori finali”): essi sono i soggetti su cui di regola “si scarica” il peso dell’IVA (a meno che non acquistino beni o sevizi esenti da IVA) e vi sono acquirenti che operano nell’esercizio di un’impresa, acquistando beni e servizi strumentali ai fini di tale esercizio. A questi ultimi, fra cui rientra il ricorrente incidentale, si applica un insieme di disposizioni che li qualificano come soggetti di imposta legittimati a introdurre avanti al Giudice tributario ogni controversia utile ai fini della determinazione degli obblighi e dei pesi che su di essi gravano.

(Cass. S.U. 20752/2009).

5.2 Tuttavia, riconosciuta tale legittimazione, è necessario poi l’individuazione di una precisa disposizione di legge che consenta al cessionario di godere di un’esenzione Iva, infatti delle due l’una:

lo stesso potrà esserne esentato nell’ipotesi in cui rivenda tale bene strumentale ad un’attività esentata, ma, in caso contrario, egli sarà concessionario ma anche utilizzatore finale del bene stesso, come tale, in mancanza di una norma legittimante l’esenzione, soggetto all’ordinaria normativa dei meri acquirenti del bene stesso.

Nè tanto, in virtù di quanto fin qui esposto, appare in contrasto con l’art. 53 Cost. – essendo tale soggetto contribuente Iva sia di diritto che di fatto – e l’art. 3 Cost. – non essendovi affatto un trattamento diverso di situazioni analoghe, essendo diversa l’ipotesi del rivenditore e quella dell’utilizzatore del bene strumentale.

6. Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo accoglimento per manifesta fondatezza del secondo motivo del ricorso principale,assorbito il primo, ed il rigetto per manifesta infondatezza del ricorso incidentale.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate memorie dalle parti;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, fondati su di una consolidata giurisprudenza di questa Corte, che, pertanto, vanno riuniti i due ricorsi; va accolto il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo; va rigettato il ricorso incidentale;

che va, pertanto, cassata la sentenza impugnata;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che le spese dell’intero giudizio possono essere compensate, tenuto conto dell’andamento processuale della lite.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbito i primo; rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2011

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