Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23131 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. I, 22/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28117/2015 r.g. proposto da:

D.A.M.L., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli

Avvocati Agostino Clemente, e Filippo Mazza, con cui elettivamente

domicilia in Roma, Via Venti Settembre n. 1, presso il loro studio;

– ricorrente –

contro

BANCA DI CAPRANICA CREDITO COOPERATIVO s.c.p.a., (cod. fisc. e P.Iva

(OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore Ing. L.S., rappresentata e

difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dagli Avvocati Luca Zitiello, e Benedetta Musco Carbonaro, con i

quali elettivamente domicilia in Roma, alla Via Nazionale n. 204;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata in

data 22.4.2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/7/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. on la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha accolto l’appello principale avanzato da BANCA DI CAPRANICA CREDITO COOPERATIVO s.c.p.a. nei confronti di D.A.M.L., avverso la sentenza emessa in data 7.6.2008 dal Tribunale di Roma, con la quale quest’ultimo – respinta la domanda attorea di nullità del contratto di acquisto titoli – aveva comunque condannato l’istituto di credito predetto al pagamento in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento del danno, della somma pari ad Euro 52.854, con obbligo per la D.A. alla restituzione dei titoli, rigettando peraltro l’appello incidentale condizionato presentato da quest’ultima e – in parziale riforma della sentenza di primo grado (confermata solo in relazione al provvedimento di rigetto della domanda di nullità avanzata dalla D.A., ai sensi dell’art. 1418 c.c.) – ha rigettato la domanda di annullamento del contratto di investimento mobiliare proposta ai sensi degli artt. 1395 e 1396 c.c., con condanna dell’appellata alla restituzione della somma pari ad Euro 87.818,50 e con la statuizione della necessaria destinazione dei titoli alla D.A..

La corte del merito ha ricordato che: a) la D.A.M.L. aveva acquistato dalla BANCA DI CAPRANICA CREDITO COOPERATIVO s.c.p.a., presso cui era titolare di un conto corrente e deposito titoli, obbligazioni argentine EUR 9%, con scadenza 26.4.2006, per il controvalore complessivo di Euro 62.509 e che, in seguito al default del debito dichiarato dalla stato argentino, l’investitrice aveva convenuto in giudizio la banca intermediaria; b) il Tribunale di Roma, respinta la domanda volta alla declaratoria di nullità del contratto di investimento, aveva tuttavia accolto la domanda risarcitoria nel senso già sopra chiarito; c) la decisione di condanna resa in primo grado era fondata sul ritenuto inadempimento contrattuale della banca, per essere quest’ultima venuta meno ai suoi obblighi informativi nei confronti della cliente e per non aver raccolto il consenso scritto di quest’ultima, posto che l’intermediaria finanziaria si trovava in una condizione di conflitto di interesse, in ragione della circostanza che i titoli compravenduti erano già di proprietà della banca; d) la responsabilità per inadempimento di quest’ultima era stata fondata dal giudice di prima istanza anche sul rilievo della mancanza di informazioni fornite alla cliente sulla tipologia ed adeguatezza dell’investimento.

La corte territoriale ha dunque ritenuto che: 1) era fondato il motivo di gravame articolato dalla banca in relazione all’insussistenza di un conflitto di interessi, posto che tale situazione non poteva discendere dalla mera circostanza che i titoli oggetto di vendita da parte della banca erano già nel portafoglio di quest’ultima e che non erano stati invece acquistati sul mercato; b) in riferimento all’assolvimento da parte dell’intermediario finanziario degli obblighi informativi sullo stesso incombenti, la circostanza che, sull’ordine scritto impartito dalla cliente fosse stata inserita la dizione “trattasi di operazione inadeguata” con la sottoscrizione della cliente stessa, evidenziava il comportamento diligente tenuto dalla banca in relazione alla corretta informazione della investitrice sulle caratteristiche del titolo ed anche sulla natura non adeguata dell’investimento rispetto al profilo di rischio della cliente.

2. La sentenza, pubblicata il 22.4.2015, è stata impugnata da D.A.M.L. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la BANCA DI CAPRANICA CREDITO COOPERATIVO s.c.p.a. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21, comma 1, lett. c e dell’art. 27, comma 2, del Regolamento Consob 1.7.1998 n. 11522, in relazione al profilo della ritenuta insussistenza di una condizione di conflitto di interesse della banca, per aver venduto i titoli “in contropartita diretta”.

2. Il secondo mezzo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. c e degli artt. 27, 28 e 29 Reg. Consob., in relazione al mancato assolvimento da parte della banca ai suoi obblighi informativi, in presenza di una operazione di investimento inadeguata. Si evidenzia che gli obblighi informativi discendenti dall’art. 29, comma 3, del Reg. Consob non possa ritenersi adempiuto attraverso una generica e standardizzata segnalazione di inadeguatezza dell’operazione nel modulo sottoscritto dal cliente.

3. Con il terzo motivo la ricorrente articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 6 e dell’art. 115 c.p.c., sempre in relazione al profilo dell’inadempimento della banca all’obbligo di informazione specifica del cliente in ordine alla tipologia e rischiosità dell’investimento.

4. Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.

4.1 Il primo motivo di doglianza è tuttavia infondato.

4.1.1 Sul punto è necessario ricordare il costante insegnamento espresso da questa Corte di legittimità che, con voce unanime, ha affermato il principio secondo il quale – per quanto qui interessa – la negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 1, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sè sola, l’annullabilità dell’atto, ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c. (Sez. 1, Sentenza n. 28432 del 22/12/2011; Sez. 1, Sentenza n. 11876 del 09/06/2016; Sez. 1, Ordinanza n. 15161 del 11/06/2018). La vendita in contropartita diretta da parte dell’intermediario rientra, pertanto, tra le modalità con le quali l’intermediario può dar corso ad un ordine di acquisto o vendita di strumenti finanziari impartitogli dal cliente, e tanto basta ad escludere che l’esecuzione di un siffatto ordine in conto proprio da parte dell’intermediario configuri, di per sè sola, un’ipotesi di annullabilità dell’atto in forza degli artt. 1394 o 1395 c.c. (v. sempre Cass. 28432/2011 cit.).

4.1.2 Alla luce del principio di diritto ora ricordato e al quale anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, le doglianze agitate dalla ricorrente, in ordine al dedotto conflitto di interesse della banca, devono essere pertanto rigettate.

4.2 Il secondo e terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente (perchè riguardano il profilo della violazione degli obblighi informativi gravanti sulla banca), sono invece fondati.

4.2.1 Sul punto, è utile ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in materia di servizi di investimento mobiliare, l’intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente una dettagliata informazione preventiva circa i titoli mobiliari e, segnatamente, con particolare riferimento alla natura di essi ed ai caratteri propri dell’emittente, ricorrendo un inadempimento sanzionabile ogni qualvolta detti obblighi informativi non siano integrati e restando irrilevante, a tal fine, ogni valutazione di adeguatezza dell’investimento (cfr. anche Sez. 1, ordinanza n. 15936 del 18/06/2018; v. anche N. 3914 del 2018).

4.2.2 Non può neanche essere dimenticato che, in un primo momento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, verbatim, che “In tema di prova civile, la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca (nella specie in “bond” argentini) e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo” (Sez. 1, Sentenza n. 6142 del 19/04/2012). Successivamente è stato ulteriormente precisato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte che, in tema d’intermediazione finanziaria, la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza circa le informazioni ricevute sulla rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, pur non costituendo dichiarazione confessoria, può comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario.

4.2.3 Principio quest’ultimo ulteriormente raffinato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 11578 del 06/06/2016).

E’ stato invero chiarito che, nel dettato dell’art. 29 Reg. Consob n. 11522 del 1998, devono distinguersi in capo all’intermediario distinti obblighi: a) valutare l’operazione richiesta sotto i profili ivi indicati (tipologia, oggetto, frequenza, dimensione); b) fornire al cliente le dettagliate spiegazioni e ragioni che, sotto gli stessi profili, sconsigliano l’operazione; c) acquisire l’ordine scritto “In cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”.

La norma prescrive dunque un particolare procedimento.

Posta l’esigenza del rispetto di tali obblighi nella loro sequenza procedimentale, la questione che si pone riguarda quello sub c), quanto ai contenuti che l’ordine scritto deve rivestire: se, cioè, detto “riferimento” scritto debba operare con riguardo all’an delle avvertenze, oppure anche al contenuto delle medesime.

Va pertanto riaffermato che – ferma restando l’esigenza dell’assolvimento dei primi due obblighi, ed, in particolare, di quello volto a fornire al cliente tutte le informazioni e le motivazioni che sconsigliano l’operazione – ai sensi dell’art. 29 cit. non sia obbligatoria l’integrale esplicazione scritta dell’avvenuto assolvimento di essi, essendo sufficiente il riferimento alla circostanza dell’avere l’intermediario rivolto le avvertenze al cliente, ottenendone l’ulteriore richiesta di eseguire comunque l’operazione. Infatti, alla luce sia della lettera, sia della ratio della norma, nè la prima si presta ad un’interpretazione estensiva, nè la seconda la postula, considerando che la disposizione intende enfatizzare al cliente la rilevanza della sua decisione, nonchè precostituire una prova per la banca, ma non impone nessuna forma con la quale veicolare le dovute informazioni. Occorre, invero, considerare che l’ordine scritto di eseguire l’operazione in strumenti finanziari necessariamente li identifica, onde appare sufficiente che il cliente, sottoscrivendolo, attesti pure di esserne stato dissuaso: l’indicazione dell’adempimento dell’obbligo della banca circa l’avere essa reso le “avvertenze” soddisfa l’esigenza probatoria predisposta ad integrare la prova (presuntiva) dell’esistenza dell’avvertimento di inadeguatezza (cfr. Cass. n. 11578/2016, cit. supra).

Va aggiunto che la norma mira ad assicurare che l’investitore abbia ricevuto l’informazione concernente la circostanza che l’operazione stessa non fosse adatta a lui, alla luce delle sue specifiche caratteristiche e di quelle del prodotto de quo. Certamente, pertanto, a tal fine non sarebbe sufficiente un avvertimento orale generico ed astratto, ossia privo dei riferimenti concreti alle caratteristiche del cliente in comparazione con il titolo (alla stregua delle indicazioni ex art. 29 cit., per tipologia, oggetto, frequenza, dimensione): l’informazione da rendere prima che la banca intermediaria, ai sensi dell’art. 29, 3 comma, del reg. citato, dia attuazione all’ordine inadeguato, infatti, deve essere sufficiente in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente (così le condivisibili Cass. 25 settembre 2014, n. 20178; 26 luglio 2013, n. 18140; 29 ottobre 2010, n. 22147).

Ma la norma impone di rendere note le avvertenze in qualsiasi forma, posto che solo l’an delle medesime va attestato per iscritto.

A questo punto, tuttavia, ove il cliente alleghi l’inadempimento rispetto agli obblighi informativi da rendere oralmente, contestando che le avvertenze ricevute fossero adeguate ad assolvere agli obblighi sub a) e sub b), allora la banca resta onerata dal dimostrare che, viceversa, ad essi sia stata adempiente (così, sempre cfr. Sez. 1, Sentenza n. 11578 del 06/06/2016, cit. supra).

4.2.4 Al riguardo, questa Corte ha, invero, già chiarito come l’onere probatorio gravante sull’intermediario finanziario in ordine alle informazioni somministrate all’investitore è commisurato alla deduzione di inadempimento formulata da quest’ultimo, in sede di contestazione della lite e di successiva precisazione-modificazione del thema decidendum e probandum, onde è onere dell’investitore indicare le informazioni che assuma di non aver ricevuto ed onere della banca provare di averle, invece, fornite (Cass. 21 marzo 2016, n. 5514).

Tale prova, dunque, da parte della banca potrà avvenire con ogni mezzo; anche se risponde ad un elementare scrupolo prudenziale indicare in dettaglio le informazioni rese nella dichiarazione sulle avvertenze ricevute, sottoscritta dall’investitore prima di dar corso all’operazione inadeguata, potendo ciò garantire una maggiore economia processuale. Pertanto, ai sensi dell’art. 29 citato il giudice dovrà verificare se, in presenza di un’operazione inadeguata, l’intermediario abbia informato il cliente delle concrete ragioni che la rendano inopportuna, anche se tali ragioni non devono poi necessariamente emergere dall’ordine scritto, in cui è sufficiente il riferimento all’avere ricevuto le avvertenze. Sarà, del pari, compito del giudice del merito valutare, di volta in volta, se quella condotta integrasse l’assolvimento dell’obbligo di completa e corretta informazione sul prodotto finanziario in questione. Detta lettura appare coerente con l’imposizione all’intermediario di doveri informativi commisurati alla ratio della tutela predisposta dal legislatore (così sempre, Sez. 1, Sentenza n. 11578 del 06/06/2016, cit. supra).

4.2.5 Ciò posto, osserva la Corte come, a fronte di una specifica contestazione da parte del cliente in ordine al mancato assolvimento da parte della banca agli obblighi informativi incombenti su quest’ultima in presenza di un investimento incontestabilmente ritenuto inadeguato, la corte di appello abbia erroneamente tratto la convinzione in ordine all’adempimento da parte dell’intermediario finanziario dell’obbligo di diligenza sul profilo qui da ultimo in discussione sulla base del semplice riscontro documentale, nell’ordine scritto di acquisto dei titoli, della dizione “trattasi di operazione inadeguata”, così, da un lato, conferendo a tale affermazione un contenuto confessorio sconfessato dalla giurisprudenza di questa Corte e, dall’altro, ritenendo sufficiente l’apposizione della predetta formula di stile nell’ordine scritto impartito dal cliente per ritenere integrata la prova dell’assolvimento dell’obbligo di specifica informazione del cliente stesso di fronte ad una operazione ritenuta inadeguata.

La motivazione impugnata si pone così in evidente contrasto con i principi affermati da questa Corte in subiecta materia, per come sopra ricordati e qui di nuovo richiamati, imponendo pertanto la nuova lettura della vicenda processuale qui impugnata alla luce degli insegnamenti forniti dalla giurisprudenza di legittimità.

Le spese del giudizio di legittimità sono rimesse al giudice del rinvio.

PQM

accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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