Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23129 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. I, 22/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27838/2015 r.g. proposto da:

D.S.P., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Claudio Romano, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in

Roma, Via Sabotino n. 46.

– ricorrente –

contro

UNICREDIT s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati

Francesco Carbonetti, e Fabrizio Carbonetti, con i quali

elettivamente domicilia in Roma, alla via di San Valentino n. 21,

presso il loro studio;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata in

data 24.2.2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/4/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha accolto parzialmente l’appello principale proposto da UNICREDIT s.p.a. nei confronti di D.S.P., avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, con la quale la banca appellante era stata condannata al pagamento in favore della cliente della complessiva somma pari ad Euro 122.740, a titolo di risarcimento del danno per l’accertato inadempimento contrattuale agli obblighi informativi discendenti dal contratto di investimento mobiliare concluso tra le parti, condannando la banca appellante al pagamento della minor somma pari ad Euro 87.834,38 e respingendo anche l’appello incidentale proposto dall’appellata, come tale volto a richiedere la risoluzione negoziale dei singoli contratti di acquisto impugnati per inadempimento.

La corte territoriale ha in primo luogo ricostruito la vicenda processuale, oggi sub iudice, ricordando che: a) la D.S. aveva convenuto innanzi al Tribunale di Roma la Banca di Roma, deducendo che in data 5 luglio 2001 la banca convenuta in giudizio aveva acquistato, quale intermediario finanziario e per conto dell’attrice, 9.250 obbligazioni dello Stato argentino, denominate (OMISSIS), per un controvalore di Euro 110.025, titoli che avevano successivamente perso il proprio valore, in conseguenza del default dello Stato argentino; b) il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda risarcitoria avanzata dalla cliente sulla base della dedotta responsabilità da inadempimento agli obblighi informativi incombenti sulla banca, rigettando tuttavia le domande volte alla declaratoria di nullità e di annullamento per vizi del consenso degli impugnati contratti e non accogliendo la domanda di risoluzione dei medesimi contratti, perchè il pur accertato inadempimento contrattuale non era di tale gravità da determinare la risoluzione del vincolo negoziale; c) il giudice di prima istanza aveva tuttavia accertato l’inadempimento contrattuale della banca all’obbligo di raccogliere informazioni della propria cliente (ex art. 28, comma 1, Regolamento Consob), in quanto al momento della conclusione del contratto cd. quadro risultava assunta solo l’informazione sul rifiuto della cliente alla richiesta di informazioni sull’esperienza maturata in investimenti mobiliari, senza alcun riferimento alla situazione finanziaria della cliente, alla propensione al rischio di quest’ultima e agli obiettivi di investimento prefissati dalla risparmiatrice; d) il Tribunale capitolino aveva rilevato, inoltre, che la banca, su cui incombeva il relativo onere probatorio, non aveva nè provato nè allegato di aver fornito specifiche informazioni alla cliente sui rischi insiti nell’operazione negoziale sopra descritta e sull’affidabilità dei titoli stessi secondo il rating ed il giudizio di eventuale inadeguatezza dell’investimento. La corte del merito ha, dunque, ritenuto che: 1) era meritevole di accoglimento il rilievo contenuto nell’unico motivo di gravame proposto dalla banca secondo il quale il servizio svolto da quest’ultima, nella veste di intermediaria finanziaria, si esaurisce con l’esecuzione degli ordini di acquisto, non essendo quest’ultimo obbligato ad informare i clienti dell’andamento dei titoli successivamente all’acquisto; 2) era tuttavia infondato l’altro argomento difensivo proposto a sostegno del gravame della società appellante, in riferimento al dedotto adempimento dell’obbligo di specifica informazione della cliente con la mera consegna a quest’ultima del “Documento generale sui rischi”, che, per intrinseca genericità del suo contenuto, non può certo sostituire l’obbligo informativo concernente la singola operazione di investimento programmata dall’investitore; 3) in relazione al profilo attinente la valutazione di non adeguatezza dell’investimento, l’intermediario ha un doppio obbligo, che si concretizza, da un lato, nella corretta informazione del cliente in ordine alla inadeguatezza della negoziazione in relazione alle dimensioni, agli obiettivi di investimento ovvero al profilo di rischio del risparmiatore e, dall’altro, dall’obbligo di astensione dell’intermediario fintantochè il cliente non abbia confermato per iscritto di voler comunque procedere all’acquisto, contrariamente a quanto affermato dalla banca che delineava erroneamente, nel suo motivo di gravame, la figura dell’intermediario finanziario come mero esecutore delle volontà del cliente; 4) pertanto la banca aveva violato i suoi obblighi informativi in relazione al profilo di inadeguatezza dell’investimento, riferibile, da un lato, alla natura speculativa dei titoli di stato argentini che, poco prima dell’acquisto avvenuto il 5.7.2001, era stato declassato da B1 a B2 da varie agenzie di rating internazionale e, dall’altro, dall’irrilevanza della presenza, nel portafoglio della D.S., di altri titoli emessi da Finmeccanica e da Deustche Telekom, il cui importo non era stato neanche indicato dalla banca nelle sue difese; 5) non meritevole di apprezzamento era la contestazione dell’appellante principale in relazione ad un presunto concorso di colpa dell’investitore nella determinazione del danno, in ragione dell’elevato grado di affidamento del cliente nell’intermediario finanziario che caratterizza questa tipologia di negoziazioni; 6) doveva ritenersi infondato l’appello incidentale non tanto perchè l’inadempimento contrattuale, sulla cui base la cliente aveva richiesto la risoluzione dei singoli contratti di acquisto, non fosse da considerarsi di non scarsa importanza, quanto piuttosto per la ragione che quest’ultimi non rivestivano natura negoziale, dovendosi considerare meri atti esecutivi non suscettibili dell’azione di risoluzione; 7) doveva invece considerarsi fondato l’ulteriore profilo di censura articolato in relazione alla quantificazione del danno da risarcimento contrattuale, la cui entità era stata fissata senza considerare il valore residuo dei titoli acquistati.

2. La sentenza, pubblicata il 24.2.2015, è stata impugnata da D.S.P. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui la UNICREDIT s.p.a ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., in riferimento all’erroneità della decisione sul profilo della non risolubilità dei singoli ordini di acquisto impartiti dal cliente.

2. Il secondo mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al difetto di ultrapetizione in cui era incorsa la sentenza impugnata nella parte in cui aveva condannato la D.S. alla restituzione del valore dei titoli per la quantificazione del danno risarcibile, in assenza di una domanda della banca.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 115,116 e 345 c.p.c. e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in ordine al travisamento della prova documentale oggetto di valutazione da parte della corte di appello e relativa al prospetto contenente il valore dei titoli, depositato solo in grado di appello e dunque tardivamente e non fruibile ai fini della decisione sulla quantificazione del danno.

4. Con il quarto mezzo si denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alla valutazione come fatto notorio della consistenza del valore dei titoli argentini dopo il default.

5. Il ricorso è fondato.

5.1 Il primo motivo di ricorso è fondato.

5.1 La giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare, in tema di negoziazione di prodotti finanziari, il principio secondo il quale l’inadempimento di non scarsa importanza agli obblighi informativi imposti dalla legge e dai regolamenti Consob a carico dell’intermediario determina nell’investitore il diritto a richiedere la risoluzione non solo del cd. contratto quadro ma anche dei singoli ordini di investimento, trovando applicazione anche nell’ipotesi in cui l’ordine sia anteriore alla stipulazione del contratto quadro ove l’investimento eseguito sia in linea con il programma negoziale contenuto nel contratto quadro, essendo il nesso che avvince l’uno e l’altro di natura funzionale e non cronologico (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 3261 del 09/02/2018; Sez. 1, Sentenza n. 12937 del 23/05/2017). E’ stato infatti precisato che l’investitore, a seguito dell’inadempimento dell’intermediario ai propri obblighi di informazione, imposti dalla normativa di legge e di regolamento Consob e derivanti dalla stipula del cd. contratto quadro, può domandare la risoluzione non solo di quest’ultimo ma anche dei singoli ordini di investimento – aventi natura negoziale e tra loro distinti e autonomi – quando il relativo inadempimento sia di non scarsa importanza (cfr. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16861 del 07/07/2017).

Va invero chiarito che le singole operazioni di investimento in valori mobiliari sono contratti autonomi, benchè esecutivi del contratto quadro originariamente stipulato dall’investitore con l’intermediario, e dunque possono essere oggetto di risoluzione, in caso di inosservanza di doveri informativi nascenti dopo la conclusione del contratto quadro, indipendentemente dalla risoluzione di quest’ultimo, atteso che il momento negoziale delle singole operazioni di investimento non può rinvenirsi nel contratto quadro (così, anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16820 del 09/08/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8394 del 27/04/2016).

5.2 La motivazione impugnata si pone, pertanto, in frontale contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in subiecta materia e deve pertanto essere accolto il primo motivo di censura articolato dalla ricorrente.

5.3 L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento delle ulteriori censure, articolate, invero, sulle consequenziali questioni relative agli obblighi risarcitori e restitutori determinate dalla risoluzione dei contratti di acquisto di valori mobiliari.

La sentenza va pertanto cassata e il giudice del rinvio determinerà anche le spese dell’odierno giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso; assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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