Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23128 del 19/08/2021

Cassazione civile sez. II, 19/08/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 19/08/2021), n.23128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20080-2016 proposto da:

F.A., difeso personalmente ex art. 86 c.p.c.;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 373/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 01/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’avvocato F.A. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 373/2016, pubblicata il 1 aprile 2016.

L’intimato Condominio di (OMISSIS), non ha svolto attività difensive.

2. L’avvocato F.A. convenne in giudizio il Condominio di (OMISSIS) per ottenere l’annullamento della Delib. assembleare 26 settembre 2002, contestando: il carattere “provvisorio” della ripartizione delle quote di ciascun condomino per la transazione conclusa con il precedente amministratore del Condominio, cui venne riconosciuto un credito di Euro 1.717,44; la nomina di un tecnico per individuare i criteri di ripartizione della spesa anzidetta; la ripartizione delle spese legali secondo le tabelle di proprietà; la divisione in parti uguali fra i condomini del debito verso l’Acquedotto Pugliese per consumi idrici. F.A. impugnò in seguito due ulteriori delibere assembleari approvate il 2 aprile 2003 ed il 1 marzo 2004 e furono instaurati così i giudizi contraddistinti come n. 4887/2003 e n. 4938/2004.

Il Tribunale di Bari pronunciò sentenza il 18 giugno 2011 sulle delibere assembleari del 26 settembre 2002 e del 2 aprile 2003, separando la causa n. 4938/2004, ed accolse le domande annullando la prima delibera solo nella parte in cui aveva disposto la suddivisione in parti uguali del debito verso l’Acquedotto Pugliese.

L’avvocato F.A. propose appello e la Corte d’appello di Bari rigettò il gravame, rilevando in primo luogo, per quanto rilevi alla luce delle censure proposte dal ricorrente, che il Condominio (OMISSIS) era dotato di due tabelle millesimali dal 1986 e di un regolamento contrattuale adottato all’unanimità nel 1991. In tale regolamento, sottoscritto da tutti i condomini e raccolto in atto notarile, erano stati previsti nuovi criteri di ripartizione delle spese rispetto a quelli di cui alle tabelle del 1986, subordinandoli, però, a valori millesimali determinati “a redigersi” (espressione ripetuta tre volte) e nei fatti poi mai redatti. Ciò, secondo la Corte d’appello di Bari avrebbe giustificato la provvisorietà dell’attribuzione della spesa, vista l’incertezza generata dall’inefficacia del regolamento e dalle “contrastate decisioni sulla ripartizione delle spese adottate dagli amministratori”, come anche la decisione di “interpellare un esperto” per risolvere la questione della imputazione delle spese.

3. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c.

3.1. Il ricorrente ha depositato memoria.

4. Il primo motivo del ricorso dell’avvocato F.A. allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere la Corte d’appello disposto la disapplicazione dei nuovi criteri di ripartizione delle spese condominiali dettati dal regolamento contrattuale del 1991, fino all’approvazione delle nuove tabelle millesimali. La sentenza impugnata, a dire del ricorrente, difetterebbe di fondamento logico-giuridico, perché “senza rendersene conto, ha giudicato il caso come se si trattasse di una compagine condominiale priva di millesimi di proprietà già approvati”, mentre la stessa Corte di Bari aveva dato atti) che il condominio era dotato di tabelle millesimali approvate nel 1986. In tal senso, l’espressione “tabelle a redigersi” non doveva interpretarsi come impegno contrattuale a modificare le tabelle già esistenti, trattandosi di mero errore materiale.

Il secondo motivo di ricorso censura la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), nella parte in cui il giudice d’appello ha disapplicato i nuovi criteri di ripartizione delle spese condominiali dettati dal regolamento contrattuale, fino all’approvazione delle nuove tabelle millesimali, senza considerare che tutti gli atti e i comportamenti condominiali precedenti fino al 2003 negherebbero il significato dato dalla Corte d’appello all’espressione “tabelle a redigere”, avendo i condomini nel regolamento del 1991 definito le quote di proprietà “in misura corrispondente ai millesimi di proprietà vigenti”. La censura evidenzia come l’art. 19 di detto regolamento disponesse che i criteri di ripartizione ivi convenuti dovevano applicarsi immediatamente; così anche l’art. 32 disponeva l’immediata esecutività di tutte le clausole regolamentari; l’art. 31 prevedeva che facessero parte integrante del regolamento i millesimi vigenti; ancora, l’allegato A e il verbale di deposito elencavano i millesimi stessi. L’applicabilità di questi criteri, sottolinea il ricorrente, venne poi riconosciuta anche in delibere condominiali precedenti a quelle impugnate in questo giudizio.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1362,1363 e 1421 c.c. con riguardo al punto in cui la sentenza della Corte di Bari ha riconosciuto la legittimità della delibera condominiale con la quale “si è resa provvisoria la ripartizione della spesa secondo i criteri del regolamento contrattuale” e “si è interpellato un tecnico per fargli dichiarare l’inapplicabilità del regolamento”. Ancora una volta si sostiene che i criteri di riparto stabiliti nel regolamento del 1991 dovevano ritenersi immediatamente esecutivi, senza alcun rinvio, con conseguente nullità della delibera che aveva disapplicato tali criteri e si era posta in contrasto con lo stesso regolamento. Si richiama l’art. 32 del regolamento del 1991, che, come visto nel secondo motivo, ne disponeva l’immediata esecutività.

Il quarto motivo del ricorso dell’avvocato F.A. denuncia la violazione degli artt. 1135 e 1421 c.c., avendo la Corte d’appello ritenuto la legittimità della Delib. 2 aprile 2003 nella parte relativa alla nomina di un tecnico per il rifacimento delle tabelle millesimali, competenza non spettante all’assemblea e che avrebbe piuttosto richiesto il consenso unanime di tutti i condomini.

5. I primi tre motivi di ricorso posso essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, risultando fondati nei termini di seguito indicati.

5.1. Oggetto di lite è l’impugnazione della delibera del 26 settembre 2002 approvata dall’assemblea del Condominio di (OMISSIS) per aver ripartito provvisoriamente le spese derivanti dalla transazione conclusa con il precedente amministratore. La Corte d’appello ha affermato che il Condominio (OMISSIS) era dotato di due tabelle millesimali dal 1986 ed aveva poi approvato un regolamento contrattuale nel 1991, nel quale erano previsti nuovi criteri di riparto delle spese, da intendere, però, subordinati alla redazione di altrettanto nuove tabelle millesimali, come desumibile dalla espressione “a redigersi” contenuta nel medesimo regolamento. La ripartizione provvisoria delle spese si poteva perciò giustificare, secondo la Corte d’appello di Bari, per l’assoluta incertezza correlata alla inoperatività del regolamento e per le “contrastate decisioni sulla ripartizione delle spese adottate dagli amministratori”.

5.2. E’ da premettere che l’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti, come accertato dalla Corte d’appello, criteri convenzionali di ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio approvati da tutti i condomini, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l’omesso esame di fatto storico ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (arg da Cass. Sez. 2, 30/06/2011, n. 14460; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893).

Nella specie, l’interpretazione prescelta dalla Corte d’appello di Bari, secondo cui l’efficacia della nuova convenzione sulle spese era stata rinviata alla successiva redazione di nuove tabelle millesimali, rivela le denunciate violazioni dei canoni di ermeneutica ex art. 1362 e 1363 c.c. E’ vero che l’esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare la clausole dei regolamenti condominiali comporta che il contenuto e la portata delle stesse vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate. In tal senso, potrebbe convenirsi con la sentenza impugnata che un regolamento di condominio, contenente una convenzione sui criteri di riparto delle spese, che faccia rinvio alle “tabelle a redigere”, deve intendersi subordinato pattiziamente nella sua efficacia alle tabelle millesimali da formare in futuro, nel senso che tali nuove tabelle avrebbero formato un necessario documento integrativo del negozio risultante dall’accordo dei contraenti. L’errore della Corte d’appello di Bari sta, però, nell’essersi limitata ad individuare il significato lessicale dell’espressione “tabelle a redigere” adoperata nel testo negoziale al fine di ricostruire l’intenzione comune dei condomini. L’art. 1362 c.c., invero, allorché nel comma 1 prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, pur senza svalutare l’elemento letterale del contratto, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass. Sez. 3, 27/07/2001, n. 10290). D’altro canto, concorre con l’art. 1362 c.c. il criterio di cui all’art. 1363 c.c., sicché bisogna aver riguardo in primo luogo allo scopo pratico che le parti hanno inteso realizzare con la stipulazione del contratto, e comunque interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto, nonché dal comportamento tenuto dalle parti anche dopo la conclusione dello stesso. Le considerazioni svolte dal ricorrente, soprattutto nel secondo motivo, convalidano l’assunto per cui il reale contenuto del regolamento del 1991 poteva dar luogo esso stesso ad una convenzione sui criteri di riparto delle spese immediatamente operante in base alle carature millesimali già accertate in precedenza, e ciò alla stregua della portata delle altre clausole regolamentari richiamate nelle censure e non esaminate nella sentenza d’appello (artt. 19, 32, 31, l’allegato A). In tale prospettiva, il ricorrente spiega convincentemente perché l’espressione “tabelle a redigere” non fosse da sé sola sufficiente a comprendere gli effetti del regolamento del 1991, rendendosi necessaria l’interpretazione c.d. “sistematica” o complessiva dell’atto di cui all’art. 1363 c.c., la quale avrebbe condotto ad un diverso plausibile risultato ermeneutico. La Corte d’appello non ha dunque motivatamente dimostrato di aver proceduto al coordinamento delle varie clausole del regolamento condominiale, attribuendo a ciascuna il senso risultante dall’intero negozio, sia perché ha omesso la disamina di alcune pattuizioni, sia perché ha valorizzato esclusivamente frammenti letterali del testo, in base ai quali ha fissato definitivamente il significato della convenzione (cfr. Cass. Sez. 3, 30/08/2019, n. 21840; Cass. Sez. 3, 30/09/2011, n. 19982; Cass. Sez. 1, 04/05/2011, n. 9755).

5.3. E’ altrettanto vero che, pur ove si fosse compiutamente ritenuta l’inefficacia del regolamento convenzionale del 1991, non risulterebbe comunque corretta la soluzione data dalla Corte d’appello di Bari alla questione inerente alla validità della ripartizione “provvisoria” delle spese attuata nella deliberazione del 26 settembre 2002.

Secondo, infatti, consolidato orientamento di questa Corte, all’assemblea di condominio, nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 1135 c.c., comma 1, nn. 2) e 3) e dunque al limitato fine di provvedere alle esigenze di ordinaria gestione delle cose e dei servizi comuni, è consentito di deliberare validamente a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi tra i condomini, a titolo di acconto salvo conguaglio, soltanto in mancanza di tabelle millesimali applicabili in relazione alla specifica spesa effettuata (cfr. Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1439; Cass. Sez. 2, 21/11/2006, n. 24670; Cass. Sez. 2, 22/04/2005, n. 8505; Cass. Sez. 1, 24/07/1973, n. 2164). A seconda, poi, del contenuto negoziale, o meno, della tabella già approvata, va modulato il potere dell’assemblea di modificare all’unanimità o anche solo a maggioranza la tabella preesistente.

La Corte d’appello di Bari aveva invece accertato che il Condominio (OMISSIS), pur nella reputata inefficacia del regolamento del 1991, era comunque dotato di due tabelle millesimali sin dal 1986, ed è perciò erronea in diritto l’affermazione della legittimità della ripartizione provvisoria approvata nell’assemblea del 26 settembre 2002, giacché non supportata dalla contemporanea verifica della inapplicabilità quanto meno di tali risalenti tabelle per suddividere la spesa in oggetto.

6. Il quarto motivo di ricorso è infondato. Esso, nella sostanza, contesta il potere dell’assemblea (in particolare, quella del 2 aprile 2003) di procedere alla nomina di un tecnico per la redazione delle tabelle millesimali, mancando la stessa di competenza in materia.

E’ invece agevole richiamare l’ormai costante giurisprudenza secondo cui per l’atto di approvazione delle tabelle millesimali e per quello di revisione delle stesse, è sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, ogni qual volta l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, soltanto la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, per la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini (Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477; Cass. Sez. 2, 10/03/2020, n. 6735).

Essendo riservata, di regola, all’assemblea la facoltà di formare o revisionare le tabelle millesimali, viepiù ad essa va riconosciuto altresì il potere di conferire l’incarico ad un tecnico per predisporre il relativo prospetto da sottoporre alla successiva approvazione dei condomini (cfr. Cass. Sez. 2, 11/02/2000, n. 1520).

7. Conseguono l’accoglimento del primo, del secondo e del terzo motivo del ricorso dell’avvocato F.A., il rigetto del quarto motivo e la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, la quale riesaminerà la causa tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi agli enunciati principi, e provvederà anche in ordine alpe spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021

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