Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23128 del 17/09/2019

Cassazione civile sez. II, 17/09/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 17/09/2019), n.23128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1710-2015 proposto da:

A.A., A.F., A.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA POMPEO UGONIO, 3, presso lo studio

dell’avvocato GISELLA PINO, rappresentati e difesi dagli avvocati

FAUSTO A., BIAGIO CAROSELLA;

– ricorrenti –

contro

EREDI DI C.E., rappresentati e difesi dall’avvocato

VINCENZO DI LORENZO;

– controricorrenti –

e contro

C.M., S.L., S.G.,

L.S.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 549/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 20/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/05/2019 dal Presidente Dot. SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e

per la trasmissione dell’atto al competente Consiglio Professionale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.S.C., unitamente ad A. e A.L., ebbero a proporre domanda di tutela possessoria avverso i consorti S.- C. in relazione al prospettato godimento di una servitù di transito e parcheggio.

Il Giudice monocratico ebbe a rigettare la richiesta di interdetto, che tuttavia venne accolto in sede di reclamo in capo alla sola L.S., poichè gli A. ritenuti privi di legittimazione.

Fu avviata la causa di merito possessorio – nel corso della quale è intervenuto anche l’avv. A.F. in proprio – ed all’esito il Tribunale di Chieti rigettò la domanda di tutela possessoria avanzata dai consorti L.S.- A.. I consorti A.- L.S. ebbero a proporre gravame – poi rinunciato dalla L.S. – e resistendo i consorti C.- S.,che proposero appello incidentale tardivo,la Corte d’Appello di L’Aquila dichiarò inammissibile il gravame principale per aspecificità e, di conseguenza, inammissibile l’appello incidentale tardivo.

A., L. e A.F. hanno interposto ricorso per cassazione e fatto pervenire nota in prossimità dell’udienza.

L. e S.G., unitamente a C.M., hanno resistito con controricorso, mentre L.S.C. è rimasta intimata.

La causa chiamata una prima volta ad udienza camerale è stata rimessa ad udienza pubblica.

All’odierna udienza pubblica, sentite le conclusioni del P.G. – inammissibilità del ricorso – ed in assenza dei difensori delle parti,questa Collegio ha adottato soluzione siccome illustrato nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso spiegato dai consorti A. s’appalesa siccome inammissibile.

In limine va esaminati e disattesa l’eccezione afferente il vizio di notificazione del ricorso proposto dai resistenti.

Difatti i consorti A. hanno eseguito la notifica del ricorso per cassazione, ex lege n. 53 del 1994, a mezzo di avvocato abilitato ma non loro difensore munito di apposita procura per questo giudizio, sicchè i resistenti hanno rilevato vizio configurante l’inesistenza della notificazione, e di conseguenza l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica nel termine di legge.

L’eccezione sollevata trovava fondamento nell’insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 1 n 8041/00 – che appunto, in ipotesi di violazione delle regole poste dalla L. n. 53 del 1994 – notificazione eseguita da professionista non difensore delle parti nel processo de quo – riteneva il verificarsi dell’ipotesi di inesistenza della notificazione con impossibilità di sanatoria per il raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., comma 3 ovvero l’impossibilità per il Giudice d’ordinare la rinnovazione dell’atto nullo.

Tuttavia la questione deve trovar soluzione alla luce di principi individuati da questa Suprema Corte a sezioni unite – Cass. n 14916/16 -, posto che comunque il professionista che ha effettuato la notifica era soggetto abilitato ad eseguirla a sensi della L. n. 53 del 1994, anche se non nel caso di specie poichè non difensore della parte, sicchè si versa nell’ipotesi di nullità con conseguente possibilità di sanatoria.

Sanatoria intervenuta poichè i consorti S.- C. si sono costituiti tempestivamente resistere in questa sede con controricorso, mentre la L.S. risulta mero soggetto notiziato per aver rinunziato all’originario comune gravame.

Il ricorso per cassazione spiegato dagli impugnanti risulta strutturato formalmente su quattro motivi ed un’appendice, denominata ” motivi di diritto che si indicano ad integrazione”, nella quale si ribadiscono le censure portate con il gravame nell’ipotesi di accoglimento del ricorso.

Il primo motivo portante denunzia di violazione o falsa applicazione di norme di diritto risulta sotto articolato in numerosi paragrafi, non sempre indicanti le norme di legge assuntamente violate, distinti con lettere sino alla “IIII”.

Il secondo motivo di doglianza risulta denunziare vizio di nullità della sentenza impugnata e del procedimento.

Il terzo motivo di ricorso deduce violazione del disposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione ” in relazione a punto decisivo della controversia.

Il primo mezzo d’impugnazione si fonda sulla denunzia del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3 ma in effetti l’argomentazione critica svolta non si confronta con la ragione giuridica posta a fondamento della sentenza impugnata.

Difatti i consorti A. lamentano la violazione di svariate norme giuridiche, articolando critica generica – Cass. sez. 2 n 11603/18, Cass. sez. 3 n 18202/08 – promiscua e rispetto alle decisioni assunte nel corso del primo giudizio e nel giudizio d’appello senza però anche articolare contestazione specifica alla declaratoria di genericità del gravame, ex art. 342 c.p.c., divisata dalla Corte abruzzese,unica ragione a fondamento della sua decisione. Anche la seconda doglianza afferente la nullità ex art. 360 c.p.c., n. 4 risulta sorretta da argomentazione critica che prescinde dalla contestazione della ragione fondante la decisione della Corte territoriale e si compendia nella ripetizione delle assunte anomalie del procedimento di merito.

Il terzo mezzo d’impugnazione denunzia vizio di motivazione, sotto il profilo ex art. 360 c.p.c., n. 5, norma che invece afferisce all’omesso esame di un fatto e nell’attuale formulazione non consente più la prospettazione di vizi della motivazione quali la contraddittorietà ovvero insufficienza.

Unica fattispecie del vizio di motivazione la cui denunzia è consentita dall’attuale formulazione della norma ex art. 360 c.p.c., comma 1 – però ex n. 4 – è l’assenza di motivazione, che configura vizio di nullità ex art. 132 c.p.c., n. 4.

Tuttavia lo svolgimento stesso dall’argomentazione critica in ricorso dimostra che in relazione alla ragione fondante la decisione del Collegio aquilano – aspecificità del gravame ex art. 342 c.p.c. – risulta puntualmente motivata, tanto che la contestazione portata si compendia in mera contrapposizione dell’illustrazione della propria opinione contraria.

Opinione che s’articola in mere apodittiche affermazioni di contestazione, integrate da considerazioni di carattere personale rivolte al Presidente del Collegio aquilano estensore della decisione, senza in effetti lo sviluppo di argomentazione giuridica critica specifica alla statuizione motivata assunta dalla Corte territoriale sul punto.

Dunque in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile posto che le censure elevate non attingono la ratio decidendi esposta nella sentenza impugnata con conseguente carenza di specificità dell’impugnazione stessa.

Su espressa richiesta del P.G. va disposta, a cura della Cancelleria, la trasmissione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti di copia conforme del ricorso presentato dall’avv. Fausto A. per la valutazione sotto il profilo deontologico ex art. 88 c.p.c. delle espressioni inappropriate rivolte a varie persone – Magistrati e non – intervenute nella vicenda processuale, presenti nelle pagine 28, 51, 55, 66, 77, 88, 107 e 111.

All’accoglimento del ricorso segue la condanna solidale dei consorti A. alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità verso i resistenti costituiti, liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in dispositivo.

Concorrono in capo ai ricorrenti le condizioni per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, a rifondere ai resistenti, in solido fra loro, le spese della presente lite di legittimità liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi,oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Dispone che la Cancelleria rimetta copia conforme del ricorso e di questa sentenza all’Ordine degli Avvocati di Chieti ai sensi dell’art. 88 c.p.c. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019

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