Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23127 del 14/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 14/11/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 14/11/2016), n.23127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25893/11) proposto da:

ERGON s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv.to Mario Marino del foro di Milano e dall’Avv.to

Stefania Votano del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso

lo studio di quest’ultima in Roma, viale G. Mazzini n. 123;

– ricorrente –

contro

B.G., V.G., BO.LU.,

BU.GI.AN., I.R., C.A.M.,

CO.FR., M.L., b.b., P.A.,

T.L., c.e., TE.MA.LU., Z.G.

(verificare avviso di ricevimento ex art. 149 c.p.c., non presente

nel fascicoletto) e CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 581

depositata il 18 marzo 2011.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 30

marzo 2016 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che – in assenza di parte ricorrente

– ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G., V.G., BU.Gi.An., I.R., C.A.M., CO.Fr., M.L., B.B., P.A., T.L., c.e., TE.Ma.Lu., ZA.Fe. e Z.G. con atto di citazione notificato, rispettivamente, il 18 settembre 2006 ed il 12 ottobre 2006, evocavano, dinanzi al Tribunale di Venezia, la MARCON s.r.l. e la ERGON s.r.l. esponevano di avere acquistato dalla prima società – tra il 1997 ed il 2001 – appartamenti siti nel Condominio (OMISSIS), comprendenti anche la cessione pro-quota di una strada insistente sul lato est del mappale (OMISSIS), ora mappali (OMISSIS), la quale era stata parzialmente occupata da una costruzione realizzata dalla ERGON, che aveva acquistato dalla prima convenuta sia altre unità immobiliari poste nello stesso Condominio, sia un’area confinante a nord con quella condominiale, su cui avevano edificato, sconfinando sul mappale (OMISSIS), per cui chiedevano accertarsi la comproprietà della strada in questione e per l’effetto ordinarsi la demolizione della parte di costruzione che occupava detta strada; in via subordinata, in ipotesi in cui fosse accertata la proprietà esclusiva della ERGON, condannarsi la loro dante causa al risarcimento dei danni.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della ERGON, che produceva verbale di conciliazione concluso con la MARCON, debitamente trascritto, la quale eccepiva, inoltre, il difetto di integrazione del contraddittorio con gli altri condomini dello stabile (OMISSIS), nonchè il liquidatore della MARCON, che deduceva la carenza di legittimazione processuale per essere stata la società cancellata dal registro delle imprese in data 31.8.2005, il giudice adito, ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Condominio, che non si costituiva, mentre interveniva BO.Lu., espletata istruttoria, anche con c.t.u., respingeva la domanda attorea per difetto di idoneo titolo di acquisto.

In virtù di rituale appello interposto dagli originari attori (con esclusione del solo Z.) e dall’interveniente, la Corte di appello di Venezia, nella resistenza della ERGON che proponeva anche appello incidentale, con il quale insisteva per la declaratoria di nullità dell’atto di citazione in primo grado e per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei restanti condomini, ordinata ed espletata l’integrazione del contraddittorio nei soli confronti della MARCON e del Condominio, accoglieva il gravame principale, respinto quello incidentale, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava la comproprietà della strada de qua, con condanna della appellata alla riduzione in pristino dei luoghi mediante demolizione dell’edificio realizzato nella parte in cui insisteva sul mappale (OMISSIS), oltre al risarcimento dei danni determinato in Euro 1.000,00.

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale, premessa la sussistenza del requisito della determinatezza della domanda proposta in primo grado sia in relazione alla quantificazione del danno lamentato sia quanto ai soggetti legittimati all’azione di rivendica ed al bene oggetto della domanda, evidenziava che gli appellanti avevano validamente acquistato, in base ai titoli da ciascuno prodotti, un diritto di comproprietà condominiale sulla stradella in questione, leggendosi fra le premesse degli atti che il fabbricato aveva accesso dalla (OMISSIS), attraverso una strada già esistente ed asfaltata insistente al lato est del mappale (OMISSIS), strada che in ragione e in proporzione dell’immobile compravenduto, veniva data in comproprietà dalla venditrice, necessaria l’identificazione catastale solo ai fini della trascrizione, non anche ai fini della validità dell’atto per essere il bene sufficientemente individuato. Nè poteva condividersi la tesi del giudice di prime cure secondo cui sarebbe stato trasferito solo un diritto di superficie, non consentendo una tale interpretazione alcuna espressione utilizzata nei rogiti de quibus. Aggiungeva che la trascrizione del verbale di conciliazione tra le appellate era avvenuta solo il 25 settembre 2006, ossia dopo la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, per cui non poteva pregiudicare i diritti degli appellanti. Nel merito, inoltre, risultava accertato dalla medesima c.t.u. e dalla foto aerea lo sconfinamento lamentato, per avere la costruzione realizzata ristretto la larghezza utile del passaggio dalla misura originaria di mt. 7,92 a mt. 4,93, non contestate le affermazioni degli appellanti secondo cui le dimensioni della strada erano rimaste quelle della sua originaria realizzazione.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione la ERGON, sulla base di nove motivi.

Sono rimasti intimati gli originari attori ed il liquidatore della MARCON.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che il ricorso risulta inviato per la notificazione agli intimati rappresentati in appello dall’avv. Andrea Angeletti ai sensi dell’art. 149 c.p.c., con raccomandata spedita il 28 ottobre 2011, tuttavia, il relativo avviso di ricevimento, non prodotto con il ricorso, non è stato prodotto nemmeno successivamente, mancata peraltro ogni attività difensiva da parte dei predetti. La mancanza di prova del perfezionamento della procedura di notificazione concreta ipotesi di nullità della medesima, sanabile ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con la rinnovazione della notificazione del ricorso agli stessi intimati, senonchè, occorre ribadire che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c., da sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass., Sez. Un., 3 novembre 2008 n. 26373; Cass. 7 luglio 2009 n. 15895; Cass. 19 agosto 2009, n. 18410; Cass. 23 dicembre 2009 n. 27129).

In applicazione di detto principio, essendo il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi) prima facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti totalmente vittoriose nei gradi di merito, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.

Venendo al merito del ricorso, con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., art. 163 c.p.c., n. 3 e art. 164 c.p.c., comma 4, per avere la corte di merito considerato infondata l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo di primo grado pur avendo parte attrice omesso la quantificazione del danno.

La doglianza è infondata.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il danno da occupazione illegittima di immobili è in re ipsa, come correttamente ritenuto dal giudice d’appello, e si riconnette alla perdita temporanea delle utilità normalmente conseguibili nell’esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità che il proprietario subisce. E’ vero peraltro che si tratta di una presunzione juris tantum, superabile ove si accerti che la proprietà si sia intenzionalmente disinteressata dell’immobile (Cass. n. 14222 del 2012), ma ciò non risulta avvenuto nel caso in esame.

Sulla base di tale configurazione del diritto all’indennità per occupazione esclusiva del bene in comproprietà (ovvero al risarcimento del danno), la giurisprudenza ammette che la relativa quantificazione avvenga sulla base di elementi presuntivi semplici, quale è il valore locativo di mercato dell’immobile oggetto di occupazione (ex plurimis, Cass. n. 24100 del 2011), per cui non sussiste la prospettata violazione dell’art. 342 c.p.c..

Con il secondo mezzo la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., n. 2, per avere la corte di merito liquidato il danno anche in favore degli altri condomini del Condominio (OMISSIS), che pure non avevano partecipato al giudizio, non tenendo peraltro conto che si è in presenza di azione di rivendica, per la quale sussiste litisconsorzio necessario.

Anche il secondo mezzo è privo di pregio.

In tema di tutela del diritto di comproprietà, vige il principio della concorrenza di pari poteri gestori in capo a tutti i comproprietari, per cui ciascuno di essi è legittimato ad agire contro chi vanti (come nella specie) diritti di godimento sul bene, attesa la comunanza d’interessi tra tutti i contitolari del bene medesimo, tale da lasciar presumere il consenso di ciascuno all’iniziativa giudiziaria volta alla tutela degli interessi comuni, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza degli altri comproprietari (Cass. n. 8996 del 2005; Cass. n. 14772 del 2004).

Inoltre la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che quando la domanda di rivendica di un bene è proposta da uno o più soggetti, che assumono di essere i comproprietari, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi deve essere valutata non secundum eventum litis, ma al momento in cui essa sorge, con la conseguenza che dipende dal comportamento del convenuto. Ed, infatti, se il convenuto si limiti a negare il diritto di comproprietà degli attori, non si richiede la citazione in giudizio di altri soggetti, non essendo in discussione la comunione del bene, mentre nel caso in cui eccepisca di essere il suo proprietario esclusivo, la controversia ha come oggetto la comunione di esso, cioè l’esistenza del rapporto unico plurisoggettivo, e il contraddittorio deve svolgersi nei confronti di tutti coloro dei quali si prospetta la contitolarità (litisconsorzio necessario), affinchè la sentenza possa conseguire un risultato utile, che, invece, non avrebbe in caso di mancata partecipazione al giudizio di alcuni, non essendo essa a loro opponibile (cfr Cass. n. 15547 del 2005).

Nella specie non risulta proposta dalla società ricorrente alcuna domanda riconvenzionale di usucapione, peraltro neanche dedotta, per cui non vi era la necessità che il giudizio si svolgesse nei confronti di tutti i condomini, tenuto conto della natura della domanda attorea di tutela ripristinatoria, in ordine alla quale – come è stato precisato dalla giurisprudenza di questa Corte – ciascuno dei comproprietari può agire individualmente, con la conseguenza che la sentenza emessa in favore anche di uno solo di essi è suscettibile di esecuzione e, perciò, utilmente data (Cass. 15 aprile 2009 n. 8949; Cass. 7 marzo 1980 n. 2035).

Infine, non è dato comprendere l’assunto di parte ricorrente secondo cui della liquidazione equitativa del danno si sarebbero avvantaggianti anche i condomini non intervenuti nel giudizio, che non trova riscontro nella sentenza impugnata, avendo – di converso – la corte territoriale pronunciato la condanna “in favore degli odierni appellanti” (v. il dispositivo della pronuncia, pag. 18).

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere la corte territoriale ritenuto provata la titolarità esclusiva in capo alla Ergon dei mappali (OMISSIS), errando nella valutazione delle risultanze processuali. In altri termini, ha formato il proprio convincimento su quanto indicato nel preambolo degli atti di vendita, non contenenti una propria autonoma identificazione catastale e confinaria della strada de qua, senza neanche la trascrizione di detta proprietà.

Del pari è priva di pregio la terza censura.

La Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto, che i condomini dello stabile (OMISSIS) erano comproprietari della strada insistente sul lato est del mappale (OMISSIS) (ora mappali (OMISSIS)), giacchè negli atti di acquisto prodotti (compreso quello della Ergon del 27.04.2004) era espressamente previsto che il Condominio aveva accesso dalla (OMISSIS) “attraverso una strada già esistente ed asfaltata insistente al lato est del mappale (OMISSIS)” (ricondotta peraltro nella medesima previsione anche la imprecisione contenuta negli ultimi rogiti, allorchè detta area era stata frazionata, dando luogo ai mappali (OMISSIS)), per cui correttamente il giudice del gravame ne ha fatto discendere l’esistenza di un diritto dominicale in comproprietà su detta strada interpoderale ed ha conseguentemente ritenuto irrilevanti le deduzioni svolte dall’appellata riguardo alla mancata identificazione catastale della stessa. Così statuendo, la Corte di merito ha tenuto conto della particolare situazione giuridica di comproprietà che è venuta a formarsi sull’intera strada per volontà dell’originario unico proprietario.

Del resto trattasi di interpretazione della dichiarazione negoziale, che in quanto sorretta – come nella specie – da motivazione adeguata ed immune dalla violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, appare incensurabile in sede di legittimità, essendo riservata al giudice di merito (Cass. 3 settembre 2013 n. 20131; Cass. 13 gennaio 2006 n. 501).

Nè può trovare accoglimento il quarto mezzo, con il quale la ricorrente denuncia vizio di motivazione relativamente alla misurazione della strada in questione che ritiene arbitrariamente effettuata, per avere il giudice del gravame posto a base del convincimento relativo alle dimensioni della strada oltre all’accertamento peritale (seppure non condivise le conclusioni) – dal quale emergeva che la Ergon nel realizzare la costruzione sul mappale (OMISSIS) aveva sconfinato sul mappale (OMISSIS), fatta coincidere la definizione di strada con quella riportata negli atti notarili ove vi era indicazione di una superficie asfaltata – anche la foto aerea scattata prima che la Ergon realizzasse l’immobile, raffigurante una strada asfaltata corrispondente ai mappali (attuali) (OMISSIS).

E’ qui appena il caso di ricordare che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando cosi liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455). Inoltre, il supposto vizio motivazionale non ha il carattere della decisività, visto che la corte di merito ha ricavato il proprio convincimento anche dall’esame dei titoli di acquisto, delle foto raffiguranti lo stato dei luoghi e dalle risultanze della consulenza tecnica. Per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (ex plurimis: Cass. 24 ottobre 2013 n. 24092; Cass. 12 luglio 2007 n. 15604; Cass. 21 aprile 2006 n. 9368).

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 948 c.c., per non avere la corte territoriale tenuto conto di una condizione dell’azione di rivendicazione costituita dalla qualità di proprietario del rivendicante.

La infondatezza della censura emerge dalle considerazioni sopra svolte che hanno portato ad affermare la correttezza del percorso argomentativo della corte territoriale che ha ritenuto l’esistenza di un diritto in comproprietà dell’area de qua.

Con il sesto e l’ottavo mezzo – da trattare congiuntamente perchè entrambi volti in sostanza a contrastare l’affermazione di non opponibilità ai condomini del verbale di conciliazione del 12.07.2006 sottoscritto dalla Ergon con la Marcon (e trascritto il 25.09.2006) relativamente ai mappali ricompresi nell’area in contestazione – la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2643, n. 3 e n. 4 e dell’art. 2644 c.c., quanto agli elementi probatori posti a fondamento del proprio convincimento da parte della corte territoriale, oltre a dolersi che la corte non abbia considerato che il verbale di conciliazione con la Marcon era stato sottoscritto ben prima della introduzione del giudizio de quo. Essi sono destituiti di pregio.

Con le censure in esame la Ergon, nell’invocare la piena proprietà dei mappali (OMISSIS) in virtù del verbale di conciliazione sottoscritto in data 12.07.2006 con la Marcon (originaria unica proprietaria dei beni de quibus), in esito ad altro giudizio intercorso fra le predette parti, quindi in epoca anteriore alla notifica dell’atto di citazione del presente giudizio (avvenuta il 18 settembre 2006), seppure trascritto successivamente (il giorno 25 settembre 2006), sostiene che essendo il verbale di conciliazione atto giudiziale, è idoneo a trasferire il diritto dominicale e perciò costituisce titolo valido per la trascrizione, con la conseguenza che quest’ultima – ad avviso della ricorrente – prevale sulla notifica dell’atto di citazione, anche se ad essa successiva, posto che il titolo di acquisto era anteriore e che gli attori non avevano mai trascritto il loro titolo di acquisto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2644 c.c., comma 2 e art. 2643 c.c..

Premesso che la trascrizione ha lo scopo di attuare una forma di pubblicità posta a tutela della circolazione dei beni e finalizzata alla soluzione del conflitti fra più acquirenti dello stesso diritto dal medesimo dante causa, la questione di diritto da risolvere concerne l’efficacia della trascrizione del verbale di conciliazione intervenuto fra la Ergon e la Marcon e la sua opponibilità agli attori, nonostante fosse successiva alla notifica della domanda di rivendicazione.

La previsione di cui all’art. 2644 c.c., comma 2, che ha la funzione di risolvere il conflitto fra più aventi causa dallo stesso autore, dando prevalenza al secondo acquirente che abbia trascritto per primo, integra una ipotesi di efficacia costitutiva della trascrizione, che ha effetto sanante ex nunc dall’acquisto. In dottrina viene definito quale effetto risolutivo del primo acquisto determinato dal perfezionarsi di una fattispecie complessa, costituita dal titolo e dalla trascrizione.

L’efficacia sanante della trascrizione, di converso, non può operare laddove il convenuto in rivendica invochi un titolo di acquisto, che contrapponendosi a quello posto a base della domanda dall’attore, risulti trascritto in data successiva alla notifica dell’atto di citazione. L’art. 2644 c.c., poichè è finalizzato a risolvere il conflitto tra soggetti che hanno acquistato lo stesso diritto dal medesimo titolare, è norma estranea alla prova del diritto di proprietà vantato dagli attori nel presente giudizio. La situazione di diritto vantata dal rivendicante rimane cristallizzata ovvero immutata al momento della proposizione della domanda di rivendica.

D’altra parte la trascrizione degli atti di acquisto di beni immobili, essendo una forma di pubblicità legale intesa a risolvere il conflitto fra più aventi causa, ha natura dichiarativa e non costitutiva del diritto di proprietà e la nota di trascrizione non costituisce di per sè valida fonte di prova in ordine al contenuto del titolo cui si riferisce, ma solo uno degli elementi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento. In altri termini, l’avvenuta trascrizione di un atto non è idonea ad attribuire la validità di cui esso sia naturalmente privo, per cui occorre fare richiamo all’onere della prova rigorosa richiesta per la revindica posto a carico di colui che proponga una domanda di accertamento della proprietà e che non abbia il possesso della cosa oggetto del preteso diritto. In tema di prova dei diritti reali la nota di trascrizione, quale documentazione amministrativa, non costituisce nè atto di parte, nè valida fonte di prova in ordine al contenuto del titolo cui si riferisce, ma uno degli elementi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento (Cass. 22 giugno 2007 n. 14577; Cass. 9 settembre 2013 n. 20641).

La Ergon, dunque, invocando quale titolo di acquisto il verbale di conciliazione che, quanto agli effetti sostanziali, ha natura di atto meramente negoziale, deve essere equiparata all’acquirente a non domino, per essere l’atto in questione intervenuto in un momento in cui la Marcon non disponeva più del bene (trasferito – in comproprietà – con i singoli atti di acquisto ai condomini e alla stessa Ergon), per cui correttamente e coerentemente il giudice di appello si è adeguato al principio sopra illustrato e più volte affermato da questa Corte in tema di trascrizione di cui all’art. 2644 c.c.. Non essendo elemento della fattispecie negoziale, la trascrizione, quindi, non spiega alcuna influenza sulla validità (ed efficacia) del negozio “inter partes”, la quale rimane legata alla legittimazione del disponente ed ai poteri che questi aveva in virtù del proprio titolo di acquisto. Conseguentemente, la mancata trascrizione di un atto (nel caso in esame quello tra gli attori e la Marcon quanto ai mappali in questione) ad essa soggetto, non priva di per sè di validità l’atto stesso che, se valido, resta tale anche se non trascritto, ed avrà sempre la sua efficacia normale di atto valido, salvo la concorrenza con altri atti – regolarmente trascritti – aventi per oggetto lo stesso diritto. Per converso, l’avvenuta trascrizione di un atto (nella specie quello di conciliazione fra la Ergon e la Marcon) è inidonea ad attribuire ad esso la validità di cui, come titolo di acquisto, sia naturalmente privo: un acquisto “a non domino” resta tale anche se tempestivamente e regolarmente trascritto. In definitiva nell’ipotesi di conflitto tra un acquisto “a domino” ed un acquisto “a non domino” dello stesso bene, non opera l’istituto della trascrizione, la cui funzione legale – esclusa ogni efficacia sanante i vizi da cui fosse eventualmente affetto l’atto negoziale trascritto – è solo e semplicemente quella di risolvere il conflitto tra soggetti che abbiano acquistato lo stesso diritto, con distinti atti, dal medesimo titolare (nei sensi suddetti, tra le tante, Cass. 3 febbraio 2005 n. 2162).

Sono pertanto insussistenti le asserite violazioni di legge denunciate con i motivi in esame ed i lamentati vizi di motivazione presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito.

Parimenti privo di pregio è il settimo mezzo, con il quale la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1117 e 1102 c.c., per avere la corte territoriale fatto applicazione delle norme sulla comunione non esistente nella specie, trattandosi di argomentazione superata dalle considerazioni sopra esposte quanto alla ritenuta comproprietà.

Infine, con il nono motivo, speculare al primo motivo, la ricorrente denuncia un vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del danno, per essere assolutamente priva di argomentazione la somma liquidata.

La Corte di appello di Venezia ha riportato in sentenza nel suo contenuto la domanda risarcitoria, dando atto della contestazione all’opposizione al godimento della strada de qua di accesso ai garages ed alla relativa prova ad opera degli appellanti. Ritenuto ciò, è evidente che si tratti di danno in re ipsa – come già precisato con riferimento alla prima censura – e perciò ha calcolato lo stesso tenendo conto del danno da diminuito godimento del passaggio. Con tale iter argomentativo e con le singole rationes decidendi appena riassunte, la ricorrente non si confronta, limitandosi ad articolare generiche censure basate sul difetto di prova della controparte.

A conforto della decisione adottata dai giudici di merito, peraltro sorretta da congrua motivazione, va detto che in ipotesi di occupazione dell’intero immobile comune ad opera di uno dei comproprietari e di destinazione dello stesso ad utilizzazione personale esclusiva, tale da impedire agli altri comproprietari il comodo godimento dell’intera area in questione, questi ultimi hanno diritto ad una corrispondete indennità quanto meno a far tempo dal momento in cui abbia manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso (Cass. n. 2423 del 2015; Cass. n. 5156 del 2012). Ritenuta così provata l’opposizione della Ergon s.r.l. all’altrui godimento del sedime destinato a strada dal momento della realizzazione della sua costruzione, la Corte di appello di Venezia ha argomentatamente liquidato il danno derivante dal mancato conseguimento dell’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla sua natura di consentire un agevole attraversamento raggiungere le autorimesse, sulla base di presunzioni semplici, ovvero con riferimento al cosiddetto danno figurativo.

In definitiva, la sentenza impugnata si sottrae completamente alle censure, per cui il ricorso deve essere rigettato. Nessuna pronuncia sulle spese deve adottarsi, stante l’assenza di attività difensiva da parte degli intimati.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2016

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