Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23126 del 07/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 07/11/2011), n.23126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Cooperativa Autotrasporti Pratese Soc. Coop., in persona del

presidente del CdA G.G., rappresentata e difesa dall’avv.

PERRONE Leonardo e dall’avv. Gianmarco lardella ed elettivamente

domiciliata presso il loro studio in Roma Via Giacomo Puccini n. 9,

giusta procura speciale ad litem per atto notaio Francesca Volkhart

in Prato in data 4.5.2009 rep. 19.135:

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sez. 32, n. 60, depositata in data

1.12.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Stefano Olivieri;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– La CTR della Toscana sez. 32 Firenze, con sentenza in data 1.12.2008 n. 60, ha accolto l’appello dell’Ufficio finanziario e in totale riforma della sentenza di prime cure ha dichiarato non spettante al contribuente il rimborso di somme versate a titolo di IRAP per gli anni 2000-2002.

I Giudici toscani hanno ritenuto che -in applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3, come interpretato autenticamente dal la L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3 – i contributi regionali, erogati a ripiano delle perdite di esercizio della imprese esercenti il trasporto pubblico locale, concorrevano alla formazione della base imponibile ai fin IRAP in difetto di un nesso di “correlazione” necessaria con componenti negativi non ammessi in deduzione a fin in IRAP (costi relativi al personale o ad interessi passivi) di una esclusione dall’imponibile espressamente prevista dalla legge istitutiva del contributo.

La società ha impugnato la sentenza di appello con ricorso notificato alla Agenzia delle Entrate ed alla Regione Toscana, deducendo i vizi di violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3 e art. 11 bis, L. n. 89 del 2002, art. 5 (primo motivo); la illegittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3 (secondo motivo); la nullità della sentenza ex art. 156 c.p.c., comma 2, per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo della sentenza (terzo motivo); la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997 sotto atro profilo (quarto motivo).

Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Rilevato:

– che la relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha concluso per il rigetto del ricorso osservando quanto di seguito trascritto:

“……- che il ricorso proposto nei confronti della Regione Toscana deve essere rigettato non rivestendo la regione la posizione di parte nel rapporto tributario avente ad oggetto la richiesta di rimborso IRAP: ed infatti “in tema di IRAP, atteso che l’imposta è accertata e riscossa dallo Stato e solo il suo gettito è devoluto alle regioni, non sussiste alcun rapporto di imposta con la regione che ne renda necessaria la chiamata in giudizio, e non è quindi configurabile un litisconsorzio necessario con la regione che imponga l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti” (cfr. Corte cass. 5^ sez. 5.3.2010 n. 5383);

– che il primo motivo, relativo alla violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 11 ed 11 bis (secondo cui non essendo inclusi i contributi pubblici alle aziende o consorzi pubblici di trasporto nella base imponibile ai fini IRPEG – D.L. n. 833 del 1986, art. 3, conv. in L. n. 18 del 1987, analogamente gli stessi debbono ritenersi esclusi dalla base imponibile IRAP ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11 bis), è infondato: la esegesi delle disposizioni che si sono succedute nel tempo è stata ampiamente ed esaustivamente compiuta dalle SS.UU. con la sentenza 14.10.2009 n. 21749 che ha evidenziato come lo sdoppiamento, ad opera del D.Lgs. n. 506 del 1999, art. 1, comma 1, lett. h), dell’originario D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, lett. a), nei due artt. 11 ed 11 bis, ha soltanto razionalizzato la disciplina previgente in quanto il nuovo art. 11 si è limitato a recepire la disposizione del D.Lgs. 10 giugno 1999, n. 176, art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), (secondo cui tutti i contributi erogati in base a norme di legge concorrono alla formazione dell’imponibile IRAP, salvo che siano correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione), mentre l’art. 11 bis ha inteso ribadire la regola generale secondo cui “i componenti postivi e negativi che concorrono alla formazione del valore della produzione…si assumono apportando ad essi le variazioni in aumento o in diminuzione previste ai fini della imposta sui redditi”. Ne segue che la disciplina di contributi pubblici in quanto regolata espressamente dall’art. 11 (lex specialis), rimane sottratta alla disciplina generale volta alla tendenziale omogeneizzazione dei criteri di determinazione della basi imponibili IRAP e delle imposte sui redditi ex art. 11 bis (cfr. Corte cass. 5^ sez. 1.3.2007 n. 4838; id. SU n. 21749/2009 cit.);

che il primo motivo è infondato anche in relazione alla denunciata violazione della L. n. 289 del 2002, art. 5 (la ricorrente sostiene che i contributi pubblici in questione rimarrebbero sottratti alla base imponibile IRAP in quanto la L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3, con il quale è stato sostituito al D.L. n. 209 del 2002, art. 3, comma 2 quinquies, conv. in L. n. 265 del 2009 – che includeva anche tali contributi nella base imponibile ma con decorrenza 1.1.2003, non aveva efficacia retroattiva difettando le condizioni per la qualificazione della norma come norma di interpretazione autentica) e del pari infondato è il secondo motivo (con il quale la ricorrente prospetta la illeg. cost. della L. n. 289 del 2002, art. 5 – ove riconosciuta norma con efficacia retroattiva- per contrasto con l’art. 3 Cost., art. 53 Cost., comma 1 e art. 97 Cost., comma 1 e con il principio di tutela degli affidamenti): questa Corte ha già avuto modo di esaminare e risolvere tutte le indicate problematiche giuridiche, rilevando come “il carattere interpretativo della citata disposizione della Legge Finanziaria 2003 (ndr. L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3) è fuor di dubbio, ricorrendone, secondo l’orientamento espresso da questa Corte e dal giudice delle leggi, tutte le condizioni in quanto essa: a) chiarisce il significato della norma preesistente, esplicitandone uno dei contenuti possibili, anzi, per quanto sin qui detto, l’unico contenuto possibile; b) risolve in un senso determinato un obiettivo contrasto giurisprudenziale dimostrato dall’esistenza di pronunce emesse dai giudici di merito pro e contro la tesi interpretativa enunciata; c) non viola il principio dell’affidamento in una interpretazione non contrastata della norma, stante che l’amministrazione ha, in modo inequivoco e costante, attribuito alla stessa il significato enunciato dalla disposizione interpretativa e che le controversie concernono istanze di rimborso avanzate dai contribuenti” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 1.3.2007 n. 4838). La differenza precettiva tra la norma del D.L. n. 209 del 2002, art. 3, comma 2 quinquies, e quella che ad essa si è sostituita – dopo circa un mese – di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 5, comma 3, è consistita unicamente nell’ampliamento della prima “estendendo retroattivamente in via di interpretazione autentica una lettura della norma precedentemente imposta solo per il futuro” (cfr. SU n. 21749/2009; conf. 5^ sez. 28.5.2010 n. 13160).

Manifestamente infondati sono i dubbi di legittimità costituzionale della norma di legge prospettati dalla ricorrente: quanto al parametro della capacità contributiva (art. 53 Cost.) cui si affianca il principio di tutela dell’affidamento del contribuente in considerazione della mancanza di prevedibilità di una imposizione disposta “ora per allora”, è sufficiente osservare come la norma in questione sia intervenuta a risolvere proprio i dubbi in ordine all’ambito applicativo della norma insorti a seguito delle contrapposte interpretazioni fornite dai contribuenti e dalla Amministrazione finanziaria nelle ripetute e numerose controversie attinenti la restituzione delle somme versate per IRAP, ciò che esclude alla radice la ipotizzabilità di comportamenti costanti ed univoci da parte di quest’ultima tali da ingenerare legittimi affidamenti nella esclusione di detti contributi dal base imponibile IRAP, nè tale affidamento potrebbe essere fondato sulla disposizione della norma di cui al D.L. n. 209 del 2002 conv. in L. n. 265 del 2002, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo i cui la stessa è rimasta in vigore (24.11-31.12.2002); quanto al parametro della ragionevolezza (art. 3 Cost.) è stato efficacemente rilevato, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, come “la legge di interpretazione autentica non può ritenersi irragionevole ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in esso contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (cfr. SU n. 21749/2009, in motivazione paragr. 9.5 e giurispr. cit.). Non vengono sviluppati argomenti, invece, ad illustrazione e sostegno della indicata violazione dell’art. 97 Cost., comma 1. – che anche il terzo motivo è infondato. La ricorrente afferma che i Giudici territoriali, dopo aver distinto le due deroghe al principio generale di inclusione nell’imponibile IRAP dei contributi pubblici alle imprese di trasporto locale (espressa previsione di legge;

correlazione del contributo a costi indeducibili ai fini IRAP), ed avere quindi accolto la istanza subordinata della società con la quale si chiedeva il rimborso IRAP in relazione a quei contributi “di fatto” destinati alla copertura delle spese per il personale, hanno poi contraddittoriamente negato in dispositivo tale rimborso, risultando viziata da nullità la sentenza per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo.

La parte motiva della sentenza nella quale i Giudici territoriali avrebbero accolto la domanda subordinata della società non si rivela affatto tale: i Giudici di merito si sono, infatti, limitati a specificare le eccezioni alla regola generale che include nell’imponibile IRAP anche i contributi esenti ai fini della imposte sui redditi. Tali eccezioni – sulla scorta delle indicazioni fornite dai precedenti di questa Corte in data 1.3.2007 nn. 4838, 4839 e 4840, espressamente richiamati dalla sentenza- sono state individuate come segue: “- contributi esclusi dal tributo regionale per espressa previsione della legge istitutiva; – contributi correlati direttamente a componenti negativi indeducibili ai fini del medesimo tributo (ad esempio in conto interessi ovvero a copertura di costi del personale)”. La sentenza impugnata non affronta la questione concernente la concreta destinazione da parte della società dei contributi pubblici al ripiano di spese relative al personale: unico accenno alla seconda delle due “eccezioni” sopra indicate è contenuto a pagina 5 della motivazione laddove vengono illustrate le tesi interpretative sostenute dalla Amministrazione finanziaria in ordine alla “correlazione diretta” del contributo ai costi indeducibili, ed alla necessità che il vincolo di destinazione sia esplicitamente previsto alla legge istitutiva del contributo, essendo insufficienti mere attestazioni dell’ente erogatore.

Risulta, piuttosto, una omessa pronuncia in ordine alla domanda subordinata proposta dalla società (della quale, peraltro, non è fatta alcuna menzione nella parte relativa allo svolgimento dei fatti processuali che si esaurisce nella indicazione che la società, vittoriosa in primo grado, ha proposto appello incidentale), ma tale vizio andava allora censurato con la denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e la specifica trascrizione in ricorso del contenuto della domanda originariamente proposta in primo grado, dichiarata assorbita dal Giudice di prime cure e riproposta ritualmente in grado di appello, vizio del tutto distinto da quello che si intende far valere con il terzo motivo e che attiene invece alla inesistenza del “decisum” su questione che risulta dedotta ed esaminata dal Giudice del merito (id est della mancanza di identificabilità della stessa volontà decisoria dell’organo giudicante);

– che il Quarto motivo è infondato. La ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3, sul presupposto – errato – che la sentenza impugnata abbia rigettato la domanda subordinata di rimborso IRAP in relazione alla quota di contributi pubblici “correlati” alle spese del personale secondo un criterio di destinazione “sostanziale”. In ordine alla inesistenza dell’indicato presupposto valgono le considerazioni precedentemente svolte (la questione non è stata esaminata dalla CTR e dunque vi è omessa pronuncia sulla domanda subordinata di rimborso). La tesi sostenuta dalla ricorrente è comunque giuridicamente infondata alla stregua del seguente principio di diritto cui il Collegio intende conformarsi in difetto di nuovi argomenti svolti dal contribuente e che inducano ad una rimeditazione: “A norma del D.Lgs. 24 luglio 1997, n. 446, art. 11, comma 3, nella formulazione risultante a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, art. 1, comma 1, lettera h), tutti i contributi erogati a norma di legge, compresi quelli esclusi dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi giusta il D.L. 9 dicembre 1986, n. 833, art. 3, comma 1 (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 6 febbraio 1987, n. 18, art. 1), debbono essere inclusi – come ha chiarito in via definitiva il legislatore con la norma interpretativa di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 5, comma 3, – nel calcolo per la determinazione della base imponibile IRAP, salvo che si tratti di contributi per i quali l’esclusione dalla base imponibile IRAP non sia prevista dalle relative leggi istitutive ovvero da altre disposizioni di carattere speciale o rispetto ai quali la legge regionale istitutiva abbia previsto espressamente la specifica correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in deduzione ai fini IRAP” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 1.3.2007 nn. 4838, 4839 e 4840 cit.; id. 5^ sez. 28.5.2010 n. 13160; id. 5^ sez. 15.6.2010 n. 14415) ……”.

Ritenuto:

– che debbono essere condivise le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione, e che il ricorso della società ricorrente deve essere, pertanto, rigettato nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c., sussistendo giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio, essendosi stabilizzata la giurisprudenza di questa Corte in data successiva alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE – rigetta il ricorso dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2011

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