Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23110 del 18/08/2021

Cassazione civile sez. II, 18/08/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 18/08/2021), n.23110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29223/2016 R.G. proposto da:

T.A., rappresentato e difeso dall’avv. Manola Micci,

elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Portuense n. 104, presso

lo studio dell’avv. Antonia De Angelis;

– ricorrente –

contro

B.B. E C. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

nonché B.B., rappresentati e difesi dall’avv. Gianluca

Monterisi, elettivamente domiciliati in Roma, Viale Mazzini n. 6,

presso lo studio dell’avv. Elio Vitale;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 1191/2016,

depositata in data 17.10.2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26.11.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Celeste Alberto, che ha concluso, chiedendo il

rigetto del ricorso;

Udito l’avv. Manola Micci.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.A. ha adito il tribunale di Ancona, sezione di Senigallia, esponendo di aver stipulato in data 8.8.1996, con la B.B. e c. s.r.l. un contratto preliminare di vendita di una mansarda da realizzare sul lastrico di proprietà della convenuta (e da collegare al sottostante appartamento dell’attore), facente parte dell’immobile sito in (OMISSIS), il tutto per un corrispettivo di Lire 80.000.000, da versare al momento della stipula del rogito; che al contratto era stata apposta la condizione risolutiva del mancato rilascio della concessione in sanatoria entro il 31.12.2003; che l’immobile era stato realizzato al grezzo ed era stato collegato all’appartamento sottostante, senza che – però fosse stata ottenuta la sanatoria urbanistica.

Ha chiesto di emettere una sentenza di esecuzione in forma specifica del preliminare, o, in via gradata, di pronunciare la risoluzione del contratto per inadempimento della B. s.r.l., con condanna al risarcimento del danno, instando, in ulteriore subordine, per ottenere il pagamento all’indennità di sopraelevazione ex art. 1127 c.c..

La B.B. s.r.l. e il B. in proprio, costituitisi in giudizio, hanno eccepito la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto, proponendo domanda riconvenzionale per il pagamento del residuo prezzo del sottostante appartamento alienato all’attore, oltre che, in via subordinata, per il versamento del corrispettivo della mansarda, con compensazione del credito risarcitorio eventualmente riconosciuto all’attore.

Il tribunale ha respinto tutte le domande e ha regolato le spese.

La sentenza è stata confermata in appello.

Anche la Corte di Ancona ha ritenuto che le parti avessero concluso un preliminare di appalto, dato che la B. s.r.l. si era impegnata a completare la mansarda sul lastrico di sua proprietà, bene che, al momento della stipula, era stato realizzato solo in parte, essendo, quindi, prevalente la prestazione di fare rispetto a quella di dare assunta dalla società, come confermava anche il fatto che la costruzione, una volta realizzata, sarebbe stato completamente diversa da quella contemplata nel preliminare.

La sentenza ha poi evidenziato che “anche a voler prescindere dalla tipologia del contratto per cui è causa”, si era comunque in presenza di un negozio nullo per illiceità dell’oggetto, in quanto stipulato in mancanza della concessione edilizia, circostanza questa ben nota ad entrambe le parti che, all’art. 4, nello stabilire il corrispettivo, ne avevano subordinato il versamento alla “previa verifica da parte del promittente l’acquisto dell’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria in esito alla pratica di condono” e, ai sensi dell’art. 4 della richiamata scrittura integrativa dell’8.08.1996, avevano specificato che il 50% della somma verrà versata alla consegna ed il restante 50% al momento del perfezionamento della pratica di condono”.

La Corte territoriale ha respinto anche la domanda di pagamento dell’indennità di sopraelevazione, ritenendola carente dell’allegazione degli elementi necessari per la quantificazione dell’imposto dovuto al ricorrente.

La cassazione della sentenza è chiesta da T.A. con ricorso in 8 motivi, illustrati con memoria.

La B.B. e c. s.r.l. e B.B. in proprio hanno depositato controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss., artt. 1655,1470,2932 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di merito qualificato il contratto come preliminare di appalto, in palese contrasto con l’impiego, da parte dei contraenti, delle formule tipiche della promessa di vendita, con la previsione di pagamenti di un acconto sul prezzo non proporzionati all’avanzamento dei lavori, con il rilascio della garanzia per evizione e per l’assenza di pesi, iscrizioni e vincoli gravanti sul bene. Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, era irrilevante che l’immobile dovesse essere ultimato o che fosse prevista la realizzazione di finiture a regola d’arte.

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1346,1367,1418 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di tener conto dei criteri di interpretazione conservativa del contratto, che, ove correttamente ritenuto un preliminare di vendita anziché di appalto, non poteva essere dichiarato nullo.

Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 1368 c.c., comma 3, artt. 1655,1470,2932 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza violato il principio secondo cui le clausole ambigue devono essere interpretate secondo ciò che si pratica nel luogo ove ha sede l’impresa contraente, criterio che parimenti deponeva a favore della conclusione di un preliminare di vendita.

Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 1362,1346,1418 c.c., L. n. 47 del 1985, 40, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la Corte di merito, nel ritenere il contratto comunque nullo per illiceità dell’oggetto, non abbia considerato che le condizioni di validità prescritte dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 riguardano solo i negozi ad effetto traslativo e non quelli ad effetti obbligatori.

Il quinto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che, nell’interpretare il contratto, il giudice abbia omesso di considerare i plurimi elementi che deponevano per il perfezionamento di un preliminare di vendita, quali l’esplicita menzione del tipo negoziale, la clausola relativa all’assunzione della garanzia per evizione e della libertà dei beni da pesi, vincoli e iscrizioni, l’impiego di formule quali “promittente venditore”, “promissario acquirente”, “si obbliga a vendere”, “si obbliga ad acquistare” etc..

Il sesto motivo denuncia la violazione degli artt. 1346 e 1418 c.c., nonché della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che al contratto, ove qualificato come preliminare di vendita, non poteva essere applicata la disciplina della nullità dell’appalto.

Il settimo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza respinto la richiesta di pagamento dell’indennità di sopraelevazione per carenza di prova degli elementi indispensabili per la quantificazione, omettendo di prendere in esame la documentazione comprovante: a) la superficie occupata dalla nuova opera; b) la quota spettante al condomino che aveva sopraelevato; c) l’estensione dei piani e delle singole proprietà facenti parte dell’edificio; d) il valore dell’area alla data della realizzazione della sopraelevazione; e) l’indicazione delle modalità di calcolo dell’indennità.

L’ottavo motivo denuncia la violazione degli artt. 115,116,167 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che la sentenza abbia negato il diritto all’indennità di sopraelevazione per mancanza di allegazione e di prova degli elementi necessari per la relativa quantificazione, sebbene i convenuti non avessero in alcun modo contestato i criteri ed i dati fattuali esposti dal ricorrente a sostegno della domanda e che erano sufficienti per liquidare l’indennità.

2. I primi sei motivi di ricorso, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Le restanti due censure sono assorbite, poiché proposte in via condizionata.

La Corte anconetana ha ritenuto che la scrittura dell’8.8.1996 integrasse un preliminare di appalto, dando rilievo al fatto che le parti avevano programmato la realizzazione di un immobile ancora da ultimare a regola d’arte, avevano individuato in un apposito capitolato gli interventi da eseguire ed avevano differito il pagamento del saldo al momento dell’ultimazione della costruzione.

Dopo aver richiamato i criteri distintivi tra appalto e vendita, la sentenza ha ritenuto prevalente la prestazione di fare su quella di dare, evidenziando che il manufatto, una volta realizzato, sarebbe stato completamente diverso da quello contemplato nel preliminare, sostenendo infine che la vendita può avere ad oggetto solo immobili già ultimati.

Va in contrario osservato che la circostanza che il bene promesso non fosse ancora ultimato e che l’impresa avesse assunto l’impegno ad eseguire una prestazione di fare non poteva condurre – da sola ad escludere il perfezionamento di un preliminare diretto alla successiva conclusione di un negozio ad effetti reali.

Come già precisato da questa Corte, il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato o di una porzione di fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell’obbligo del cedente – che sia anche imprenditore edile – di eseguire i lavori necessari a completare il bene o a renderlo idoneo al godimento, ben può integrare gli estremi della vendita di una cosa futura se l’obbligo di completamento dei lavori assume, nel sinallagma contrattuale, un rilievo soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà (Cass. 21773/2005; Cass. s.u. 11656/2008).

Occorreva – dunque – individuare la reale volontà dei contraenti mediante l’impiego dei criteri di interpretazione fissati dagli artt. 1362 c.c. e ss. e, a tale scopo, era doveroso tener conto della valenza ermeneutica del dato letterale (l’impiego di formule tipiche della promessa di vendita), del senso risultante dall’insieme delle clausole contrattuali (e segnatamente, del rilievo interpretativo dell’assunzione – da parte della società costruttrice – della garanzia per l’evizione e della libertà del bene da iscrizioni, trascrizioni, pesi e vincoli pregiudizievoli, pattuizioni che caratterizzano specificamente i negozi ad effetti reali;), e delle concrete circostanze della stipulazione (ad es., l’intento di collegare la costruzione con l’appartamento sottostante, già di proprietà del promissario acquirente).

Al contrario di quanto sostenuto in sentenza, il preliminare non poteva neppure ritenersi in ogni caso nullo a prescindere dalla tipologia negoziale voluta dalle parti, poiché concluso in assenza della concessione edilizia.

L’invalidità contrattuale prevista dalla L. n. 47 del 1985 (artt. 17 e 40) non si applica ai preliminari di vendita immobiliare, ma solo ai negozi ad effetti reali (per cui, diversamente da quanto sostenuto dai resistenti anche nella memoria ex art. 378 c.p.c., il T. ha tutto l’interesse a dolersi della qualificazione del contratto operata dalla Corte territoriale) e, per giunta, come si evince dalla pronuncia impugnata (cfr. pag. 8), sette mesi dopo la stipula del preliminare era stata rilasciata anche la concessione in sanatoria, rendendo possibile l’eventuale emissione della sentenza ex art. 2932 c.c. (Cass. 21721/2019; Cass. 1505/2018; Cass. 2204/2013).

Sono quindi accolti i primi sei motivi di ricorso, con assorbimento delle altre censure.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Ancona, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie i primi sei motivi di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2021

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