Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23110 del 07/11/2011
Cassazione civile sez. trib., 07/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 07/11/2011), n.23110
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21744/2009 proposto da:
AGRI FACTORING SPA IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, in
persona del liquidatore giudiziale, elettivamente domiciliata in
VIALE DELLE MILIZIE 1, ROMA, presso lo studio dell’avvocato ROSSI
Adriano, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso l’ordinanza n. 2/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di ROMA del 29/01/09, depositata il 03/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito l’Avvocato Rossi Adriano, difensore della ricorrente che si
riporta alla memoria;
è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO che si
riporta alla relazione.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:
La CTR di Roma – con ordinanza 2/7/2009 (depositata il 3.2.2009) ha respinto l’istanza della Agrifactoring spa di correzione errore materiale della sentenza n. 153/19/2000 (depositata l’11.12.2000) della medesima CTR, istanza fondata sull’assunto che la medesima pronuncia fosse viziata da errore di calcolo a proposito della somma da rimborsarsi, che in dispositivo era stata determinata L. 7.726.437.000 anzicchè L. 8.686.460.000, quale era l’effettivo ammontare del credito preteso a rimborso.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che non risultava commessa alcuna inesattezza accidentale idonea a modificare il contenuto essenziale della decisione nel contesto dell’atto anzindicato (poichè sia il ricorso introduttivo che l’atto di appello recavano quali importi richiesti la somma di L. 7.726.437.000 ritenuta errata), sicchè non era ravvisabile alcun contrasto – rilevabile ictu oculi – tra la motivazione della sentenza ed il dispositivo.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
L’Agenzia non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con il motivo di censura (rubricato come: “Violazione dell’art. 287 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 e art. 111 Cost.”) la ricorrente si duole in sostanza che il giudice del merito abbia ritenuto che non di errore materiale si sia trattato (poichè riconducibile agli atti di parte), per quanto sia invece pacifico che non è necessario che si tratti di un errore risultante dal conteggio operato nel testo della sentenza e quindi attribuibile esclusivamente al giudice.
Il motivo è infondato e da disattendersi.
Infatti, con numerose pronunce (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9689 del 11/09/1999) questa Corte ha messo in evidenza che: “L’errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici di un’operazione è deducibile in sede di legittimità, in quanto si risolve in un vizio logico della motivazione, a differenza dell’errore materiale di calcolo (nella specie, la suprema corte ha ritenuto che l’erronea adozione, da parte del giudice di merito, della base di calcolo per il risarcimento del danno da occupazione appropriati va, sia pure riconducibile ad una svista, inficiava tutto il procedimento aritmetico secondo il criterio stabilito dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, comma 7 bis, e si risolveva in un vizio di motivazione)”.
Nella specie qui in considerazione si tratta appunto di errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici dell’operazione di calcolo effettuata dal giudicante (non importa da chi determinata, anche se è pacifico che a responsabilità dell’errore vada imputata alla stessa parte ricorrente), sicchè non vi è dubbio che detto “errore” avrebbe dovuto essere dedotto e fatto oggetto di apposita censura nel giudizio di cassazione che pure è stato promosso avverso la sentenza qui oggetto di procedura per correzione dell’errore materiale.
Ciò non essendo stato fatto, non resta che ritenere che il ricorso qui in esame possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.
Roma, 10 maggio 2011.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che è stata depositata memoria di parte ricorrente, il cui contenuto non è possibile condividere, atteso che non inficia gli argomenti sui quali è fondata la proposta contenuta nella relazione, ed in particolare il fatto che trattasi di errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici dell’operazione matematica;
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2011