Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2311 del 30/01/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 30/01/2018, (ud. 04/12/2017, dep.30/01/2018),  n. 2311

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Unicredit Credit Management Bank s.p.a. ottenne dal Tribunale di Bologna un decreto ingiuntivo per la somma di Euro 48.155,87 nei confronti di B.F., quale fideiussore della società G.M.B. B., a titolo di risoluzione di un contratto di leasing avente ad oggetto un bene immobile.

Avverso il decreto propose opposizione la B., contestando l’autenticità della sottoscrizione della sua firma sull’atto di garanzia fideiussoria.

Si costituì in giudizio la Banca, contestando l’atto di opposizione e chiedendo l’espletamento di una perizia grafologica.

Espletata una c.t.u. grafologica, il Tribunale rigettò l’opposizione e condannò la parte opponente al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 22 marzo 2015, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che l’ulteriore questione posta dalla B., relativa alla natura usuraria dei tassi di interesse praticati dalla Banca, poteva essere comunque esaminata, benchè tardivamente sollevata, trattandosi di presunta nullità di clausole contrattuali rilevabile anche d’ufficio dal giudice.

Ciò nonostante, l’appello era ugualmente da rigettare, perchè la contestazione sulla natura usuraria dei tassi di interesse era stata formulata in modo troppo generico, per cui la richiesta c.t.u. non poteva essere ammessa, avendo natura meramente esplorativa.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna propone ricorso B.F. con atto affidato ad un solo motivo.

La Unicredit Credit Management Bank s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione, in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380 – bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti; in particolare, si contesta l’omesso esame dell’oggettiva indicazione del periodo temporale in cui i tassi applicati avrebbero superato la soglia legale.

Secondo la ricorrente, la Corte di merito avrebbe errato nel considerare generica la contestazione, posto che fin dal primo grado erano stati indicati i tassi di interesse applicati dalla Banca anno per anno ed il relativo tasso soglia, per cui ella null’altro poteva fare per dimostrare la fondatezza della propria contestazione.

1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento.

Osserva la Corte, innanzitutto, che la censura di omesso esame non è posta correttamente, poichè la Corte d’appello ha dato conto, nella motivazione, del fatto che la B. aveva indicato i tassi applicati e il corrispondente tasso soglia.

Ciò premesso, è opportuno ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza 19 ottobre 2017, n. 24675, hanno stabilito, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, che nei contratti di mutuo, allorchè il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. 7 marzo 1996, n. 108, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, nè la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. Le Sezioni Unite, cioè, hanno attribuito rilievo essenziale, ai fini della sussistenza o meno del carattere usurario dei tassi di interesse, al momento in cui questi sono stati pattuiti, negando ingresso alla configurabilità della c.d. usura sopravvenuta.

Tale impostazione, alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuità, fa sì che acquisti fondamentale importanza l’indicazione dei tassi di interesse pattuiti al momento della stipula del contratto. La motivazione della Corte d’appello – benchè vada su questo punto corretta, anche perchè la pronuncia delle Sezioni Unite non era stata ancora pubblicata nel momento in cui fu depositata la sentenza qui impugnata – coglie tuttavia il punto centrale della questione, e cioè la genericità della tesi della parte oggi ricorrente la quale, specificando soltanto l’entità dei tassi anno per anno con l’indicazione dei tassi soglia, non consente in effetti di ritenere pacifica l’esistenza della usurarietà, risolvendosi nella sollecitazione allo svolgimento di una c.t.u. esplorativa.

La contestazione della natura usuraria dei tassi avrebbe dovuto comportare, da parte dell’opponente, la necessità di indicare in sede di merito la pattuizione originaria, le somme pagate ogni anno a titolo di interessi e non solo l’aliquota, il tutto in rapporto al capitale oggetto del finanziamento. Tra l’altro, solo dal confronto tra quanto è stato pagato e quanto si sarebbe dovuto pagare applicando un tasso di interesse legale si può arrivare a comprendere se vi sia stata o meno applicazione di un tasso usurario.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte all’intimata.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2018

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