Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23106 del 11/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23106
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18219/2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, c.f. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
QUEENS SOCIETA’ UNIPERSONALE ARL, M.D.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 425/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DI NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO emessa il
29/09/2014 e depositata il 20/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione di legge: D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), artt. 19, 21, art. 24, commi 2 e 4, art. 20, commi 1 e 2, art. 16, commi 2 e 3, artt. 22, 23, 32, nonchè art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4)”, per avere la C.T.R. accolto l’eccezione relativa all’errore di calcolo tardivamente dedotta dal contribuente con memoria depositata in data 15.2.2012, non notificata, piuttosto che dichiararla inammissibile, a nulla rilevando le difese svolte dall’Ufficio nei gradi di merito, in chiamo inidonee a “comportare acquiescenza alla violazione della disciplina dei motivi aggiunti”.
2. Il motivo appare palesemente infondato.
3. Invero, dalla sentenza della C.T.P. trascritta in ricorso emerge che l’errore di calcolo segnalato dal contribuente (il quale aveva infine ammesso l’imponibilità delle operazioni ai fini Iva, in chiarito effettivamente avvenute nel territorio dello Stato), risultava dalla stessa dichiarazione, poichè dall’Iva a debito contestata di Euro 79.777,00 andava detratto l’importo (ammesso in detrazione) dell’Iva assolta sugli acquisti, per Euro 62.751,00; sempre dal ricorso dell’amministrazione emerge che non si trattava in realtà di deduzione nuova, dandosi atto che nel ricorso originario del contribuente si faceva “riferimento alla presenza di un credito Iva maturato nell’anno precedente”, sicchè la memoria del 15.2.2012 era semplicemente illustrativa di un aspetto già dedotto.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna dell’amministrazione ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, liquidate come da dispositivo.
5. Non sussistono invece i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, essendo parte ricorrente un’amministrazione pubblica per la quale ricorre il meccanismo della prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; conf. Cass. sez. 6-L, n. 1778/16 e 6-T n. 18893/16).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’amministrazione ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in Euro 5.600,00 nonchè Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario, Iva e Cp come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016