Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23103 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 22/10/2020), n.23103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4593-2019 proposto da:

REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso l’UFFICIO DI

RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE CAMPANIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato MODESTO LETIZIA;

– ricorrente –

contro

D.L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SERGIO MESSORE;

– controricorrente –

contro

PROVINCIA DI CASERTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 794/2018 del TRIBUNALE di CASSINO, depositata

il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Giudice di pace di Cassino, con sentenza n. 179/2015, condannava la convenuta Regione Campania a risarcire l’attore D.L.C. per i danni subiti dalla sua automobile a causa dell’investimento di un istrice avvenuto il (OMISSIS) su una strada provinciale.

La Regione Campania proponeva appello, adducendo che sarebbe stata invece obbligata al risarcimento la Provincia di Caserta, e che mancava prova del fatto colposo della Regione stessa; il D.L. si costituiva resisteva, ed eccependo pure l’inammissibilità per tardività dell’appello.

Il Tribunale di Cassino, con sentenza del 26 giugno 2018, dichiarava l’appello inammissibile per tardività, essendo stata la sentenza di primo grado notificata dal D.L. alla Regione Campania il 26 febbraio 2015 ed essendo stato notificato da quest’ultima al D.L. l’appello in data 28 luglio 2015, e quindi oltre i trenta giorni del termine breve di cui agli artt. 325-326 c.p.c..

La Regione ha proposto ricorso, che presenta un unico motivo, denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 325,326,327,170 e 285 c.p.c.: la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente e non al difensore non fa decorrere il termine breve di impugnazione; e il termine lungo ai sensi dell’art. 327 c.p.c., sarebbe stato rispettato nel caso in esame.

Si è difeso con controricorso il D.L..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Deve anzitutto rilevarsi che il controricorrente ha eccepito – qualificandola improcedibilità, mentre si tratta evidentemente di una fattispecie di inammissibilità per tardività dell’impugnazione – che il ricorso, appunto, è tardivo (la tempestività del ricorso, si ricorda meramente incidenter, avrebbe dovuto essere comunque verificata anche d’ufficio).

Adduce, invero, il D.L. che la Regione Campania aveva eletto domicilio in atto d’appello “presso la sede legale dell’Ente in (OMISSIS)”, e che in tal luogo era stata notificata il 10 luglio 2018 la sentenza d’appello; il ricorso era dunque tardivo perchè notificato il 24 gennaio 2019. Nella memoria, la ricorrente ha replicato, opponendo che la sentenza, nonostante che la ricorrente stessa si fosse costituita con un difensore, non sarebbe stata notificata a quest’ultimo, onde il termine breve non sarebbe decorso, e l’impugnazione non sarebbe pertanto tardiva, poichè regolata, quanto a tempestività, dal termine lungo.

2. Come è noto, l’art. 326 c.p.c., comma 1, rimanda all’art. 285 c.p.c., il quale a sua volta rinvia all’art. 170 c.p.c.: qualora, pertanto, la parte si sia costituita con un difensore, affinchè decorra il termine breve la notifica deve essere effettuata al difensore stesso (in tema, tra i più recenti arresti massimati: Cass. sez. 3, 13 agosto 2015 n. 16804, Cass. sez. 5, 5 ottobre 2016 n. 19876, Cass. sez. 6-3, ord. 21 febbraio 2017 n. 4374, Cass. sez. 6-3, ord. 21 luglio 2017 n. 18053; e cfr. da ultimo Cass. sez. 1, ord. 6 marzo 2020 n. 6478).

Nel caso in esame, emerge dagli atti che la Regione Campania si era costituita come rappresentata e difesa “per procura generale dall’Avv. Modesto Letizia” e si era elettivamente domiciliata “nella sede legale di esso Ente in (OMISSIS)” (quanto virgolettato viene tratto dall’intestazione della sentenza d’appello, che, appunto, rispecchia l’atto d’appello). Dalla relata di notifica si evince poi che la notifica stessa è stata compiuta (a mezzo posta, come attesta pure l’avviso di ricevimento) alla Regione “con sede in… (OMISSIS) – (Avv. Modesto Letizia)”.

E’ dunque evidente che l’avvocato con il quale la Regione si era costituita in appello aveva la sua sede operativa, presso la quale quindi la Regione aveva eletto domicilio, proprio nella sede legale della Regione stessa. Il fatto che la Regione si sia costituita – il che è pacifico – a mezzo di tale avvocato rende irrilevante, ovviamente, la coincidenza tra il domicilio eletto e la sede della Regione, per cui l’eccezione sollevata dal controricorrente risulta fondata: il termine breve per l’impugnazione con ricorso per cassazione, ovvero sessanta giorni, è decorso da detta notifica, perfezionatasi il 10 luglio 2018, laddove la notifica del ricorso, avvenuta il 24 gennaio 2019, lo ha ampiamente superato.

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per tardività, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado liquidate come da dispositivo – al controricorrente.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 700, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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