Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23102 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 22/10/2020), n.23102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21839-2018 proposto da:

M.L. in proprio e nella qualità di convivente del

defunto O.S. e quale esercente la potestà genitoriale sulla

figlia minore O.V. a sua volta erede del padre

O.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso

lo studio dell’avvocato FRATINI LUIGI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio

dell’avvocato BIASIOTTI MOGLIAZZA GIOVANNI FRANCESCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPORTELLI CARLO;

– controricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, RTI EDILTECH LAVORI SRL CON

M.G. SRL;

– intimate –

avverso la sentenza n. 118/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 6 novembre 2013, accoglieva domanda di risarcimento dei danni derivati da sinistro stradale proposta da L.M., in proprio e quale legale rappresentante della figlia minorenne O.V., nei confronti di Roma Capitale e RTI Ediltech Lavori S.r.l. – ed era stata poi chiamata in causa la compagnia assicuratrice Fondiaria SAI S.p.A. -. Si trattava di un sinistro stradale per cui, due ore e mezzo dopo, era deceduto O.S., convivente di L.M. e padre della di lei figlia, ed era consistito nella caduta dell’ O. dalla sua motocicletta per esserne entrata la ruota anteriore del veicolo in un solco del manto stradale e per essersi poi scontrato con un’auto proveniente dall’altra corsia. Il Tribunale attribuiva il 20% della causazione al motociclista e quindi condannava in relazione all’80% il Roma Capitale, condannando altresì la compagnia assicuratrice a tenerla indenne.

La compagnia assicuratrice, divenuta nelle more UnipolSai Assicurazioni S.p.A. proponeva appello principale; Roma Capitale proponeva appello incidentale; si costituivano resistendo la L. e RTI.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 gennaio 2018, accoglieva parzialmente l’appello principale, assorbito l’incidentale, e pertanto, ritenuto che il motociclista avesse concausato il sinistro nella misura del 40%, riduceva il quantum risarcitorio.

L.M., in proprio e quale legale rappresentante della minore O.V., ha proposto ricorso, articolato in due motivi; si è difesa con controricorso Roma Capitale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, motivazione inesistente riguardo a un fatto decisivo della controversia relativo alla percentuale concorsuale di responsabilità il motivo adduce appunto l’apparenza motivazionale e argomenta pure in ordine ai limiti del giudice nella sua funzione di peritus peritorum.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., violazione dei principi e delle modalità di calcolo del danno patrimoniale da perdita del reddito familiare nonchè violazione del Cod. ass.ni, art. 137.

3. Il primo motivo attribuisce alla sentenza impugnata una motivazione apparente, che in realtà non sussiste. In effetti, la doglianza si orienta direttamente su una critica fattuale, cercando di nascondere tale inammissibile censura anche argomentando – in modo a questo punto inconferente – in ordine ai limiti del giudice quale peritus peritorum, senza però denunciare davvero in questioni in jure, bensì attestandosi in una critica propria di un terzo grado di merito, e dunque attestandosi su una evidente inammissibilità.

La stessa impostazione patisce il secondo motivo che, pur tentando di schermarlo variamente, è fattuale in modo diretto, il che lo conduce ictu oculi alla inammissibilità.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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