Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23102 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18339/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, c.f. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.Z.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 51/06/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, emessa il 13/05/2011 e depositata

i130/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

La CTR di Bologna ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 129101/2008 della CTP di Reggio nell’Emilia che aveva già accolto il ricorso del contribuente P.Z. – ed ha così accolto il ricorso avverso silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso di IRAP versata in relazione a periodi di imposta anni 2003-2004, ricorso proposto sulla premessa che il ricorrente esercita la professione di commercialista ed è privo del presupposto d’imposta dell’autonoma organizzazione. La predetta CTR ha motivato la decisione riferendosi a tale G.A. (per i redditi derivanti dall’attività di elettricista, libero professionista) e ritenendo che l’attività di questo sia priva di attrezzature materiali rilevanti e di collaboratori e sia invece svolta in prima persona. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affiato a due motivi. La parte contribuente non si è difesa. Il ricorso… può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Con il primo motivo d’impugnazione l’Agenzia ricorrente prospetta la violazione dell’art. 132 c.p.c. e – sulla premessa che solo nell’intestazione della sentenza impugnata si faccia riferimento al P. ed al corretto numero della decisione impugnata, mentre nel resto del colpo della decisione il giudicante estensore si riferisce a persona del tutto estranea alla lite, il G.A., appunto – assume che vi sia incertezza assoluta in ordine alla parte a cui la sentenza si riferisce, così che non sia possibile desumere l’effettività dei dati che il giudicante ha valorizzato per il proprio convincimento. Il motivo appare fondato e da accogliersi. Invero, nella specie di causa non è possibile intendere se la motivazione della sentenza impugnata si riferisca effettivamente alla causa proposta dal P. ovvero si tratti invece di motivazione che (pur giustapposta alla intestazione della sentenza relativa a quest’ultimo) si riferisca in concreto alla vicenda sottoposta al giudizio da soggetto completamente diverso (e cioè da un terzo estraneo). A proposito di un caso consimile la Suprema Corte (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8242 del 24105/2003) ha avuto modo di chiarire che, “L’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti; essa comporta viceversa la nullità della sentenza stessa qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c. e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce”. Anche nella specie di causa soccorre la medesima ratio, sia pure a situazione invertita, non potendosi avere chiarezza a riguardo della corretta identificazione della parte a cui l’iter motivazionale si riferisce e non essendovi certezza sul fatto che – nel motivare la pronuncia – il giudicante intendesse effettivamente riferirsi alla questione sottopostagli dal P.. Non resta che concludere per la manifesta fondatezza dell’impugnazione, con la conseguente possibilità di decidere il ricorso in camera di consiglio”.

Rilevato che, a seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto prot. N. 130/6/16 del 29 luglio 16;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;

considerato che da tutto ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello riguardo alla censura accolta con rinvio alla CTR (anche per le spese), affinchè la lite, dopo nuovo esame, sia decisa sulla base dei principi innanzi affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Emilia Romagna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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