Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23098 del 03/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/10/2017, (ud. 20/07/2017, dep.03/10/2017),  n. 23098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19322-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE SERENA S.R.L., in persona del legale rappresentante

B.V., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO ETTORE

MARCHIAFAVA 1, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA DI

GIANDOMENICO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3115/45/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 18 aprile 2016 la Commissione tributaria regionale della Lombardia dichiarava inammissibile e comunque respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1268/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso della Immobiliare Serena srl contro il diniego di rimborso IVA ed altro 2004. La CTR osservava in particolare che il gravame doveva considerarsi inammissibile in quanto sottoscritto da persona che non solo non era dirigente dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, ma che addirittura era cessata dall’incarico; rilevava comunque l’infondatezza meritale del gravame medesimo.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 53,poichè la CTR ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello in quanto non debitamente sottoscritto da funzionario avente la qualifica dirigenziale.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che “In tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza” (Sez. 6 – 5, n. 15470 del 26/07/2016, Rv. 640640 – 01; conforme Sez. 6 – 5, n. 15458 del 2017).

Nel caso di specie l’eccezione di “usurpazione di potere” da parte della firmataria dell’atto di impugnazione, P.P., non risulta invero fondata e quindi neppure può ritenersi corretto il conforme accertamento del giudice tributario di appello.

La P. ha infatti sottoscritto il gravame quale “funzionario delegato”, sicchè la visura tratta dal sito dell’Agenzia delle entrate, valorizzata dalla società contribuente e dalla CFR, che ne attesta la cessazione dall’incarico di direttore provinciale reggente dell’ ufficio agenziale locale, non può che avere il significato letterale che ha ossia che la funzionaria dal 26 marzo 2015 non possedeva più detta qualifica dirigenziale sia pure in reggenza.

Certamente da tale documento non può invece trarsi, come ritenuto dal giudice tributario di appello, l’arbitraria ed infondata considerazione che la P. non appartenesse nemmeno più a detto ufficio locale agenziale, risultando dall’atto di appello appunto il contrario.

Ciò posto, rispetto al fatto processuale in esame va ulteriormente rilevato che la sussistenza e la validità della delega ad appellare de qua non è stata contestata, sicchè questo ulteriore profilo di ritualità del gravame non poteva nè può più essere oggetto di sindacato.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2017

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