Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23096 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 11/11/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 11/11/2016), n.23096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12717-2010 proposto da:

C.L., C.F. (OMISSIS), M.A.R. C.F. (OMISSIS),

M.R. (OMISSIS), M.G. C.F. (OMISSIS), tutti nella

qualità di eredi di C.M.R., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA STAZIONE DI MONTE MARIO 9/E, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA GULLO, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIUSEPPE MAGARAGGIA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ALESSANDRO RICCIO, GIUSEPPINA GIANNICO e MAURO RICCI, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), COMUNE

CAROVIGNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2497/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/12/2009 R.G.N. 1077/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI per delega verbale Avvocato

GIUSEPPINA GIANNICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 7.12.2009, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava l’INPS a corrispondere agli eredi di C.M.R. i ratei di indennità di accompagnamento maturati dalla loro dante causa dal (OMISSIS) al decesso.

La Corte, per quel che qui rileva, riteneva che, benchè gli aventi causa dell’assistita avessero documentato la sussistenza di plurime affezioni gravi e risalenti a data anteriore o coeva a quella di presentazione della domanda amministrativa, nondimeno esse avevano assunto la particolare significatività e valenza necessaria ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento solo nel mese di (OMISSIS).

Contro questa pronuncia ricorrono gli eredi di C.M.G. con un unico motivo. Resiste l’INPS con controricorso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comune di Carovigno, già contumaci in appello, non hanno svolto in questa sede attività difensiva.

Diritto

Con l’unico motivo di censura, i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere a loro avviso la Corte di merito debitamente motivato sulle affezioni a suo tempo diagnosticate alla loro dante causa ed elencate da pag. 6 a pag. 9 del ricorso per cassazione.

Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha da tempo fissato il principio secondo cui, nei giudizi in materia d’invalidità, la denunciabilità per cassazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va all’uopo debitamente indicata, ovvero nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura, anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione, costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 1652 del 2012). E poichè nel motivo di censura non è dato rinvenire nè in che modo le conclusioni del CTU si sarebbero discostate dalle nozioni correnti della scienza medica nè quali accertamenti strumentali necessari sarebbero stati omessi, limitandosi l’esposizione al mero elenco delle affezioni da cui era gravata la dante causa degli odierni ricorrenti, il ricorso va dichiarato inammissibile e i ricorrenti, soccombenti, vanno condannati a rifondere all’INPS le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le parti ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’INPS, che si liquidano in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 1.700,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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