Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23094 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 11/11/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 11/11/2016), n.23094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25394-2010 proposto da:

L.I., C.F. (OMISSIS), vedova R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRO MALLADRA 31, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI IARIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato AMEDEO NIGRA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati LUIGI

CALIULO, LELIO MARITATO e ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/04/2010 R.G.N. 511/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato GIOVANNI IARIA;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La Corte d’appello di Milano con sentenza depositata in data 8 aprile 2010 ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da L.I. e ha compensato le spese di entrambi gradi del giudizio. La Corte ha condiviso la decisione di prime cure, con la quale erano state rigettate le domande dell’appellante volte ad ottenere la sospensione dell’esecutorietà della cartella di pagamento, emessa in seguito al verbale ispettivo del 14/5/2004, e proposte sia ai sensi dell’art. 700 c.p.c. sia del D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 24. In particolare la Corte ha rilevato che dinanzi alla corte d’appello pendevano già i giudizi di opposizione al verbale di accertamento e all’iscrizione a ruolo, sicchè la domanda di sospensione avrebbe dovuto essere proposta ai sensi dell’art. 431 c.p.c., comma 5 al giudice dell’impugnazione.

2. Contro la sentenza la L. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria. L’Inps resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè dell’omessa o insufficiente motivazione su fatti decisivi della controversia. Assume che il presente giudizio aveva ad oggetto l’annullamento della cartella di pagamento notificatale il 23/11/2006 con il numero (OMISSIS), laddove la causa pendente dinanzi alla corte d’appello riguardava l’opposizione al verbale di accertamento e all’iscrizione a ruolo. Trattandosi di giudizi distinti ben poteva impugnare la cartella ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 e chiederne la sospensione.

2. Il ricorso è inammissibile. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che tra le stesse parti del presente giudizio sono state emesse dal Tribunale di Milano due sentenze di rigetto delle opposizioni proposte dalla L. avverso il verbale ispettivo del 14/5/2004 e l’avviso di iscrizione nei ruoli, e che entrambe le sentenze sono state confermate dalla Corte d’appello di Milano. Risulta altresì che nel giudizio di opposizione alla cartella esattoriale emessa sulla base dello stesso verbale la parte ha proposto opposizione chiedendo la sospensione ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 che è stata rigettata dal Tribunale sul presupposto che essa avrebbe dovuto essere proposta alla corte d’appello dinanzi a cui pendevano già i giudizi di opposizione al verbale di accertamento. Inoltre non poteva essere esperito il rimedio previsto dall’art. 700 c.p.c., atteso il suo carattere residuale.

3. Con il motivo di ricorso, la parte si duole del fatto che la Corte d’appello non si è pronunciata sulla domanda di opposizione alla cartella esattoriale, ma di tale questione non vi è alcun cenno nella sentenza la quale limita l’ambito della sua cognizione all'(in)ammissibilità del provvedimento di sospensione della cartella di pagamento opposta. Avvalora questa delimitazione del giudizio di appello la memoria difensiva dell’Inps, trascritta nella sentenza qui impugnata, da cui si evince che il giudizio di primo grado aveva ad oggetto un ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., teso ad evitare il danno paventato dalla L. e derivante dall’esecuzione della precedente sentenza della corte d’appello, impugnata in cassazione.

4. A fronte di tale specificazione del tema devoluto, era onere della parte di riportare per intero o, quanto meno, nelle sue parti salienti il contenuto del ricorso di primo grado, le ragioni per cui esso è stato rigettato dal Tribunale adito, gli specifici motivi di appello posti alla cognizione del giudice del gravame.

5. Deve invero ricordarsi che, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077; Cass., 30 settembre 2015, n. 19410; Cass., 4 luglio 2014, n. 15367).

6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Essendo stato il giudizio introdotto nell’anno 2006 (come risulta dallo stesso ricorso) e mancando la autodichiarazione necessaria ai sensi dell’art. 152, nel testo modificato dalla L. n. 326 del 2003, perchè la parte possa usufruire del beneficio dell’esenzione dal pagamento delle spese processuali, la stessa deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.800,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali e oneri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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