Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23088 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 11/11/2016, (ud. 16/02/2016, dep. 11/11/2016), n.23088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10983-2111 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.C., C.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GERMANICO 172, presso lo studio DELL’AVVOCATO GALLEANO SERGIO

NATALE EDOARDO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1641/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/04/2010 r.g.n. 2781/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato RICCARDI RAFFAELE per delega verbale Avvocato

FIORILLO Luigi;

udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione, in subordine rinvio a nuovo ruolo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 29/4/2010, riformando la sentenza emessa dal Tribunale della stessa sede il 25/5/2005, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra la società appellata e M.C. il (OMISSIS) e, per l’effetto, dichiarava che tra le parti si è costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 2 maggio 2003, con diritto del lavoratore alla riammissione in servizio, con le mansioni di operatore. nel posto di lavoro precedentemente occupato e con tutte le conseguenze di legge e condannava la società Poste a corrispondere al M., a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni maturate e non corrisposte nel periodo dal (OMISSIS), oltre accessori di legge.

Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. sulla base di quattro motivi cui resiste con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss.; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la contraddittoria ed omessa pronuncia in ordine ad un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte territoriale abbia statuito la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti in ragione della genericità della causale indicata, con ciò confondendo la suddetta causale (cui fa riferimento il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 relativamente a contratti stipulati per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al recapito presso il Polo corrispondenza Lazio”) con la vecchia fattispecie legale prevista dall’abrogata L. n. 230 del 1962 che prevedeva l’assunzione a tempo determinato per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione al posto, sempre che nel contratto sia indicato il nome del lavoratore e la causa della sostituzione.

2. Con il secondo mezzo di impugnazione, la società ricorrente si duole della insufficiente motivazione della sentenza della Corte di merito in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deducendo che nella sentenza impugnata non sono spiegate le ragioni per cui le prove testimoniali articolate sin dal primo grado e reiterate in appello, dirette a dimostrare la necessità di sostituire personale assente, non siano state ritenute meritevoli di accoglimento.

3. Con il terzo motivo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio; nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1419 c.c. e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e si lamenta che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto che la violazione dell’art. 1 citato comporterebbe una sanzione non prevista dal legislatore, in evidente analogia con la L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 1 che sanciva la conversione in rapporto a tempo indeterminato del rapporto a termine sorto in assenza dei presupposti legali.

4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c,., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094 e 2099 c.c. e si lamenta che la pronunzia abbia ignorato l’orientamento giurisprudenziale consolidato della Corte di legittimità. alla stregua del quale l’accertamento della nullità dell’apposizione del termine non comporta, di per sè, che il lavoratore abbia diritto alla retribuzione per gli intervalli in cui non ha reso la prestazione.

1.1 I primi due motivi di ricorso sono fondati.

Quanto al primo motivo, premesso che, nella fattispecie, la causale cui la società Poste Italiane ha fatto riferimento per la stipula del contratto a tempo determinato di cui si tratta attiene a -ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al recapito presso il Polo corrispondenza (OMISSIS)”, questo Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, della Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1576/2010; Cass. n. 1577/2010; Cass. n. 8286/2012), nella materia. Alla stregua di tale orientamento, ricostruito il quadro normativo di riferimento, al quale in questa sede si fa richiamo, va sottolineato che l’introduzione di un sistema (derivante dal superamento del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962, che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti), articolato per clausole generali – in cui l’apposizione del termine è consentita a fronte delle suesposte ragioni -, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione costituito dall’obbligo del datore di lavoro di enunciare l’esigenza di sostituire lavoratori assenti, integrandola con l’indicazione di elementi ulteriori, quali l’ambito territoriale, i riferimenti, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni del lavoratore da sostituire, il diritto di quest’ultimo alla conservazione del posto di lavoro; in modo da consentire la determinazione del numero dei lavoratori da sostituire, anche se non identificati nominativamente. E ciò, per evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge. La giurisprudenza cui si è fatto riferimento, tuttavia, ha sottolineato che deve. comunque, tenersi sempre conto delle situazioni aziendali non più standardizzate, ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato.

Nel caso di specie, la Corte di merito, pur dando atto dell’intervento del D.Lgs. n. 368 del 2001, non ha preso adeguatamente in considerazione, nel percorso motivazionale seguito, le ragioni addotte a giustificazione del contratto e, soprattutto, non ha proceduto alla valutazione del grado di specificità delle ragioni secondo la metodologia cui si è fatto innanzi richiamo, sottraendosi, in tal modo, all’obbligo di esaminare tutti gli elementi di specificazione emergenti dal contratto al fine di delibarne l’effettiva sussistenza.

Non ha, inoltre, motivato – e ciò comporta l’accoglimento del secondo mezzo di impugnazione – in merito alla mancata ammissione dei mezzi istruttori puntualmente articolati dalla società al fine di dimostrare la reale sussistenza delle ragioni giustificatrici del ricorso al contratto a termine, ledendo, in tal modo, il diritto di difesa della società medesima.

La sentenza va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti – rimanendo assorbiti gli altri due -, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito, a tutti i principi innanzi affermati, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso; assorbiti gli altri; cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, in relazione ai motivi accolti, anche per la decisione sulle spese.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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