Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23081 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/10/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 22/10/2020), n.23081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26811-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1359/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 11/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. SAIJA SALVATORE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con istanza del 26.2.2009, C.G., lavoratore dipendente, presentò all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Ragusa, richiesta di rimborso del 90% di quanto versato dal datore di lavoro, quale sostituto d’imposta, negli anni di imposta 1990-1992, essendo egli residente in uno dei comuni colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990, e avendo quindi diritto a detto rimborso ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17. Formatosi il silenzio-rifiuto, il contribuente adì la C.T.P. di Ragusa, che accolse il ricorso con sentenza n. 700/2/2011. La C.T.R. della Sicilia, sez. st. di Catania, con sentenza del 11.4.2016, rigettò l’appello dell’Ufficio.

L’Agenzia ricorre ora per cassazione, sulla base di tre motivi. C.G. non ha resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, degli artt. 11 e 14 preleggi, della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3, nonchè dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 La ricorrente critica l’orientamento di questa Corte – seguito dalla C.T.R. siciliana – secondo cui il beneficio disciplinato dall’art. 9, comma 17, cit., regola sia l’ipotesi del contribuente che non abbia ancora provveduto a versare le imposte dovute, sia quella in cui egli invece le abbia già versate, e ne chieda il rimborso (Cass. n. 20641/2007); evidenzia al riguardo la ricorrente che il pagamento effettuato dal contribuente determina la chiusura del rapporto impositivo e l’impossibilità di avanzare domanda di ripetizione, invocando, pertanto, la rivisitazione del detto orientamento.

1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, degli artt. 12 e 14 preleggi, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 L’Agenzia rileva l’erroneità della decisione impugnata, avendo la C.T.R. riconosciuto il diritto al rimborso in favore del C., benchè egli non avesse direttamente versato le imposte, avendo assolto gli obblighi tributari tramite il datore di lavoro-sostituto d’imposta.

1.3 – Infine, con il terzo motivo, proposto in subordine, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, secondo periodo, degli artt. 12 e 14 preleggi, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, , nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, in ogni caso, la domanda di rimborso deve ritenersi intempestiva, perchè proposta ben oltre il termine di due anni (ex art. 21, comma 2, cit.) dal momento dell’insorgenza del diritto, da individuarsi nella data di entrata in vigore dell’art. 9, comma 17, cit. Ha dunque errato la C.T.R. – secondo l’Agenzia – nell’affermare il contrario, essendo il C. già decaduto dal relativo diritto, alla data del 26.2.2009; ciò anche perchè la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, pure richiamato dal giudice d’appello, concerne il soggetto che abbia versato le imposte (e quindi il sostituto d’imposta) e non chi si sia avvalso, invece, della sostituzione, non potendo procedersi, in subiecta materia, ad interpretazioni estensive o analogiche.

2.1 – Va anzitutto rilevato che la notifica del ricorso è stata effettuata dall’Agenzia delle Entrate sia presso il domicilio eletto dal contribuente, sia presso la sua residenza. Orbene, non v’è prova del perfezionamento della notifica presso il domicilio eletto, ma essa è stata di certo regolarmente eseguita presso la residenza del C., per compiuta giacenza, come risulta dalla copia della cartolina in atti. Tanto basta, ai fini della ritualità dell’impugnazione, essendosi condivisibilmente stabilito che “Ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, l’impugnazione, quando non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata o dall’elezione di domicilio o dalla dichiarazione di residenza al momento di tale notificazione, può essere notificata alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati nella citata disposizione, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante, dovendosi escludere che la norma prescriva un tassativo ordine di successione dei luoghi suddetti, anzichè un concorso alternativo degli stessi” (Cass. n. 34252/2019).

3.1 – Ciò posto, il primo motivo è infondato.

Sulla questione agitata col mezzo in esame, è assolutamente consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini della previsione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, le posizioni di chi ha già pagato, e di chi deve ancora pagare, siano in tutto equiparate. In proposito, è stato da ultimo condivisibilmente affermato, con principio cui si intende dare piena continuità, che “In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del 2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di ‘ius superveniens’ favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto ‘ex post”‘ (Cass. n. 4291/2018).

4.1 – Il secondo motivo è infondato.

Nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la questione della piena legittimazione alla richiesta di rimborso L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 17, anche da parte di lavoratore dipendente (quale effettivo soggetto passivo d’imposta) è stata affrontata – e risolta in senso affermativo – da Cass. n. 14406/2016, che ha così statuito: “In tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, può essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) sia dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) nella sua qualità di lavoratore dipendente” (nello stesso senso, Cass. n. 15026/2017, Cass. n. 4291/2018, e su un piano più generale, Cass. n. 16105/2015; da ultimo, seppur implicitamente, da Cass. n. 20343/2019).

5.1 – Anche il terzo motivo è infondato.

La L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, ha definitivamente chiarito che il termine biennale (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 2, secondo periodo) per la presentazione dell’istanza in parola “è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, ossia dal 1 marzo 2008 (Cass. n. 4291 del 22/2/2018; Cass. 5113 del 21/2/2019; Cass. n. 10396 del 12/4/2019; Cass. n. 5304 del 22/2/2019)” (così, da ultimo, Cass. n. 20343/2019).

L’istanza del C. è stata avanzata il 26.2.2009, sicchè correttamente la C.T.R. l’ha considerata tempestiva. Nè è sostenibile la tesi, pure propugnata dall’Agenzia col mezzo in esame, secondo cui il citato intervento normativo del 2014 si riferisca esclusivamente al soggetto che “ha versato”, ossia al sostituto d’imposta, giacchè ai fini che qui interessano ciò che rileva, come evidenziato nello scrutinio del motivo precedente, è l’individuazione del soggetto passivo d’imposta. Non è dunque revocabile in dubbio che il disposto della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, sia applicabile anche nei confronti del lavoratore subordinato-sostituito, quale è stato accertato essere l’odierno intimato.

6.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato. Nulla va disposto sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato.

Del pari, nulla va infine disposto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, trattandosi di ricorso proposto da Amministrazione dello Stato, ammessa alla prenotazione a debito (Cass. n. 1778/2016).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno 3.10.2019 e – a seguito di riconvocazione con collegamento da remoto disposta dal Presidente ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-quinquies, conv. in L. n. 27 del 2020, il 12 maggio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

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