Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23080 del 17/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 17/09/2019), n.23080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21403-2014 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA UGO DE

CAROLIS 31, presso lo studio dell’avvocato VITO SOLA, rappresentato

e difeso dall’avvocato SABATO GIUSEPPE PERNA;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 607/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 22/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. MAURA CAPRIOLI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

Ritenuto che:

Con ricorso depositato in data 12.7.2011 C.A. impugnava l’iscrizione di ipoteca su immobile ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, denunciandone l’illegittimità per l’assenza di notifiche delle cartelle di pagamento e l’insussistenza del credito posto a fondamento dell’iscrizione ipotecaria.

Si costituiva Equitalia s.p.a. tardivamente esibendo copia delle relate di notifica delle cartelle esattoriali.

Con sentenza CTP Napoli 22 gennaio 2011, n. 802, accoglieva il ricorso rilevando l’impossibilità di verificare la documentazione prodotta da Equitalia s.p.a.. Avverso tale pronuncia proponeva appello Equitalia s.p.a. chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza.

Con sentenza n. 607/2014 la CTR Napoli dichiarava inammissibile il ricorso. In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame di Equitalia, per difetto dell’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

Osservavano comunque nel merito i giudici di appello che a fronte della contestazione sollevata dalla contribuente in merito all’omessa notifica delle cartelle esattoriali Equitalia per ottemperare all’obbligo di legge avrebbe dovuto produrre in giudizio anche la copia della cartella di pagamento fornendo in tal modo la prova della correttezza della procedura e non solo la ricevuta di ritorno della raccomandata con la quale è stata notificata la predetta cartella. Equitalia propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidandosi a due motivi.

C.A. non si costituisce.

Diritto

Ritenuto che:

Con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53,58,23,32 e 34 per aver la CTR ritenuto inammissibile l’atto di appello per difetto di specificità nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo della controversia discusso fra le parti in relazione agli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2714 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24, 26, del D.L. n. 669 del 1996, art. 5 convertito nella L. n. 30 del 1997, D.M. 3 settembre 1999, n. 321, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 in relazione all’artt. 360 c.p.c., n. 4.

La prima censura è fondata, con assorbimento del secondo motivo.

Occorre premettere (Cass. S.U. 384/2007; Cass. 17004/2015) che “qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gradata”.

Nella specie, deve ritenersi che la decisione della C.T.R. abbia, con autonoma ratio, anzitutto dichiarato inammissibile l’appello per difetto di motivi specifici, entrando poi tuttavia anche nel merito della questione controversa.

Ora, questa Corte ha affermato che “In tema di contenziose tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello: benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulare, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposto dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere specifici i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purchè in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, le parte espositiva e le conclusioni” (Cass.1224/2007; 2017 nr 20379; Cass. 2018 nr 32810; Cass. 32805/2018).

Come poi ribadito sempre da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”.

Ciò posto nel caso di specie la CTP aveva accolto il ricorso della contribuente incentrando la motivazione sul fatto che a causa della tardiva costituzione dell’Amministrazione non poteva essere esaminato ai fini probatori la documentazione prodotta dalla convenuta.

L’appellante ha contestato l’iter argomentativo seguito dal primo giudice sostenendo che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, il Giudice Tributario non poteva esimersi dall’esaminare i documenti depositati in occasione di detta costituzione quantunque tardiva facendo richiamo ad un principio giurisprudenziale espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7329 del 2003.

Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

In via generale, va rilevato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito.

Tale principio, più volte applicato quando all’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte privata a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo (tra le molte, v. Cass. n. 1200 del 22/1/2016; Cass. n. 16163 del 3/8/2016; Cass. n. 7639 del 22/03/2017; Cass. n. 9937 del 20/04/2018; Cass. n. 11061 del 11/05/2018).

E’ invero necessario, in coerenza con quanto statuito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 27199 del 16/11/2017) con riguardo agli artt. 342 e 434 c.p.c., che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, sicchè alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante in vista della critica, e confutazione, delle ragioni del primo giudice.

Ciò non significa, peraltro, che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso, infatti, può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (Sez. U, n. 27199/2017), i motivi d’appello non possono considerarsi assenti o carenti quando, come nella specie l’atto d’appello contenga una esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicchè essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall’intero atto d’impugnazione Cass. 2018 n. 32950)

Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il restante, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame della vertenza ed a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il restante, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019

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