Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23079 del 03/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/10/2017, (ud. 06/09/2017, dep.03/10/2017),  n. 23079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27602/2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

L.S., F.S., M.M., MA.OR.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 521/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 31/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/09/2017 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda proposta dalle odierne parti intimate, assunte con reiterati contratti a tempo determinato alle dipendenze del MIUR, ha condannato il Ministero al risarcimento del danno subito dalle lavoratrici per l’illegittimità dei contratti a termine stipulati, liquidandolo in misura pari a varie mensilità della retribuzione globale di fatto;

la Corte d’appello di Ancona ha accolto in parte l’appello del Ministero, escludendo la declaratoria di illegittimità delle assunzioni e delle proroghe dei vari contratti a tempo determinato e riconoscendo alle ricorrenti il risarcimento del danno, parametrato alle differenze stipendiali derivanti dal riconoscimento della anzianità di servizio in misura pari al trattamento spettante ai dipendenti a tempo indeterminato;

la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda dei lavoratori proposta non solo in connessione con il carattere abusivo della reiterazione dei contratti a termine ma anche sotto il profilo discriminatorio rispetto al trattamento stipendiale riconosciuto al personale di ruolo – fosse fondata alla luce dell’art. 4 dell’Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE (oltre che con il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6), il quale consente un trattamento differenziato tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato sulla base di ragioni oggettive, che non possono essere ravvisate nella mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego;

contro la sentenza propone il Ministero propone ricorso per cassazione, articolando un unico complesso motivo; la parte intimata non svolge attività difensiva;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;

il MIUR ha depositato rinuncia al ricorso;

non notificata alla controparte;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

la rinuncia semplice, in presenza di parte non costituita, determina l’estinzione del procedimento;

la rinunzia al ricorso per cassazione, invero, non ha carattere cosiddetto accettizio, nel senso che non richiede l’accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971), ma carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259);

l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo dell’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

nella specie alla declaratoria di estinzione del processo non segue alcuna statuizione sulle spese, essendo la controparte rimasta intimata;

infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560), e la qualità della parte ricorrente, che in quanto Amministrazione dello Stato è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo atteso il meccanismo della prenotazione a debito (cfr. Cass. 1778/2016), escludono l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione.

PQM

 

La Corte dichiara l’estinzione del processo; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2017

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