Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23076 del 03/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/10/2017, (ud. 06/09/2017, dep.03/10/2017),  n. 23076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24054/2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO n.

23, presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO CARAPELLE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 375/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/09/2017 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha rigettato l’appello proposto dal Ministero della Istruzione, Università e Ricerca contro la sentenza del Tribunale che, in accoglimento della domanda proposta da L.P.C., aveva condannato il Ministero a pagare alla ricorrente le differenze retributive conseguenti all’accertamento del diritto alla progressione stipendiale, attribuita al personale di ruolo sulla base del principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, come sancito dall’art. 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato;

la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda della ricorrente, assunta come docente con una pluralità di contratti a termine reiterati nel tempo, fosse fondata alla luce del principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all’art. 4 dell’Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE (oltre che con il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6), il quale consente un trattamento differenziato tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato sulla base di ragioni oggettive, che non possono essere ravvisate nella mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di un unico motivo;

la parte intimata ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con l’unico complesso motivo il MIUR denuncia la violazione dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEE del 18/3/1999, recepito con Direttiva 1999-70-CE; del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6; D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, convertito in legge con modif. dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2; D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 526; L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4;

1.1. in sintesi, il ricorrente sostiene che le supplenze stipulate per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo sulla base della normativa di settore non violano la direttiva comunitaria, che ha come finalità solo quella di coniugare le esigenze di flessibilità del lavoro e di sicurezza dei lavoratori, per cui attribuisce rilievo alle esigenze di specifici settori, che giustificano il ricorso alla tipologia contrattuale e le differenziazioni fra lavoratori a tempo determinato ed indeterminato;

1.2. il motivo nella parte in cui insiste sulla legittimità dei contratti a termine, sulla specialità del sistema di reclutamento scolastico, sulla esistenza di ragioni oggettive legate alla necessità di assicurare la continuità didattica, sovrappone e confonde il principio di non discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE), con il divieto di abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo;

1.3. il motivo è comunque infondato, in quanto la sentenza impugnata, nel riconoscere l’anzianità di servizio ai fini retributivi, si pone in linea con il principio di diritto recentemente affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”; 1.4. a dette conclusioni, ribadite da ultimo da Cass. ord. 12/7/2017, n. 17168, la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

1.5. il ricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

2. in conclusione, il ricorso va respinto;

3. la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e solo di recente composta dall’intervento di questo Giudice di legittimità, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

4. non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2017

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