Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23071 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4405-2019 proposto da:

EUROMAC PLUS SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO VOCE;

– ricorrente –

contro

OFFICINA M. SRL, già M. DI M. FABRIZIO & C.

SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE, 43, presso lo studio

dell’avvocato LIVIA LORENZONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCO GRIGNOLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1647/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

il Tribunale di Firenze, allora Sezione Distaccata di Pontassieve, accogliendo in parte la domanda della M. s.a.s. di M.F. & C., avanzata nei confronti della Euromac Plus s.r.l. in liquidazione, condannò la convenuta al pagamento della complessiva somma di Euro 37.193,78, oltre accessori, quale compenso per la produzione di talune componenti meccaniche di macchinari industriali, che quest’ultima aveva avuto commessa d’assemblare da un’azienda tedesca;

che la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettò l’impugnazione della Euromac Plus;

che avverso la statuizione d’appello ricorre l’appellante, illustrando unitaria censura e che la controparte resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria;

ritenuto che la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 1670 c.c., nonchè mancata applicazione dell’art. 1353 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, muovendo le seguenti critiche.

– l’art. 1670 c.c., era stato erroneamente evocato dalla sentenza, in quanto non si era in presenza dell’azione di regresso dell’appaltatore nei confronti del sub-appaltatore, ma dell’azione del sub-appaltatore proposta nei confronti dell’appaltatore;

– era rimasto provata la tempestiva denunzia della ricorrente, al momento in cui aveva ricevuto le contestazioni dell’azienda straniera (si fa riferimento in ricorso alle testimonianze di M.E. e R.G.);

– la Corte aveva errato nel non disporre la riunione con altro giudizio pendente davanti al Tribunale di Siena tra la Euromac Plus e la società tedesca, avente ad oggetto i difetti delle opere commissionate;

– non era stata fatta applicazione dell’art. 1353 c.c., avendo la Corte locale negato che con la scrittura del 5/10/2006 fosse stata posta una condizione sospensiva, che subordinava il pagamento del corrispettivo all’accettazione e al pagamento dei materiali da parte della prima committente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il motivo è manifestamente infondato per le ragioni di cui appresso:

a) la pretesa, secondo cui l’art. 1670 c.c., disciplinerebbe la sola ipotesi in cui l’appaltatore agisca in regresso nei confronti del subappaltatore, ma non quella speculare in cui sia il sub-appaltatore ad agire, davanti all’inadempimento dell’appaltatore, il quale, in questo caso sarebbe esonerato dal provare di avere comunicato al primo, nel termine decadenziale di sessanta giorni, di aver ricevuto la contestazione da parte del committente, è priva di giuridico fondamento; così ragionando, infatti, si differenzierebbero le due situazioni, che sono il rovescio della stessa medaglia, del tutto irragionevolmente: la pretesa di andare esente dal pagamento del corrispettivo dell’appaltatore, infatti, trova fondamento, in entrambe le ipotesi (nel primo, agendo in regresso e nel secondo, eccependo l’avverso inadempimento) nel vizio dell’opera contestato dal committente;

b) a parte ogni altra valutazione, la ricorrente inammissibilmente non spiega dove e quando abbia avanzato la richiesta di riunione per connessione (l’altra causa, secondo la narrazione, pendeva a Siena) e, quindi, se una tal richiesta sia stata tempestivamente proposta ex art. 40 c.p.c.;

c) aspecifico sotto il profilo del difetto dell’autosufficienza risulta la denunziata omessa applicazione dell’art. 1353 c.c., poichè la Corte non è stata posta in condizione di conoscere l’atto;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore della controricorrente siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,se dovuto.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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