Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23070 del 17/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 17/09/2019), n.23070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23283-2014 proposto da:

VILLA ROSA SRL, in persona dell’Amm.re e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA RAFFAELE CAVERNI 16,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GIANSANTE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIANNI IERARDI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GUIDONIA MONTECELIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLE PROVINCE 114 B/23,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA D’AMICO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ELVIRA DI MEZZO giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/06/2019 dal Consigliere Dott. ALDO CRISCUOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IMMACOLATA ZENO che ha concluso per l’inammissibilità del 1 motivo

di ricorso, rigetto dei restanti;

udito per il ricorrente l’Avvocato IERARDI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DI MEZZO che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La VILLA ROSA s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 196/9/13, depositata in data 1.7.2013, con la quale la CTR del Lazio aveva respinto l’appello proposto avverso la decisione della CTP di Roma che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso riguardante la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa all’ICI degli anni 2002 e 2003, notificata dalla Equitalia Gerit s.p.a. nella qualità di Agente della riscossione per conto del comune di GUIDONIA MONTECELIO.

Il ricorso è stato affidato a quattro motivi e, precisamente:

1 = omesso esame del decisivo contenuto del ricorso proposto avanti la CTP in realtà correlato a tutte le questioni poi dibattute nel giudizio di appello (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5);

2 = violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 57, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4);

3 = violazione e falsa applicazione degli artt. 145 e 148 c.p.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., n. 3);

4 = violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 3, e dell’art. 148 c.p.c., comma 1.

Il Comune di GUIDONIA MONTECELIO resiste con controricorso.

La ricorrente ha prodotto memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’ordine logico delle questioni sottoposte all’esame della Corte con il ricorso impone di trattare, in via preliminare, le censure introdotte con i motivi terzo e quarto rispetto a quelle relative ai primi due motivi di gravame.

Con il terzo e quarto motivo la ricorrente società VILLA ROSA lamenta violazione da parte della CTR della normativa sulle notificazioni a mezzo posta; sia per la impossibilità di comprendere la firma del consegnatario, stante anche la mancanza della indicazione delle sue qualità e generalità, sia per l’assenza di relata di notifica da parte dell’agente postale.

Entrambe le doglianze sono infondate.

Con riferimento alla firma, infatti, una volta precisato che il giudice del merito ha accertato che la notificazione dell’avviso prodromico era stato fatto presso la sede sociale e a mani dei legale rappresentante, la società ricorrente, per contestare tali affermazioni, avrebbe dovuto proporre querela di falso avverso le risultanze dell’avviso di accertamento e fornire, pertanto, prova contraria a quanto attestato dall’agente postale.

Del tutto irrilevante, poi, è da considerare la circostanza riguardante la illeggibilità della sottoscrizione apposta dal destinatario, come pure la mancata identificazione.

Va riaffermato, in proposito, il principio affermato più volte dalla Corte (tra le altre, ord. n. 16289 dei 31.7.2015) secondo cui in caso di notifica mezzo posta l’avviso di ricevimento fa fede fino a querela di falso, della consegna al destinatario sempre che l’atto sia stato consegnato presso il suo indirizzo e che il destinatario abbia apposto la propria firma, anche se illeggibile, nel relativo spazio destinato alla sottoscrizione.

Parimenti infondata è, poi, la doglianza riguardante la “relata” dato che, trattandosi di notificazione effettuata direttamente dall’ente impositore senza il tramite dell’ufficiale giudiziario a mezzo del servizio postale, non vi è necessità di relata di notifica, bastando, a tal fine, l’avviso di ricevimento. Nè, infine, risultando la consegna avvenuta a mani del legale rappresentante della società vi era necessità dell’invio della seconda raccomandata informativa (Cass. cent. 14501 del 15.7.2016).

Il primo e il secondo motivo riguardanti l’omesso esame e, comunque, violazione di legge sostanziale e processuale in quanto, secondo la ricorrente, l’eccezione di mancata notificazione dei prodromici avvisi di accertamento era già stata formulata sin dal ricorso introduttivo e successivamente specificata con memoria a seguito della produzione degli avvisi di ricevimento da parte del Comune – possono considerarsi unificabili; così da decretarne la inammissibilità;

Va, infatti, richiamato in proposito il costante orientamento espresso dalla Corte in innumerevoli pronunzie (ex multis: Cass. n. 12372/06; 18170/06; SU 7931/13) secondo cui quando una decisione di merito impugnata in sede di legittimità si fonda su distinte e autonome “rationes decidendi” ognuna delle quali sufficiente, da sola a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite “rationes”, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che rigettato o dichiarato inammissibile il motivo che investe una delle riferite argomentazioni a sostegno della sentenza impugnata sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati non per questo potrebbero portare alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della “ratio” ritenuta corretta.

La reiezione del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese forfettarie e accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, dà atta dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019

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