Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23066 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 11/11/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 11/11/2016), n.23066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16402-2011 proposto da:

CASSA DI RISPARMIO DI ALESSANDRIA S.P.A., (c.f./p.i. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23, presso l’avvocato CINZIA DE

MICHELI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOVANNI CANIGGIA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.L., (c.f. (OMISSIS)), P.L. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO 32,

presso l’avvocato LIDIA SGOTTO CIABATTINI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FULVIO CASSANO, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 135/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 02/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato C. DE MICHELI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

uditi, per i controricorrenti, gli Avvocati F. CASSANO e L. SGOTTO

CIABATTINI che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – G.L. e P.L. hanno convenuto la Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. dinanzi al Tribunale di Alessandria e, dopo aver premesso di avere acquistato per il tramite della convenuta obbligazioni (OMISSIS) 7,5% per un controvalore di 114.000, aggiungendo che la società emittente era stata colpita da default dell’importo menzionato oltre accessori, ovvero accertarsi la responsabilità precontrattuale, contrattuale o extracontrattuale della banca per violazione dei doveri di correttezza, diligenza e informazione, con condanna della medesima al risarcimento del danno.

La Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. ha resistito alla domanda.

2. – Il Tribunale di Alessandria, con sentenza del 14 febbraio 2008, ha respinto la domanda e compensato le spese di lite.

3. – Proposto appello da parte di G.L. e P.L., con intervento del Procuratore Generale, che ha chiesto l’accoglimento dell’appello, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 2 febbraio 2011, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato la Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. al pagamento, in favore degli originali attori, della somma di Euro 106.518,75, oltre interessi e rivalutazione dal 3 novembre 2000, regolando conseguentemente le spese di lite.

La Corte d’appello, per quanto rileva, ha così motivato:

-) legittimamente gli attori avevano unicamente coltivato, rispetto alla domanda originariamente proposta, la sola azione risarcitoria fondata sugli inadempimenti attribuiti alla banca, derivanti dalle carenze informative che avevano contrassegnato l’operazione di investimento, dalla violazione delle prescrizioni in tema di adeguatezza dell’operazione e dal conflitto di interessi concernenti la medesima, dal momento che, in tal modo, essi avevano dato luogo non già ad una inammissibile mutatio, bensì, semmai, ad una semplice riduzione della pretesa, alla quale era rimasta estranea anche la domanda di risoluzione;

-) era conseguentemente irrilevante l’eccezione della banca secondo cui vi sarebbe stata assoluta incertezza sul contratto oggetto della domanda di risoluzione (se, cioè, essa fosse riferita al contratto quadro ovvero all’ordine di acquisto dei titoli), dal momento che la controversia, all’esito della riduzione della domanda, non aveva ad oggetto la risoluzione, ma il risarcimento del danno derivante da comportamenti posti in essere in violazione della normativa applicabile e collocati nella fase contrattuale del rapporto, essendo l’ordine di acquisto successivo alla stipulazione del contratto quadro;

-) non sussisteva la lamentata genericità ed indeterminatezza della domanda con riguardo alla sostanza dell’inadempimento contestato, giacchè gli attori avevano dedotto la mancanza di informazioni sulle caratteristiche dei titoli e sui rischi dell’investimento, nonchè l’acquisto in violazione delle prescrizioni normative in materia di adeguatezza dell’operazione;

-) in effetti, la banca non aveva rispettato tale normativa, nulla essendo emerso dalle dichiarazioni del teste S., ossia del funzionario con cui aveva interagito il G., in ordine alle informazioni nella specie somministrate;

-) quantunque il G. avesse omesso di fornire informazioni concernenti il proprio profilo di rischio, era da ritenere che una sua particolare propensione al rischio dovesse essere esclusa proprio in considerazione della tipologia dei titoli fino ad allora nel suo portafoglio e, in ogni caso, il rifiuto di fornire informazioni non esonerava la banca dal valutare concretamente l’adeguatezza dell’operazione, adeguatezza che in questo caso non sussisteva già alla luce delle dichiarazioni del teste S., il quale aveva ritenuto che l’investimento dovesse essere diversificato;

-) la banca, dunque, in mancanza di una conferma scritta, non avrebbe potuto dar corso all’investimento;

-) se la banca si fosse attenuta alla disciplina dettata in proposito, l’investimento non avrebbe avuto luogo e, con esso, non si sarebbe verificato il danno patito dagli attori.

4. – La Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.

G.L. e P.L. hanno resistito con controricorso.

Ha depositato memoria la Banca Popolare di Milano S.c.a.r.l., incorporante la Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. – Il ricorso contiene sette motivi.

5.1. – Il primo motivo è intitolato: “Violazione di norme procedurali art. 112 c.p.c.. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Secondo la società ricorrente la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare sulla difesa che essa aveva spiegato, sottolineando che gli originari attori avevano proposto le proprie domande con riferimento al solo contratto di compravendita dei titoli e mai al contratto quadro, sicchè avrebbe conseguentemente pronunciato ultra petita, dal momento che gli inadempimenti addebitati alla Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. sarebbero stati affermati dalla Corte territoriale per l’appunto con riferimento al contratto quadro.

p. 5.2. – Il secondo motivo è intitolato: “Violazione di norme processuali (artt. 342 e 345 c.p.c.). Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Sostiene la Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A., in collegamento con il motivo precedente, che la domanda concernente il contratto quadro era inammissibile in quanto nuova poichè mai ritualmente introdotta in primo grado.

5.3. – Il terzo motivo è intitolato: “Violazione di norme processuali art. 112 c.p.c.. Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Afferma la ricorrente che la corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sull’inammissibilità delle domande proposte in via alternativa e subordinata, nel primo grado del giudizio, nella memoria di cui al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 6. Ancora una volta si lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di chiarire se gli attori avessero proposto le loro domande con riferimento al contratto quadro o al contratto di acquisto dei titoli, scrutinando conseguentemente l’ammissibilità della relativa domanda.

5.4. – Il quarto motivo è intitolato: “Omessa motivazione. Motivazione apparente. Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Secondo la ricorrente la motivazione addotta dalla Corte territoriale in ordine alle difese ed eccezioni richiamate nei precedenti motivi era meramente apparente, neppure essendo stato spiegato per quale ragione gli inadempimenti addebitati alla banca si collocassero dal versante contrattuale.

5.5. – Il quinto motivo è intitolato: “Violazione di norme processuali artt. 112 – 342 c.p.c.. Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

La censura muove dall’assunto che gli originari attori, nel proporre appello contro la sentenza che aveva rigettato la loro domanda, non avevano censurato l’affermazione del Tribunale secondo cui non era emersa alcuna prova che la banca fosse al corrente di circostanze tali da far pronosticare l’imminente default del gruppo Cirio. Ciò detto, la ricorrente ha evidenziato che la presenza di uno specifico rischio – nel caso di specie escluso, non potendo essere pronosticato il default – costituiva presupposto dell’obbligo dell’intermediario di fornire specifiche informazioni sulla rischiosità dell’investimento, anche ai fini del giudizio di adeguatezza del medesimo. Viceversa, la Corte d’appello non solo non aveva pronunciato su tale eccezione ma, al contrario, aveva dato per acquisito che i titoli Cirio presentassero un rischio particolare invece insussistente.

p. 5.6. – Il sesto motivo è intitolato: “Motivazione illogica. Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Sostiene la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe inficiata da un gravissimo errore, dal momento che, esclusa la conoscibilità della prossima insolvenza dell’emittente e la conseguente rischiosità dell’operazione, mancava il presupposto per la formulazione del giudizio sull’osservanza degli obblighi informativi e sull’adeguatezza o meno dell’investimento, il che avrebbe dovuto condurre anche ad una diversa valutazione delle dichiarazioni del teste S..

5.7. – Il settimo motivo è intitolato: “Motivazione illogica. Censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Sostiene la ricorrente che il ragionamento svolto dal giudice di merito sarebbe illogico e contraddittorio, avendo la Corte d’appello affermato che in mancanza di informativa scritta non era dato risalire alle specifiche informazioni che la banca aveva trasmesso al cliente, mentre nessuna informativa scritta la banca doveva fornire oltre a quella contenuta nel documento sui rischi generali, ritualmente consegnato. Illogico era anche il ragionamento svolto sul “documento interno alla banca”, menzionato dal teste S., dal quale sarebbero emerse le caratteristiche degli investimenti in discorso. La Corte d’appello, inoltre, nel delineare il profilo di rischio del G. aveva omesso di considerare documentazione da cui risultava che egli perseguiva un risultato aggressivo rispetto al mercato, aveva una propensione al rischio medio-alta ed esperienza in investimenti finanziari in titoli di Stato, azioni, fondi e titoli esteri.

p. 6. – Il ricorso va respinto.

6.1. – I primi tre motivi, che per il loro collegamento possono essere trattati simultaneamente, sono infondati.

Non è dato comprendere da cosa la società ricorrente abbia ritenuto di desumere che le violazioni attribuite ad essa sarebbero state affermate dalla Corte d’appello “con riferimento al c.d. contratto quadro”, dal momento che la sentenza impugnata non contiene invece alcun passaggio motivazionale che deponga in tal senso, neppure sussistendo alcun nesso di implicazione necessaria in forza del quale lo scrutinio dell’osservanza degli obblighi normativamente gravanti sull’intermediario finanziario in sede di stipulazione dell’acquisto di titoli presupponga e richieda l’esame di una domanda di accertamento dell’inadempimento del contratto quadro.

Questa Corte ha in proposito da tempo chiarito che: “Dal “contratto quadro”… derivano obblighi e diritti reciproci dell’intermediario e del cliente. Le successive operazioni che l’intermediario compie per conto del cliente, benchè possano a loro volta consistere in atti di natura negoziale, costituiscono pur sempre il momento attuativo del precedente contratto d’intermediazione. Gli obblighi di comportamento cui alludono le citate disposizioni della L. n. 1 del 1991, art. 6 (non diversamente, del resto, da quelli previsti dal più recente D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21), tutti in qualche modo finalizzati al rispetto della clausola generale consistente nel dovere per l’intermediario di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell’interesse del cliente, si collocano in parte nella fase che precede la stipulazione del contratto d’intermediazione finanziaria ed in altra parte nella fase esecutiva di esso. Attiene evidentemente alla fase prenegoziale l’obbligo di consegnare al cliente il documento informativo menzionato nella lett. b) della citata disposizione dell’art. 6, ed attiene sempre a tale fase preliminare il dovere dell’intermediario di acquisire le informazioni necessarie in ordine alla situazione finanziaria del cliente, come prescritto dalla successiva lett. d), così da poter poi adeguare ad essa la successiva operatività. Ma doveri d’informazione sussistono anche dopo la stipulazione del contratto d’intermediazione Attengono del pari al momento esecutivo del contratto i doveri di contenuto negativo posti a carico dell’intermediario: quelli di non consigliare e di non effettuare operazioni di frequenza o dimensione eccessive rispetto alla situazione finanziaria del cliente” (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724).

Ebbene, è di tutta evidenza, in tale contesto, che, mentre le impugnative negoziali indirizzate contro il contratto quadro producono necessariamente ricadute, almeno potenziali, sulle successive operazioni compiute in esecuzione di esso, giacchè, se cade detto contratto, cadono anche i momenti attuativi di esso, non è affatto vera la proposizione contraria, essendo ben possibile che il cliente investitore aggredisca il solo singolo ordine di acquisto (perchè solo per quell’ordine non ha ricevuto le informazioni previste, ovvero perchè sussisteva il conflitto di interessi, ovvero perchè quella singola operazione era inadeguata, eccetera), senza che ciò implichi la proposizione di una domanda volta, nel più ampio senso del termine, alla caducazione del contratto quadro.

Tale è la situazione nei cui riguardi è stata pronunciata la sentenza impugnata, dal momento che la Corte d’appello, lungi dal pronunciare con riguardo al contratto quadro, si è limitata a ritenere che la singola operazione di acquisto concernente i bond Cirio fosse inadeguata al profilo di rischio dell’investitore.

p. 6.2. – Il quarto motivo (che peraltro è frutto di un errore concettuale, dal momento che, essendo la Corte di cassazione giudice del fatto processuale, non è configurabile un vizio di motivazione in riferimento ad un error in procedendo, errore che, come tale, o è sussistente o non lo è) rimane per conseguenza assorbito.

6.3. – Il quinto, sesto e settimo motivo, che per il loro collegamento possono anch’essi essere simultaneamente esaminati, sono inammissibili.

Al di là di ogni considerazione di contorno sull’osservanza degli obblighi informativi concernenti le obbligazioni Cirio e sul profilo di rischio del G., sta di fatto che la sentenza impugnata è sostenuta da una autonoma ratio decidendi che non è neppure sfiorata dall’impugnazione: ed invero, la Corte d’appello ha seguito un ragionamento, del tutto piano, che può così riassumersi:

1) la banca intermediaria, per il tramite del proprio funzionario S., aveva rilevato in concreto l’inadeguatezza dell’operazione posta in essere dal G., per il fatto che questi aveva smobilitato un proprio precedente investimento e lo aveva per intero destinato all’acquisto delle obbligazioni Cirio, mentre il reinvestimento della somma di cui egli disponeva avrebbe dovuto essere, per ragioni di cautela, opportunamente diversificato;

2) essendo l’operazione inadeguata sulla base della valutazione in proposito compiuta dalla stessa banca, questa non poteva accontentarsi dell’ordine verbalmente impartito dal G., ma, secondo la previsione dell’art. 29 del regolamento Consob numero 11.522 del 1998, dopo aver informato il cliente, doveva munirsi di un ordine impartito per iscritto contenente esplicito riferimento alle avvertenze somministrate al cliente medesimo;

3) ove la banca avesse osservato detta previsione normativa, l’investimento non avrebbe avuto luogo e, conseguentemente, gli investitori non avrebbero subito il pregiudizio poi patito per effetto del default Cirio.

Sicchè, quale che fosse la prevedibilità di tale evento da parte della banca, quali che fossero le informazioni fornite al G., sta di fatto che Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A. non doveva dar corso ad un ordine mancante del requisito formale richiesto.

Il che comporta inammissibilità dei motivi esaminati, non avendo essi colto la ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata.

7. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore di G. e P., delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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