Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23064 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19008-2019 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITO

GIUSEPPE GALATI 100/C, presso lo studio dell’avvocato ANNA D’ALISE,

rappresentata e difesa dagli avvocati SEBASTIANO SCHIAVONE, GAETANO

IROLLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2001/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositata il 24/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Napoli, decidendo in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, a seguito di espletamento di nuova consulenza tecnica, in accoglimento del ricorso, accertava la sussistenza del requisito sanitario in relazione all’assegno mensile di assistenza, con decorrenza dalla revoca in sede amministrativa; condannava l’Inps al pagamento delle spese di lite relative alla fase di opposizione, con compensazione di quelle relative alla prima fase in ragione della “diversità degli accertamenti medico legali”;

avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione R.P., sulla base di unico motivo;

l’Inps ha depositato procura speciale;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 24 Cost.; deduce che è stata integralmente accolta la sua domanda, con riconoscimento della prestazione richiesta a far data dalla revoca della stessa, e che, a fronte della totale soccombenza, erroneamente il Tribunale avrebbe indicato, quale ragione di compensazione delle spese dell’ATP, il diverso esito delle consulenze disposte nelle due fasi;

il motivo è fondato;

il procedimento è disciplinato, ratione temporis, dall’art. 92 c.p.c., nel testo attualmente vigente (il giudizio risulta introdotto il 2.2.2016), a tenore del quale le spese possono essere compensate, parzialmente o per intero, “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”;

alle ipotesi tipizzate va aggiunta – per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 19 aprile 2018 n. 77, additiva di accoglimento -quella in cui “sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”;

deve ritenersi tuttora valido (v. Cass. n. 29130 del 2019 in motivazione) il principio – enunciato dalle Sezioni Unite nell’arresto del 22.2.2012 n. 2572 e ribadito dalla giurisprudenza successiva (per tutte: Cass. n. 22333 del 2017) in relazione al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, vigente anteriormente al D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13 – secondo cui la disposizione, nella parte in cui consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorchè ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la funzione interpretativa – applicativa di una disposizione formulata con clausola generale ha infatti una valenza integrativa del precetto legale e postula, quindi, una questione di diritto;

nella fattispecie di causa, ove è esclusa la ricorrenza di una ipotesi di soccombenza reciproca, neppure è configurabile un’analoga, grave ed eccezionale ragione;

i motivi esplicitati dal giudice di merito a giustificazione dell’esercizio del potere di disporre la compensazione – con i quali si sono solo evidenziati i diversi esiti delle due consulenze- si pongono in contrasto con i principi dell’ordinamento, poichè, come già osservato da questa Corte in fattispecie similare (Cass., n. 23090 del 2018), si risolvono, nella sostanza, nell’affermazione di “una limitazione del diritto a contrastare l’esito dell’accertamento tecnico ritenuto erroneo, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento alla verifica in fase di opposizione all’accertamento”;

il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza cassata limitatamente alla statuizione relativa alla compensazione delle spese di ATP. Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte, decidendo nel merito, provvede alla liquidazione delle stesse in misura pari ad Euro 911,00 da porre a carico dell’Inps, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% (per la determinazione delle spese in relazione al giudizio ex art. 445 bis c.p.c., cfr., ex plurimis, Cass. n. 28977 del 2018 e successive conformi) da distrarsi, ex art. 93 c.p.c., in favore dei difensori;

le spese del presente giudizio si liquidano come da dispositivo, con attribuzione agli avv.ti G. Irollo e S. Schiavone.

PQM

La corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’INPS al pagamento delle spese relative alla fase di ATP, liquidate in Euro 911,00, oltre spese generali, IVA e CAP come per legge, da distrarsi in favore dei difensori. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con attribuzione agli avv.ti G. Irollo e S. Schiavone.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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