Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23063 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10722-2019 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

NOVELLA 1, presso lo studio dell’avvocato MARIO LUCCI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con decreto del 3.10.2018, il giudice del Lavoro del Tribunale di Roma ha omologato, con decorrenza dal 13.1.2017 e fino al 30.6.2017, l’accertamento positivo del requisito sanitario richiesto ai fini dell’indennità di accompagnamento e ha compensato, interamente, le spese di lite; ha posto a carico dell’INPS le spese dell’accertamento peritale;

per la cassazione della statuizione sulle spese ha proposto ricorso, sulla base di un motivo, G.G.;

l’INPS ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’ art. 91 c.p.c., comma 1, e dell’art. 92 c.p.c., e del D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014; si censura la statuizione con cui il Tribunale ha disposto la compensazione delle spese di lite, pur in assenza dei presupposti di legge, stante la totale soccombenza dell’INPS;

preliminarmente deve essere affermata la ammissibilità dell’odierno ricorso (da qualificarsi come straordinario ex art. 111 Cost.), sulla scorta di quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, tra gli altri, negli arresti n. 6084 del 2014 e n. 26565 del 2016 ai quali, in parte qua, integralmente si rinvia;

nel merito, il motivo è infondato;

vi è da osservare che il giudice dell’omologa, sulla base della relazione peritale depositata il 23.7.2018 (v. ricorso, pag. 2, rigo 23) ha riconosciuto la sussistenza del requisito sanitario in relazione ad un periodo circoscritto (id est: in relazione al periodo “13.1.2017/30.6.2017”);

sulla base delle stesse deduzioni contenute in ricorso, risulta che la ricorrente (che aveva chiesto l’accertamento del requisito sanitario “a decorrere dalla data della domanda amministrativa” e che assume un errore materiale nella indicazione contenuta nel decreto di omologa) ha visto respingere l’istanza di correzione del provvedimento sulla base dell’argomentazione che non si trattava di errore materiale “essendo parziale il riconoscimento della prestazione”;

non ritualmente censurata tale ultima ed espressa valutazione del giudice, (v. in proposito Cass. n. 29096 del 2019 e non, invece, Cass. n. 3668 del 2019 che esamina l’ipotesi differente in cui la difformità tra il contenuto di omologa e quello della CTU può essere direttamente esaminata ai fini della valutazione della corretta statuizione sulle spese), l’accertamento di cui all’omologa è divenuto definitivo ed esso integra un’ipotesi accoglimento parziale della domanda;

invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende -anche in relazione al principio di causalità- una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (Cass., ord., n. 10113 del 2018; Cass. n. 21684 del 2013; Cass. n. 22381 del 2009);

a quest’ultima situazione è riconducibile la fattispecie in esame connotata dal fatto che il requisito sanitario è stato riconosciuto, per un periodo inferiore rispetto alla richiesta della odierna ricorrente (con specifico riferimento al provvedimento di compensazione delle spese in relazione ad omologa dell’ATP, con spostamento di decorrenza del requisito sanitario, v. Cass. n. 26565 del 2016; Cass. n. 31783 del 2018);

deve, quindi, ritenersi realizzata quella situazione di soccombenza reciproca idonea a giustificare la compensazione-parziale o totale- delle spese di lite;

la valutazione, poi, dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (v., tra le altre, Cass. n. 24502 del 2017) insindacabile in questa sede di legittimità;

consegue il rigetto del ricorso;

non si fa luogo a pronuncia sulle spese, avendo la parte ricorrente reso la autodichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.; sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La corte rigetta il ricorso:

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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