Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2306 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/02/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 02/02/2021), n.2306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4391-2019 proposto da:

(OMISSIS) SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore;

R.C., nella qualità di socio accomandatario della predetta

società, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MASSIMI 154, presso

lo studio dell’avvocato CONTU GIOVANNI, rappresentati e difesi

dall’avvocato MURA MATILDE;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.a.s. e del socio illimitatamente responsabile

R.C., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MAZZINI, N. 11, presso lo studio

dell’avvocato RICHTER ELENA STELLA, rappresentato e difeso dagli

avvocati CINCOTTI CRISTIANO, ARRICA FABIO NIEDDU;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Vella

Paola.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 12/12/2016 il Tribunale di Cagliari dichiarò il fallimento della società (OMISSIS) S.a.s. e del socio illimitatamente responsabile R.C., su richiesta del pubblico ministero; la sentenza fu revocata dalla Corte d’Appello di Cagliari che, investita dal reclamo dei falliti ex art. 18 L. Fall., dichiarò il difetto di legittimazione del pubblico ministero, ritenendo che l’informazione da questi chiesta “ad Equitalia (dalla quale era emersa l’esistenza di un debito di Euro 329.814,42) non potesse integrare l’ipotesi di acquisizione di notitia criminis appresa istituzionalmente”, ma integrasse “un arbitrario approfondimento”.

1.1. Dalla sentenza impugnata risulta che “il C. era imputato del reato di cui all’art. 483 c.p. per aver, nell’ambito di una gara di appalto, attestato falsamente di non aver commesso gravi violazioni, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi assistenziali e previdenziali, laddove era risultato non essere in regola con il versamento dei premi assicurativi Inail per il 2011 e di contributi Inps”; tuttavia – si legge nel ricorso – le indagini erano state chiuse il 19/10/2012 e solo in data 20/09/2016 (a distanza di tre mesi dal decreto di giudizio immediato, emesso su opposizione del C. al decreto penale di condanna del 12/09/2013) il pubblico ministero, ravvisando un sintomo di insolvenza nell’omesso versamento dei contributi, aveva aperto un fascicolo processuale (Mod. 45 RNGR) domandando a Equitalia notizie sulla società (OMISSIS), dalle quali era emersa l’esistenza dell’ingente debito.

1.2. Con ordinanza n. 26405 del 2017, la Sezione 6-1 di questa Corte ha accolto il ricorso per cassazione proposto dal Fallimento, richiamando i precedenti nei quali si era già affermato che “la volontà legislativa che emerge dalla lettura dalle ipotesi alternative previste dall’art. 7 L. Fall., comma 1, n. 1, una volta venuta meno la possibilità di dichiarare il fallimento d’ufficio, è chiaramente nel senso di ampliare la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta per dichiarazione di fallimento a tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la “notitia decoctionis% (Cass. 8903/2017, 10679/2014), con l’unico limite che l’attività del P.M. “non si risolva in una mera ricerca d’iniziativa ed ex novo della insolvenza stessa, posto che la insolvenza non è un illecito ovvero una condotta di per sè punibile”.

1.3. Sulla scorta dei principi così affermati, la Corte d’appello di Cagliari, quale giudice di rinvio, ha rigettato il reclamo dei falliti, poichè – per quanto ancora rileva in questa sede – ha ritenuto sussistente la legittimazione del pubblico ministero, “essendo stata la notitia decotionis acquisita nell’ambito della sua attività istituzionale, e non sussistendo una mera ricerca di iniziativa ex novo dell’insolvenza, come sostenuto dai reclamanti, poichè le informazioni da Equitalia sono state assunte dal P.M. medesimo nell’ambito di un approfondimento delle indagini sulle falsità contestate al C. nel procedimento contro lo stesso avviato per il reato di cui all’art. 483 c.p.”, a nulla rilevando la sopravvenuta assoluzione dal reato contestato.

1.4. Avverso detta decisione la società (OMISSIS) e il socio accomandatario C. hanno proposto ricorso per cassazione, corredato da memoria, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.

1.5. A seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2. Senza articolare uno specifico motivo, i ricorrenti sostengono che la Corte d’appello non abbia fatto corretta applicazione dei principi affermati nell’ordinanza di cassazione con rinvio (Cass. 26405/2017), dovendo accertare se il pubblico ministero avesse o meno esercitato legittimamente il suo potere e, in particolare, se gli ulteriori accertamenti presso Equitalia potessero considerarsi uno sviluppo delle indagini relative al processo penale “a carico di R.C., ovvero una nuova ed arbitraria indagine”; sul punto, la sentenza impugnata sarebbe “errata (…) poichè non può affatto ritenersi che (…) la notitia decoctionis sia stata acquisita legittimamente dal P.M.”, essendo il giudice a quo incorso “in una falsa applicazione della legge a causa di un evidente travisamento del fatto”, in quanto “l’apertura di un fascicolo con iscrizione nel registro delle notizie non costituenti reato (mod. 45)” – peraltro “dopo ben 4 anni dalla chiusura delle indagini relative al reato di falso” – avrebbe “rappresentato un’evidente forzatura da parte dell’organo d’accusa, poichè, al momento in cui venne disposta la formazione di tale fascicolo, un’insolvenza della FSG s. a. s. non era affatto emersa”, a fronte solo del “mancato versamento dei contributi INPS e versamenti INAIL” per poche centinaia di curo, e si era invece concretizzata solo successivamente, quando fu disposta l’indagine sulla situazione debitoria della società.

3. Il ricorso è inammissibile poichè veicola censure dirette a contrastare l’accertamento svolto dal giudice di merito, nel rispetto dei principi di diritto fissati dall’ordinanza di questa Corte n. 26405 del 2017, come tale non sindacabile in questa sede.

3.1. Invero, la predetta ordinanza di cassazione con rinvio ha richiamato il consolidato orientamento di questa Corte che, con riguardo alla legittimazione del P.M. ex art. 7 L. Fall., si limita a richiedere “che la notitia decoctionis sia stata appresa nel corso di indagini comunque legittimamente svolte, finanche nei confronti di soggetti diversi o collegati all’imprenditore medesimo, e a prescindere dai tempi di approfondimento investigativo direttamente incidenti sulla società insolvente” (Cass. 2228/2017; cfr. Cass. 8977/2016, 17903/2015, 9260/2011), a fronte di “un’univoca direzione ermeneutica in ordine alla nozione di procedimento penale, non coincidente con il processo penale in senso stretto, cioè il mero segmento processuale in cui sia stata già esercitata l’azione penale”, che “ha trovato una sua collocazione ordinamentale proprio con l’ampia ricognizione dell’insolvenza, quale individuabile anche in altre ipotesi dell’attività del P.M. (…) siano esse di direzione dell’investigazione, rappresentanza nei processi o destinatarietà di informazioni.” (Cass. Sez. U, 9409/2013; Cass. 26043/2013, 18277/2015, 8903/2017); in concreto, la stessa ordinanza ha escluso la possibilità, per il giudice fallimentare, “di sindacare la legittimità dell’indagine penale o della più ampia attività investigativa che da essa tragga comunque fonte (circostanza nella specie peraltro materialmente sussistente, avendo l’approfondimento preso le mosse dalle falsità contestate all’imputato per debiti della società)”.

3.2. Si tratta di un orientamento di legittimità anche di recente confermato (Cass. 646/2019) nell’assunto che “la ratio dell’art. 7 una volta venuto meno il potere del tribunale di dichiarare o officiosamente il fallimento, è chiaramente nel senso di estendere la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta in tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis” (Cass. 10679/2014, 23391/2016), con la conseguenza che “il riferimento contenuto nel n. 1) dell’art. 7 L. Fall. al riscontro della notitia decoctionis “nel corso di un procedimento penale” non deve essere interpretato nel senso riduttivo, prospettato nel motivo di ricorso, non essendo necessaria la preventiva iscrizione di una notitia criminis nel registro degli indagati a carico del fallendo o di terzi”, nè rilevando che esso si sia concluso “con esito favorevole alle persone sottoposte alle indagini” (Cass. 20400/2017, 8977/2016).

4. Orbene, dai suddetti principi non si è discostato il giudice a quo, laddove ha accertato che “nel caso di specie… la notitia decoctionis è stata acquisita dal PM nell’ambito della sua attività istituzionale, e non sussistendo una mera ricerca di iniziativa ex novo dell’insolvena, come sostenuto dai reclamanti, poichè le informazioni da Equitalia sono state assunte dal Pubblico Ministero medesimo nell’ambito di un approfondimento delle indagini sulle falsità contestate al C. nel procedimento contro lo stesso avviato per il reato di cui all’art. 483 c.p.”.

4.1. Del resto, a pag. 18 del controricorso si attesta che, prima dell’udienza del 27/10/2016, fissata per la comparizione dell’imputato, il P.M. aveva dato atto, con nota del 20/09/2016, di aver riscontrato nella condotta di FSG un inadempimento “spia” dell’insolvenza, perciò disponendo l’apertura di un fascicolo “mod. 45” al fine di acquisire dall’agente della riscossione ulteriori informazioni sulla regolarità contributiva della società.

4.2. Pare dunque corretto concludere che, nel sistema delineato dalla rifotiiia fallimentare, caratterizzato dall’abbandono di ogni iniziativa giudiziale officiosa, l’ambito residuo di tutela dell’interesse pubblico alla rilevazione dell’insolvenza è stato soggettivamente ristretto all’iniziativa fallimentare del pubblico ministero, ma oggettivamente ampliato secondo le nuove direttrici dell’art. 7 L. Fall.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese del giudizio in favore del Fallimento controricorrente, liquidate in dispositivo.

6. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. Sez. U, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

 

 

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