Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23054 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8686-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PINA

SCIGLIANO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati FILIPPO MANGIAPANE, MARIA

PASSARELLI, ANTONELLA PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 710/2018 del TRIBUNALE di CROTONE, depositata

l’11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Crotone, con sentenza resa ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, ha rigettato l’opposizione proposta da C.M. all’accertamento tecnico preventivo che aveva escluso la sussistenza del requisito sanitario per l’assegno ordinario di invalidità, ai sensi della L. n. 222 del 1984, in dichiarata adesione alle conclusioni della relazione medico-legale d’ufficio espletata nella precedente fase;

in estrema sintesi, il Tribunale è giunto a tale decisione sul rilievo che il ricorrente, pur deducendo la diminuzione della propria capacità lavorativa specifica, si era limitato ad indicare, come attività, quella di “assistente di cantiere”, senza descriverne gli esatti contenuti, così da impedire un giudizio, in concreto, del requisito sanitario richiesto; il CTU, nominato nel giudizio di ATP, aveva valutato la natura delle patologie e osservato come le stesse, circoscritte in buona sostanza all’apparato locomotore, non comportassero una riduzione della capacità lavorativa nei termini di legge, in relazione alla attività indicata e genericamente classificata come “mansione impiegatizia di chi è preposto ad occuparsi della contabilità e delle relazioni con le maestranze”;

di tale sentenza chiede la cassazione C.M., affidando l’impugnazione a due motivi, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 1 e 7, e art. 195 c.p.c.), per avere il Tribunale espresso il giudizio di insussistenza della riduzione della capacità lavorativa in maniera del tutto avulsa dalla valutazione dell’attività concretamente svolta dall’assicurato e dalla considerazione delle possibili ricadute sulle occupazioni confacenti alle sue attitudini; secondo la parte ricorrente, il giudice erroneamente avrebbe motivato sui vizi della consulenza evidenziati tanto in fase di ATP che nella successiva opposizione;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla “tralasciata valutazione delle controdeduzioni di rito da parte del CTU incaricato all’esame peritale”;

i motivi, da trattarsi congiuntamente, si arrestano ad un rilievo di inammissibilità;

essi sono formulati senza il rispetto delle prescrizioni di cui al combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., n. 4 (manca la trascrizione integrale ovvero dei passaggi salienti della consulenza tecnica); in ogni caso, esprimono una mera critica dell’iter argomentativo, senza censurare, in modo specifico, i passaggi decisivi che sorreggono la decisione;

è il caso di osservare che la capacità di lavoro dell’assicurato, alla quale fa riferimento la L. n. 222 del 1984, ai fini della valutazione della sussistenza del requisito sanitario richiesto per l’attribuzione della prestazione previdenziale dell’assegno di invalidità, consiste nella idoneità a svolgere, in primo luogo, il lavoro di fatto esplicato (capacità specifica) e poi tutti i lavori che l’assicurato per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali sia in grado di svolgere (capacità generica); questi ultimi, tuttavia, vengono in considerazione soltanto in caso di accertata inidoneità dell’assicurato allo svolgimento del lavoro proprio;

a tale riguardo, è stato, infatti, precisato che, ove la capacità dell’assicurato di svolgere il lavoro di fatto esplicato si sia ridotta, ma senza raggiungere la soglia, normativamente rilevante, della riduzione a meno di un terzo, il giudice non ha l’obbligo -prima di escludere il diritto alle richieste prestazioni previdenziali – di accertare anche l’incapacità dell’assicurato a svolgere altre attività lavorative, compatibili con le sue capacità ed attitudini; (Cass. sez. lav. n. 3519 del 9/3/2001; Cass. n., 8596 del 2002; Cass. n. 5964 del 2011, seguita, di recente, da Cass. n. 33396 del 2019);

nel caso in esame, il Tribunale ha valutato le patologie riscontrate ed escluso che le stesse avessero ricadute, nei termini di legge, sulla capacità lavorativa specifica come allegata dal lavoratore (attività impiegatizia, in senso lato) ovvero dalla parte tenuta all’esposizione dei fatti fondanti la domanda e, quindi, anche della descrizione dell’attività lavorativa concretamente espletata;

non vi è luogo a rifusione delle spese in ragione della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.; sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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