Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23053 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25915-2019 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati SARA

BRUZZI, KATIA VITTUARI;

– ricorrente –

contro

EXPRESS SPEEDY SRL, in persona dell’amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati ORLANDO CASADIO, MARINA LAMBERTINI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 568/2019 del

TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. CIMMINO ALESSANDRO che visto

l’art. 380 ter c.p.c. chiede che la Corte di Cassazione, in camera

di consiglio, rigetti il ricorso, con le conseguenze di legge.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Bologna, con provvedimento in data 25 luglio 2019, accoglieva l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata da Express Speedy srl nella causa promossa da P.V. per l’accertamento di un rapporto di lavoro dipendente a tempo pieno dall’1.7.2016 e, per l’effetto, dichiarava la competenza territoriale del Tribunale di Napoli, sede dell’azienda e luogo di conclusione del rapporto di lavoro;

in particolare, il giudice osservava come il ricorrente avesse radicato la competenza del Tribunale di Bologna facendo riferimento al criterio della “dipendenza” che, tuttavia, non era stato correttamente individuato, in difetto di elementi di prova che dimostrassero la sussistenza, nella circoscrizione del Tribunale adito, di un “minimo nucleo di beni e/o attività organizzati per l’esercizio dell’attività imprenditoriale”;

avverso la decisione, ha proposto regolamento di competenza P.V.; ha resistito Express Speedy srl; il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso; parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con tre motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente perchè intimamente connessi, P.V. ha dedotto la violazione dell’art. 413 c.p.c. e sostenuto la competenza del Tribunale di Bologna, per essere stato il contratto di lavoro sottoscritto nella circoscrizione del Tribunale adito e per esservi, ivi, una dipendenza della società ove prestava la sua opera al momento di cessazione del rapporto;

a sostegno del foro “della dipendenza aziendale alla quale il lavoratore è addetto”, intesa, estensivamente, come articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora se dotata di strumenti di supporto dell’attività lavorativa, ha dedotto la sussistenza, in (OMISSIS), di un nucleo organizzativo minimo di beni aziendali tali da integrare la nozione legale; nello specifico, ha allegato che la sede di lavoro, in forza di un contratto di appalto tra la datrice di lavoro e Poste Italiane Spa, come indicata nel contratto di lavoro, era l’ufficio postale di (OMISSIS), in (OMISSIS); che, nei locali di (OMISSIS), era, infatti, custodito il bene aziendale (camion di proprietà della Express Speedy Srl) che, caricato quotidianamente dei prodotti postali, era utilizzato per lo svolgimento della prestazione lavorativa di distribuzione;

tale illustrata situazione – caratterizzata dal fatto che nei locali, sia pure di terzi, vi fosse la messa a disposizione, in capo al lavoratore, dei beni aziendali necessari allo svolgimento dell’attività di impresa – rivela un’iniziativa del datore nell’organizzazione del lavoro; i locali in questione esprimono un evidente collegamento funzionale con l’attività imprenditoriale (di prestazione del servizio di trasporto) e, in definitiva, ne costituiscono “l’estrinsecazione in quel territorio” (così, Cass. n. 19495 del 2014, in fattispecie analoga);

è, dunque, riconoscibile la “dipendenza dell’azienda”, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza che ha enucleato una nozione particolarmente ampia del concetto di dipendenza aziendale e ritenuto che esso, non solo non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis, mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo della prestazione lavorativa (Cass. n. 23110 del 2010). Condizione minima, ma sufficiente a tal fine, è che l’imprenditore abbia configurato tale organizzazione del lavoro e che l’azienda disponga in quel luogo di un nucleo di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, cioè destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali, anche se modesto e di esigue dimensioni; è sufficiente che in tale nucleo operi anche un solo dipendente e non è necessario che i relativi locali e le relative attrezzature siano di proprietà aziendale, ben potendo essere di proprietà del lavoratore stesso o di terzi (v. Cass. n. 3154 del 2018 che richiama Cass. n. 4767 del 2017 e Cass. n. 17347 del 2013; in motiv., di recente, anche Cass. n.13309 del 2019);

d’altronde, questa Corte regolatrice ha già ritenuto che rientri nella nozione di “dipendenza alla quale è addetto il lavoratore”, di cui all’art. 413 c.p.c., “il parcheggio di proprietà di terzi” in cui siano collocati i beni strumentali alla prestazione lavorativa (nella specie, si trattava proprio del carico delle merci, del trasporto e successivo ritorno per il ricovero dei furgoni) ove hanno inizio e fine le mansioni quotidianamente svolte dal lavoratore (Cass. n. 2003 del 2016, cui hanno dato continuità Cass. n. 29344 del 2017 e Cass. n. 25613 del 2019, ponendosi sulla scia di Cass. n. 11320 del 2014 che aveva identificato la dipendenza in un “cantiere stradale della società datrice di lavoro, in cui siano addetti lavoratori e nel quale esistano beni destinati a rendere possibile l’espletamento dell’attività appaltata e quindi il conseguimento dei fini imprenditoriali”);

per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto con declaratoria della competenza territoriale del Tribunale di Bologna, dinanzi al quale le parti vanno rimesse;

il giudice dichiarato competente provvederà alla regolazione delle spese del giudizio di Cassazione;

avuto riguardo all’esito del giudizio non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Bologna dinanzi al quale rimette le parti nei termini di legge, anche per le spese del presente regolamento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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