Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23053 del 03/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/10/2017, (ud. 04/05/2017, dep.03/10/2017),  n. 23053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22212-2012 proposto da:

A.G., C.F. (OMISSIS), in proprio e quale Presidente

del Consiglio di Amministrazione della GESENU S.P.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO GUARDASCIONE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RODOLFO VALDINA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI C.f. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.G. C.F. (OMISSIS), in proprio e quale Presidente del

Consiglio di Amministrazione della GESENU S.P.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO GUARDASCIONE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RODOLFO VALDINA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 834/2011 della CORTE D’APPELLO CAGLIARI

SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 17/01/2012 R.G.N. 386/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari con sentenza 834/2011 ha rigettato l’appello proposto da A.G., in proprio e quale legale rappresentante della Gesenu Spa, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta l’opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del lavoro di Sassari per l’asserita violazione del D.Lgs. n. 181 del 2000, art. 4 bis, comma 2 per non aver consegnato all’atto dell’assunzione ai lavoratori indicati nel prospetto allegato la dichiarazione sottoscritta contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola, nonchè la comunicazione di cui al D.Lgs. n. 152 del 1997.

A fondamento della sentenza la Corte d’Appello rilevava che, impregiudicata la questione della validità derogatoria dell’accordo sindacale che aveva concesso all’impresa di indicare la posizione di lavoro, il luogo di lavoro, la categoria di inquadramento e i relativi compiti dopo la composizione delle articolazioni operative e comunque entro il termine di 60 dalla data di assunzione del servizio, fosse comunque incontestato che la stessa società non avesse rispettato il termine previsto dallo stesso accordo aziendale. Per contro accedendo alla tesi sostenuta dall’appellante essa sarebbe stata svincolata da qualsiasi termine e da qualsiasi confronto con le altre parti sociali, con la conseguenza di privare di rilevanza l’accordo sindacale atteso che il suo mancato rispetto sarebbe stato privo di conseguenze per il datore di lavoro arbitro nell’adempiere e nell’indicare la data di completamento della ricordata procedura.

Sotto altro aspetto rilevava l’infondatezza della questione di illegittimità costituzionale della disciplina delegata di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003 per essersi limitato ad aggravare il regime sanzionatorio in caso di violazione del D.Lgs. n. 181 del 2000, art. 4 bis, comma 2 senza alcuna innovazione diretta allo snellimento ed alla semplificazione delle procedure di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, come stabilito dalla Legge Delega n. 30 del 2003.

Contro la sentenza ha proposto ricorso A.G. nelle descritte qualità con tre motivi di censura illustrati da memoria, ai quali ha resistito il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato per due motivi, ai quali ha replicato il ricorrente principale con successivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, art. 4 bis, comma 2 (ex art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto, nel caso di specie, la collocazione di 176 dipendenti a seguito di cambio appalto implicava l’interpretazione e l’applicazione della norma in senso logico ed in aderenza alle esigenze imposte dalle dinamiche di una struttura aziendale in formazione e non poteva essere applicata in senso statico e burocratico, mentre l’esame del giudice peccava di rigidità interpretativa.

2.- Con il secondo motivo il ricorso solleva la violazione della disciplina sull’interpretazione del contratto in particolare dell’accordo (art. 1362 c.c.). L’insufficienza della motivazione per omesso esame di fatto decisivo, atteso che l’esame della clausola contrattuale che consentiva di indicare le necessarie informazioni ai lavoratori entro 60 giorni dall’assunzione dal servizio, era stata interpretata con rigidità formale tale da tradire la volontà delle parti contraenti e senza la dovuta attenzione alla portata sostanziale del testo, all’interno del quale il termine indicato aveva una valenza meramente ordinatoria, mentre l’espressione assunzione del servizio era espressione inequivoca che esprimeva l’esito del processo organizzativo rivolto a rendere concretamente il servizio stesso con l’adeguato grado di efficienza; il termine doveva decorrere pertanto dalla compiuta composizione degli assetti aziendali, prima della quale nessun inquadramento e nessuna qualifica avrebbe potuto essere definito.

2.1. I primi due motivi di ricorso sono privi di fondamento. Anzitutto va ricordato che il D.Lgs. n. 181 del 2000, art. 4 bis introdotto dal D.Lgs. n. 297 del 2002stabiliva che “all’atto dell’assunzione i datori di lavoro sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola, nonchè la comunicazione di cui al D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152”.

In sintonia con quanto chiarito da questa Corte di Cassazione con sentenza 18714/2004, va affermato che l’obbligo in questione è volto anzitutto ad informare il lavoratore; ed è violato non solo dall’omessa consegna di una dichiarazione di assunzione contenente tutti i dati prescritti dalla legge, ma anche dalla ritardata consegna.

2.2. Risulta dalla sentenza impugnata che,allo scopo di derogare a tale previsione normativa la ricorrente aggiudicataria della gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ed assimilati nel territorio del comune di Sassari, unitamente alle organizzazioni sindacali e Al rappresentante dell’amministrazione comunale di Sassari hanno concluso – in data 20 febbraio 2006 – un accordo in forza del quale (art. 3) “la struttura dell’assetto aziendale è configurata e realizzata dal raggruppamento appaltatore il quale, attraverso la capogruppo Gesenu S.p.A., propone l’assunzione del personale di cui alla lett. C delle premesse, con riserva di indicare la posizione di lavoro ed il luogo di lavoro, la categoria di inquadramento e relativi compiti dopo la composizione delle articolazioni operative e comunque entro il termine di 60 giorni dalla data di assunzione del servizio…Nelle more il personale assunto viene utilizzato dalla capogruppo Gesenu in via contingente allo scopo di assicurare, con effetto immediato, lo svolgimento del servizio”.

2.3. Nella fattispecie non è in contestazione che all’atto dell’assunzione del servizio – e dei medesimi lavoratori occorrenti per il suo espletamento – la ricorrente non abbia consegnato ai lavoratori la prescritta dichiarazione; e neppure che la ricorrente abbia fruito della deroga prevista nell’accordo senza tuttavia adempiere all’obbligo in questione entro il previsto termine di 60 giorni dalla data di assunzione del servizio; essendo stato accertato in giudizio che i 176 lavoratori siano stati assunti il 20/21 febbraio 2006 mentre le informazioni dovute a norma di legge fossero state via via fornite nelle buste paga di febbraio, luglio e settembre 2006.

2.4. Si fa invece questione nella causa unicamente della individuazione del momento di decorrenza del termine entro cui l’obbligo sarebbe stato da rispettare alla luce dell’accordo sindacale, termine che la ricorrente vorrebbe collegato soltanto a partire dalla compiuta definizione e conformazione dell’assetto aziendale, secondo le articolazioni operative in essere.

Secondo i giudici di merito invece – pur comprendendosi le esigenze imposte dalla peculiarità della fattispecie consistente nell’assunzione di 176 dipendenti, e pur rimanendo impregiudicata la questione della validità derogatoria dell’accordo sindacale rispetto all’adempimento dell’obbligo legale previsto dal citato art. 4 bis – la tesi sostenuta dall’appellante non poteva essere condivisa sia perchè decidendo di prendere parte alla gara per l’aggiudicazione del servizio aveva preso conoscenza della specificità dello stesso assumendo il rischio di errata valutazione, sia perchè la stessa tesi non includeva le altre parti dell’accordo sindacale dell’individuazione ed accertamento dell’avvenuto completamento della procedura di assetto aziendale, ragione per cui il datore di lavoro sarebbe stato sostanzialmente svincolato da qualsiasi confronto con le altre parti sociali per la verifica dell’effettiva pendenza della procedura di riorganizzazione aziendale, sicchè sarebbe divenuto arbitro nell’adempiere e nell’indicare la data di completamento della ricordata procedura.

2.5.- La conclusione sostenuta dal giudice d’appello si sottrae alle censure sollevate in ricorso risultando evidente, in base allo stesso testo dell’accordo sindacale, oltre che dalla sua interpretazione logica e sistematica, che la portata derogatoria dello stesso accordo non era volta a consegnare al solo datore di lavoro l’assoluta facoltà di individuare il termine di decorrenza dell’adempimento in questione, in relazione alla definizione degli assetti aziendali, bensì di individuare con l’inciso in questione (“e comunque entro il termine di 60 giorni dalla data di assunzione del servizio”) un ulteriore termine entro il quale lo stesso obbligo dovesse essere inderogabilmente adempiuto. Rimanendo altrimenti la stessa previsione priva di qualsiasi senso. La clausola contrattuale già contempla infatti, nella sua prima parte, la potestà datoriale “di indicare la posizione di lavoro ed il luogo di lavoro, la categoria di inquadramento e relativi compiti dopo la composizione delle articolazioni operative”; talchè la proposizione successiva (“e comunque entro il termine di 60 giorni dalla data di assunzione del servizio”) altro non rappresenta che una restrizione della prima facoltà, attraverso l’indicazione dello spazio di tempo massimo (un termine finale) concesso al datore obbligato allo scopo di effettuare – alla scadenza ed a prescindere dalla definizione degli assetti operativi – le necessarie comunicazioni ai lavoratori (già al lavoro da 60 giorni senza essere ancora in possesso della prescritta dichiarazione contenente i dati di registrazione che la legge imporrebbe di consegnare all’atto stesso della loro assunzione); dovendosi quindi intendere per “assunzione del servizio” l’inizio del servizio di gestione dei rifiuti oggetto dell’appalto.

3.- Con il terzo motivo il ricorso solleva la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale per violazione della delega da parte del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 176, la cui disciplina si era limitata ad aggravare la sanzione per la violazione dell’obbligo di informazione del lavoratore senza incidere sulla parte dispositiva dell’art.4 bis tradendo il mandato contenuto nella Legge Delega (L. n. 30 del 2003, art. 14) rivolto a snellire e semplificare le procedure di incontro tra domanda ed offerta.

La questione è manifestamente infondata in quanto la semplificazione delle procedure di incontro tra domanda e offerta cui era tenuto il legislatore delegato non comporta necessariamente l’ampliamento o la flessibilità del termine entro cui va consegnata al lavoratore l’indispensabile comunicazione dei dati relativi alla assunzione che lo riguarda; non si tratta neppure di materie indissolubilmente collegate, essendo relative a momenti differenti rispetto alla stessa stipula del contratto di lavoro.

4. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato si deduce violazione falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in quanto la Corte non si era pronunciata sulla eccezione relativa alla pretesa funzione scriminante dell’accordo sindacale del 20.2.2006.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale si solleva la violazione falsa applicazione dell’art. 50 c.p. con riferimento al citato accordo sindacale aziendale in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ove si volesse sostenere che la Corte d’Appello abbia inteso confermare la sua portata (Ndr: testo originale non comprensibile), già espressamente sostenuta dalla sentenza di primo grado.

5. I motivi del ricorso incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale rimangono assorbiti.

6. In forza delle ragioni esposte la sentenza si sottrae alle critiche formulate con il ricorso che deve essere quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 6200 di cui Euro 6000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori. Dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2017

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