Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2305 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. II, 26/01/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 26/01/2022), n.2305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 21968/2017) proposto da:

S.D., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avv.

Ernestina Portelli, ed elettivamente domiciliata presso il suo

studio, in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEPRANDONE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale

apposta in calce al controricorso, dall’Avv. Roberto Stabile, e

domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di

cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 566/2017

(pubblicata il 19 giugno 2017);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 novembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 20 gennaio 2014 il Comune di Monteprandone proponeva appello avverso la sentenza n. 240/2013, con la quale il Giudice di pace di San Benedetto del Tronto aveva accolto l’opposizione formulata da S.D. contro due verbali – perciò annullati – di contestazione di una duplice violazione prevista dall’art. 146 C.d.S., comma 3, 1992, elevati dalla Polizia municipale dello stesso Comune (una risultante commessa il (OMISSIS), alle ore 16,04 e l’altra il (OMISSIS), alle ore 6,13), consistita nell’aver proseguito nel percorso stradale malgrado il semaforo lampeggiasse luce rossa, sulla base di un sistema di rilevamento automatizzato (c.d. “Vista red”) e, quindi, senza la presenza sul luogo di agenti di polizia.

2. Decidendo su tale appello e nella costituzione dell’appellata, il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza n. 566/2017 (depositata il 19 giugno 2017), lo accoglieva e, per l’effetto, rigettava l’originaria opposizione avanzata dalla S.D. avverso i due verbali di accertamento notificatile, con la sua conseguente condanna al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

A fondamento dell’adottata pronuncia, il citato Tribunale rilevava la fondatezza del motivo di ultrapetizione formulato dall’ente appellante sul presupposto che, sulla base del contenuto dell’originario ricorso formulato dalla S. e stante l’oggetto vincolato del giudizio di opposizione, non si evinceva che la stessa avesse dedotto quali motivi di nullità dell’accertamento l’arbitraria tolleranza minore del tempo di ritardo nell’attivazione della rilevazione elettronica, l’irregolarità della segnaletica verticale presente sul luogo e la necessità che sul luogo del rilevamento dovesse essere presente almeno un agente di polizia.

Ad ogni modo il giudice di appello considerava prive di fondamento le motivazioni addotte in proposito dal giudice di prime cure, poiché:

– nessuna norma o disposizione regolamentare prescrivono che il c.d. “red delay” (ovvero il tempo di ritardo dell’attivazione della rilevazione rispetto all’accensione del semaforo rosso, previsto al fine di fornire ai conducenti dei veicoli un tempo di comporto tra l’effettiva accensione della luce rossa e l’invio dell’allarme al sistema di rilevazione, completamente autonomo rispetto a quello semaforico) debba essere applicato in misura fissa ed immodificabile (oltretutto, nel caso di specie, era stato espressamente indicato nella relativa stampa nella misura di 3 secondi, esattamente corrispondente – sulla base della c.t.u. – al tempo di ritardo in concreto applicato);

– alcuna norma di legge o regolamentare prescrive come necessaria l’apposizione di segnaletica indicante la presenza di un sistema automatico di rilevazione delle infrazioni riguardanti il rispetto delle indicazioni semaforiche, diversamente dalla disciplina applicabile in tema di rilevazione elettronica del superamento dei limiti di velocità;

– ai sensi dell’art. 201 C.d.S., comma 1-quater l’accertamento in questione era stato legittimamente eseguito con sistema di rilevazione elettronica regolarmente funzionante ed omologato, senza la necessità della presenza di agenti di polizia sul luogo di rilevamento delle infrazioni contestate alla S..

Con riguardo, invece, agli altri due motivi di opposizione ai due verbali di contestazione non esaminati dal giudice di primo grado e reiterati con l’atto di appello, il Tribunale ascolano rilevava come le due violazioni fossero state accertate su un tratto di strada urbana (e non, quindi, al di fuori del centro abitato) e che, poiché il semaforo a cui era riferita l’infrazione (accertata alle ore 6,13) ricadeva in una delle ipotesi di esenzione disciplinate dall’art. 169 reg. (D.P.R. n. 495 del 2002) esec. e att. C.d.S. (verde azionato a richiesta dal pedone), la sanzione si sarebbe dovuta considerare legittimamente applicata.

3. Avverso la predetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito ad otto motivi, la S.D., resistito con controricorso dall’intimato Comune di Monteprandone.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza per violazione ed errata interpretazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui il giudice di appello aveva reputato sussistente il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado in ordine alla questione relativa all’accorciamento del tempo di ritardo nell’attivazione, con il sistema “Vista Red”, della rilevazione automatica delle presunte infrazioni al rosso semaforico contestate ad essa ricorrente.

2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza per violazione del D.M. Infrastrutture e dei Trasporti 23 febbraio 2006, n. 162 e del Decreto di estensione 20 gennaio 2014, n. 265 (relativi all’approvazione ed omologazione del sistema di rilevamento automatico denominato “Vista Red”), nella parte in cui il Tribunale ascolano aveva considerato lecito l’accorciamento del tempo di ritardo nell’attivazione della rilevazione automatica delle presunte infrazioni.

3. Con la terza doglianza la ricorrente ha prospettato la nullità della sentenza di appello o, comunque, l’apparenza della relativa motivazione, nella parte in cui con essa il giudice di appello aveva ritenuto che la questione dell’accorciamento del tempo di ritardo nell’attivazione automatica della presunta infrazione avrebbe dovuto considerarsi irrilevante ai fini del giudizio per il fatto che essa ricorrente non aveva tempestivamente contestato di non essere passata con il rosso o di essere transitata con il giallo e per il fatto che l’unico caso in cui la misura di tale ritardo rileverebbe sarebbe il passaggio con il giallo.

La doglianza risulta articolata in tre censure, ovvero per motivazione apparente e/o insufficiente (con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per violazione dell’art. 2697 c.c. e per violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 10.

4. Con il quarto motivo la ricorrente ha denunciato – in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità della sentenza di appello per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 1 relativamente al mancato rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell’attività amministrativa con riferimento alla non ritenuta necessità della preventiva segnalazione dell’installazione e del funzionamento dell’apparecchio di rilevazione automatica delle infrazioni concernenti il rispetto delle indicazioni semaforiche.

5. Con il quinto mezzo la ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 81 e 124 del regolamento di esecuzione ed attuazione del C.d.S. (D.P.R. n. 495 del 1992) per aver con essa il giudice di appello affermato che, anche sulla scorta di quanto verificato dal c.t.u., sul luogo oggetto del rilevamento esisteva un segnale verticale indicante la presenza del sistema di rilevamento elettronico delle violazioni delle segnalazioni semaforiche, anche sulla base di una motivazione omessa e/o insufficiente.

6. Con il sesto motivo la ricorrente ha prospettato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza nella parte in cui il giudice di appello, sulla questione della segnalazione della presenza del dispositivo di rilevamento automatico, aveva rilevato che l’opponente non aveva mai sollevato contestazione alcuna circa l’idoneità di tale cartello o al fatto che esso fosse o meno visibile.

7. Con la settima doglianza la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 201 C.d.S., comma 1-quater della L. n. 241 del 1990, art. 1 e art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e del combinato disposto degli stessi articoli, nella parte in cui il Tribunale aveva rilevato l’assenza di incidentalità e l’insussistenza di una pericolosità strutturale dell’intersezione stradale in cui erano state accertate le presunte infrazioni ritenendo tali fattori ininfluenti ai fini della valutazione del legittimo utilizzo degli strumenti di rilevazione automatica delle violazioni semaforiche nei centri abitati.

8. Con l’ottavo ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto – con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullità dell’impugnata sentenza per violazione ed errata interpretazione del citato D.P.R. n. 495 del 1992, art. 169 nella parte in cui il giudice di appello aveva ritenuto che la circostanza in base alla quale l’impianto semaforico in questione fosse dotato di verde per l’attraversamento pedonale a chiamata rappresentava una delle ipotesi di esenzione dall’obbligo, previsto dalla norma denunciata, di tenere spenti i semafori nelle ore notturne (dalle ore 23 alle ore 7).

9. Rileva il collegio che il primo motivo va ritenuto inammissibile per difetto di interesse della ricorrente.

Infatti, indipendentemente dal fatto se il motivo (relativo alla contestazione della legittimità della riduzione del tempo di ritardo nell’attivazione con il sistema “Vista Red” per la rilevazione delle infrazioni) fosse stato o meno dedotto con il ricorso originario in opposizione (e il giudice di appello riconosce che, in effetti, non lo era stato, ragion per cui il giudice di pace era incorso in ultrapetizione, sembrando, piuttosto, che la questione del “red delay” fosse stata inserita nell’oggetto del contendere per effetto delle difese assunte dal Comune, come sostiene la stessa ricorrente con la doglianza in questione), il giudice di appello ha comunque esaminato il motivo sul quale comunque si era pronunciato il primo giudice, ritenendolo però infondato con la sentenza qui impugnata.

10. La seconda censura è propriamente infondata e deve, quindi, essere respinta.

Con essa la ricorrente sostiene che, in base ai decreti ministeriali regolamentari indicati, il c.d. red delay dovrebbe essere applicato in misura fissa ed immodificabile, corrispondente a 5 secondi e non a 3, come rimasto appurato nel caso di specie mediante la c.t.u.. Ciò – ad avviso della difesa della S. – avrebbe dovuto comportare l’illegittimità degli accertamenti per violazione delle richiamate disposizioni regolamentari.

Senonché, a tal proposito e diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, il collegio evidenzia che si applica propriamente la risoluzione ministeriale n. 67906 del 2007, la quale stabilisce il principio secondo cui il c.d. “red delay” non può essere inferiore a 3 secondi e, nel caso di specie (per quanto rimasto verificato e riportato nella sentenza di appello, anche sulla scorta dei riscontri rinvenibili nella relazione del c.t.u.), con gli eseguiti accertamenti era stato regolarmente attestato il rispetto di tale tempo minimo come risultante anche dai corrispondenti fotogrammi (le indicazioni riportate nel manuale di installazione possono derogare “in melius” per i veicoli ma, ai fini della legittimità degli accertamenti, è sufficiente che sia osservato il suddetto limite minimo prescritto da una fonte ministeriale prevalente su altre disposizioni secondarie non riconducibili a provvedimenti di carattere normativo o regolamentare). Tale principio è stato specificamente affermato in un precedente di questa Corte (Cass. n. 18470/2014, che si condivide), alla stregua del quale, per l’appunto, in tema di violazioni del C.d.S., è la citata risoluzione del Ministero dei trasporti che regola, in assenza di apposite indicazioni del C.d.S., il tempo di accensione della luce gialla del semaforo, la cui durata non può essere inferiore a tre secondi in corrispondenza al tempo di arresto di un veicolo che proceda ad una velocità non superiore ai 50 km/h, pur rimanendo possibile procedere all’impostazione di un intervallo superiore.

11. Il terzo motivo è destituito di fondamento in tutte le sub-censure nei quali è stato articolato.

Occorre, in primo luogo, considerare che il riferimento all’assunto comportamento processuale osservato dalla ricorrente circa le modalità del suo passaggio (per effetto della sua ravvisata intempestiva contestazione di non essere passata con il rosso o di essere transitata quando il semaforo proiettava luce gialla), che è stato fatto nella motivazione della sentenza di appello, non attiene ad una circostanza decisiva, poiché l’accertamento e il fatto dell’attraversamento con il rosso sono conseguenza dell’utilizzazione dell’apparecchiatura automatica regolarmente funzionante ed omologata (come univocamente rimasto provato), ed è questo il riscontro effettivamente determinante utilizzato per la valutazione della legittimità della rilevazione delle due violazioni.

Con riferimento alla dedotta violazione di legge e alla prospettata applicabilità del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 10, va osservato che la responsabilità della contravventrice è stata desunta con accertamento pienamente legittimo tramite il sistema di rilevazione elettronico conforme ai requisiti di legge, ragion per cui correttamente è stato escluso che ci si trovava di fronte ad un quadro probatorio insufficiente, tale, cioè, da poter condurre ad una valutazione di insussistenza della responsabilità della ricorrente.

12. Il quarto, quinto e sesto motivo possono essere esaminati unitariamente perché tra loro connessi.

Anch’essi non colgono nel segno e vanno disattesi.

Bisogna, infatti, rilevare che effettivamente, diversamente dalla disciplina in tema di violazione dei limiti di velocità (artt. 142 e 148 C.d.S.), non esiste una prescrizione impositiva di un’apposita segnaletica relativa alla presenza del sistema di rilevazione elettronica in prossimità delle installazioni semaforiche. Oltretutto, come chiarito nell’impugnata sentenza, il sistema “Vista Red” non è propriamente uno strumento di misurazione o di accertamento della violazione (riconducibile all’art. 146 C.d.S.) bensì un mero documentatore automatico video-fotografico che è preposto a riprendere il momento dell’attraversamento veicolare con il semaforo rosso; in seguito poi allo sviluppo dei relativi fotogrammi da parte del competente ufficio di polizia si procede alla conseguente attività di accertamento in senso proprio e alla contestazione dell’infrazione – ove sussistente – a carico del trasgressore.

Pertanto non sussiste alcuna violazione della denunciata norma (con il quarto motivo) e, peraltro, va rilevato – in modo assorbente – come dalla sentenza di appello emerge che, per quanto accertato dal c.t.u., sul posto era stato comunque installato un segnale verticale indicante la presenza del sistema di rilevazione elettronico delle violazioni delle segnalazioni semaforiche (mentre della questione della visibilità o meno non risulta che sia stata fatta questione in giudizio, ma – in ogni caso – non si rileva una norma prescrittiva impositiva di tale obbligo).

Inoltre, con il quinto motivo viene dedotto anche un vizio di insufficiente motivazione, non più ammissibile ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (v., per tutte, Cass. SS.UU. n. 8053 e 8054 del 2014), “ratione temporis” applicabile nella specie (riferito soltanto ad un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti o, secondo la citata giurisprudenza, alle ipotesi della “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, della “motivazione apparente”, del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, dunque, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione), rimanendo, ancora una volta, irrilevante il riferimento alla mancata contestazione da parte della ricorrente-appellante sulla idoneità e visibilità del cartello indicante la presenza del citato sistema di rilevazione.

13. Pure il settimo motivo è privo di fondamento poiché dal complesso normativo di riferimento ed in base alle legittime modalità di rilevazione è incontestabile che queste ultime possono essere eseguite senza la presenza di agenti di polizia sul luogo di commissione delle violazioni. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolar modo, Cass. n. 21605/2017) ha puntualmente statuito che, in materia di violazione dell’art. 146 C.d.S., comma 3, (attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa), per effetto della nuova disciplina contenuta nell’art. 201, comma 1-ter medesimo codice (introdotto dal D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4, comma 1, convertito, con modifiche, in L. 1 agosto 2003, n. 214 e, successivamente, modificato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36, comma 1, lett. e)), al quale si correla il successivo comma 1-quater, i documentatori fotografici delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo, ove omologati ed utilizzati nel rispetto delle prescrizioni riguardanti le modalità di installazione e di ripresa delle infrazioni, sono divenuti idonei a funzionare anche in modalità completamente automatica, senza la presenza degli agenti di polizia.

14. L’ottava ed ultima censura è anch’essa infondata e deve essere, perciò, rigettata.

Infatti nella sentenza di appello è stato correttamente ritenuto che, nel caso di specie, si versava in una delle ipotesi di esenzione prevista dall’art. 169 reg. C.d.S., comma 1, in cui l’impianto semaforico può funzionare anche nell’intervallo orario dalle ore 23 alle 7 (come si è evidenziato in precedenza uno dei due accertamenti a carico della S. era stato compiuto con riferimento ad una violazione commessa alle ore 6,13) con l’attivazione del verde per il passaggio pedonale solo a richiesta. A tal proposito il Tribunale ascolano ha appurato – sulla scorta delle risultanze della c.t.u. – che, pur essendo l’impianto semaforico caratterizzato da un ciclo fisso costante sia di giorno che di notte, tuttavia esso era risultato dotato del sistema per azionare il colore verde ai fini dell’attraversamento pedonale a chiamata, la quale è idonea ad innescare un diverso ciclo ugualmente fisso.

15 In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si quantificano nei sensi di cui in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

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