Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2305 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/02/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 02/02/2021), n.2305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2142-2019 proposto da:

JULIET SPA, quale procuratrice speciale di BANCA MONTE DEI PASCHI DI

SIENA SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GRAMSCI 9, presso lo studio

dell’avvocato LUDOVICO MOTTI BARSINI GIUSEPPE, rappresentata e

difesa dall’avvocato VARVARO CARLO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO di C.C., quale titolare dell’impresa individuale

“(OMISSIS)”, in persona del curatore BALDO CORRADO;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 8274/2018 del TRIBUNALE di PALERMO,

depositato il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Vella

Paola.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di C.C., quale titolare dell’impresa individuale “(OMISSIS)”, proposta da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. contro il decreto con cui il G.D. aveva negato l’ammissione di crediti fondati su due rapporti di anticipi su fatture e un contratto di finanziamento artigiano, senza pronunciarsi su quelli portati da due effetti cambiari.

1.1. In particolare, premessa l’irrilevanza sia della sentenza non definitiva resa (dopo la dichiarazione di fallimento) in altro giudizio pendente per l’accertamento dei medesimi crediti, sia della c.t.u. colà svolta, il tribunale ha ritenuto che l’opponente non avesse adempiuto l’onere della prova, segnatamente: i) per non aver “prodotto i due contratti di anticipo su fatture”, nè “fornito la prova dell’erogazione delle somme”, non dimostrabile tramite atti di formazione unilaterale; ii) per non aver dimostrato l’effettiva erogazione del finanziamento artigiano; iii) per aver omesso di depositare gli originali dei titoli di credito, come prescritto dall’art. 93 L. Fall., comma 2.

1.2. Juliet S.p.a., quale procuratrice speciale di Banca M.P.S., ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria. Il Fallimento intimato non ha svolto difese.

1.3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Banca già in sede di verifica “depositato la documentazione attestante la prova dell’esistenza dei crediti (…) integrata nel giudizio di opposizione allo stato passivo con le relazioni di ctu espletate nel giudizio di merito”; in particolare: quanto ai rapporti di anticipazioni su fatture, essa aveva prodotto per ogni singolo anticipo la richiesta del fallito, la copia della fattura oggetto di anticipazione e le contabili di accredito della somma anticipata, successivamente documentando “l’erogazione delle somme anticipate con la relazione integrativa di consulenza tecnica che era stata depositata nel giudizio di merito”, mentre la mancata produzione dei contratti di anticipo doveva ritenersi irrilevante ai fini della prova del credito “in considerazione che dello stesso era stato richiesto solo il capitale”; anche la prova dell’erogazione del finanziamento artigiano “emergeva dalla terza relazione di ctu depositata nel giudizio di merito”; quanto alle due cambiali, la curatela nel giudizio di opposizione aveva solo eccepito la prescrizione dell’azione cambiaria, e comunque “detti titoli non potevano essere depositati in originale, se non richiesti dalla curatela, atteso che ormai il deposito della documentazione avviene a mezzo pec”.

3. Il secondo mezzo lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il Tribunale “ritenuto di omettere l’esame degli elementi di prova contenuti nelle due relazioni di ctu, che erano state espletate nel giudizio di merito, nel contraddittorio delle pani” e in tal modo “disatteso gli elementi di prova portati alla sua valutazione”, “in contrasto con i principi della disponibilità e del contraddittorio delle parti sulle prove”, posto che “per il principio del libero convincimento, desumibile dall’art. 116 c.p.c., il giudice civile può porre a fondamento delle sue decisioni anche elementi di prova emersi in altro giudizio tra le stesse parti o anche tra parti diverse”.

4. Entrambi i motivi sono inammissibili poichè, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, mirano in realtà alla rivalutazione dei fatti storici e del materiale istruttorio operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019).

5. Va invero ricordato, con riguardo al primo mezzo, che “in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni” (Cass. 26769/2018) – ipotesi, questa, nemmeno prospettata dal ricorrente -e, con riferimento al secondo, che “per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.”. (Cass. Sez. U, 20867/2020).

5.1. Inoltre, in tema di attività valutativa del giudice rispetto alle fonti probatorie, l’errore di percezione – che, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) c.p.c. per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (i quali vietano al giudice di fondare la decisione su prove non dedotte dalle parti, o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, nonchè di disattendere prove legali secondo il suo prudente apprezzamento) – deve essere distinto dall’errore di valutazione, che, investendo invece l’apprezzamento dell’efficacia dimostrativa della fonte di prova rispetto al fatto che si intende provare, non è mai sindacabile in sede di legittimità (Cass.1229/2019, 27033/2018, 9356/2017).

5.2. Va dunque ribadito che “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. 23153/2018, 11892/2016), sia perchè la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sia perchè con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto precluso in sede di legittimità (ex plurimis Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016).

6. I superiori rilievi risultano assorbenti sia rispetto al difetto di autosufficienza emerso in alcuni punti del primo motivo, con riguardo al contenuto dei documenti valutati dal c.t.u. in altro giudizio ordinario, al petitum riguardante i rapporti di anticipi su fatture e alle circostanze afferenti il deposito degli effetti cambiari, tenuto conto che l’ultimo periodo dell’art. 93 L. Fall., comma 2, dispone che “l’originale del titolo di credito è depositato presso la cancelleria del tribunale”.

7. Non vi è luogo a pronuncia sulla spese, stante l’assenza di difese.

8. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. sez. U, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

 

 

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