Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23049 del 03/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/10/2017, (ud. 01/03/2017, dep.03/10/2017),  n. 23049

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13073-2012 proposto da:

D.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AGRIGENTO 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLO’,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) N. (OMISSIS) (anche (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA

STEFANIA NASINI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCESCO MARCONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 467/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/05/2011 r.g.n. 243/2009.

LA CORTE esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore dr. De

Gregorio Federico.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con ricorso per cassazione del 18/19 maggio 2012 D.V. ha impugnato la sentenza del 13 gennaio – 20 maggio 2011, con la quale la Corte d’Appello di MILANO aveva respinto il gravame interposto dall’attuale ricorrente avverso la pronuncia di rigetto della domanda di pagamento relativo a pretese differenze retributive, emessa dal giudice del lavoro Lecco (n. 210/2008) nei confronti del convenuto (OMISSIS) di tale città, laddove era stata esclusa la sussistenza dell’asserito rapporto di portierato dal marzo 1981 al 31 dicembre 2004, per difetto di adeguati elementi probatori a sostegno dell’azionata pretesa creditoria e della subordinata richiesta di risarcimento danni a causa della dedotta inabitabilità dell’appartamento condominiale presso cui l’istante alloggiava con la sua famiglia, risultando corrette ad avviso della Corte distrettuale le valutazioni operate dal primo giudicante in base alle acquisite emergenze istruttorie;

che il ricorso è affidato ad un solo motivo, variamente articolato, con la denuncia di vizio di motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e di violazione dell’art. 116 codice di rito, assumendosi che i giudici di merito avevano fondato le loro decisioni sulla scorta di una non corretta analisi delle risultanze probatorie addotte in giudizio dall’attrice, laddove in particolare ne(ragionamento seguito dalla Corte distrettuale era rinvenibile traccia evidente dell’insoddisfacente esame di punti decisivi della controversia, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto alla base della decisione, essendo infatti incongruenti alla luce delle deposizioni rilasciate in primo grado le conclusioni, cui era pervenuto il giudice di merito rispetto ai fatti verificatisi, ed attesa l’incomprensibilità delle ragioni per cui alcune testimonianze erano state prese in considerazione o comunque ritenute di peso maggiore, ai fini della decisione, rispetto ad altre invece assolutamente ignorate, tenuto soprattutto conto di quanto riferito dai testi F., P., G., B., C., DE.GI., rispetto a quanto invece riferito dai testi BO. e DE., vecchi amministratori del Condominio, laddove per giunta era stato omesso l’esame del parere professionale reso dell’avv. Marcone, di cui pure al verbale di assemblea condominiale in data 14-12-2004 (cfr. melius pgg. da 15 a 30 del ricorso per la D.);

visto che il CONDOMINIO ha resistito all’impugnazione avversaria mediante controricorso in data 28 giugno – tre luglio 2012;

che il Pubblico Ministero non ha presentato requisitorie e che soltanto parte controricorrente ha depositato memoria, mentre nell’interesse del ricorrente è stata depositata memoria di costituzione di nuovo difensore, in persona dell’avv. Giuseppe Nicolò (in sostituzione del precedente, cui è stato revocato il mandato dalla sig.ra D.V.), datata 9 febbraio 2017, unitamente a procura speciale del precedente primo febbraio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il ricorso si censurano in effetti, attraverso la contestata motivazione, le valutazioni in fatto operate dai giudici di merito in ordine alle pretese creditorie e risarcitorie vantate dall’attrice, però con esito negativo;

che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione esaminando le deposizioni rese da BO.Pa. e da DE.Fr., precedenti amministratori del Condominio, in relazione alle mansioni disimpegnate dalla ricorrente, osservando poi che i testi DE.GI., C., G. e B. si erano in effetti limitati a confermare che la D. era certamente presente anche in orari diversi da quelli contrattualmente previsti, circostanza pacifica visto anche che la predetta risiedeva nello stabile condominiale, mentre neanche l’inquilina F. aveva saputo fornire utili elementi a sostegno della tesi di parte attrice, le cui allegazioni pertanto non avevano trovato precisi riscontri, nemmeno nelle lettere di assunzione (come addetta al servizio di pulizie secondo l’orario stabilito) risalenti agli anni 1981, 1991 e 2000, laddove poi la concessione in godimento dell’appartamento, con esonero dal pagamento delle spese condominiali, finiva soltanto per riconoscere la disponibilità manifestata dalla lavoratrice, con indubbia reciproca convenienza, mentre d’altro canto nessuna valenza probatoria assumeva il parere professionale reso dall’avv. Marcone;

che, pertanto, come si evince agevolmente dall’articolata motivazione dell’impugnata sentenza, i giudici di merito hanno esaurientemente esaminato le acquisite risultanze istruttorie, apprezzandole quindi con più che sufficienti e lineari argomentazioni, poi sfociate nella conseguente decisione, sicchè in sede di legittimità, nell’ambito della c.d. critica vincolata, nei limiti rigorosamente fissati dall’art. 360 del codice di rito, non è consentito a questa Corte alcun riesame dei fatti, laddove come nella specie non si riscontrino specifici errori di diritto rilevabili nella pronuncia de qua, peraltro neanche adombrati dalla ricorrente (cfr. Cass. n. 25332 del 28/11/2014: la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione, che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa; ne deriva che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.

5. altresì Cass. 2 civ. n. 24434 del 30/11/2016, secondo cui in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità. Conforme Cass. n. 14267 del 2006);

che, a ben vedere, parte ricorrente tenta di sminuire quanto in punto di fatto accertato dai giudici di appello in primo e secondo grado, sulla scorta della richiamate testimonianze, ritenute insufficienti, sotto il profilo probatorio, a supportare la domanda della lavoratrice; che, in relazione alla censurata motivazione, la doglianza si esaurisce in un mero dissenso rispetto a quanto diversamente opinato, in punto di fatto, dai giudici di merito, come tale non rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (secondo il testo ratione temports applicabile, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ex art. 2, “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”, rimasto in vigore sino alla sua sostituzione operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134);

che, invero, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. lav. n. 27162 del 23/12/2009. Analogamente, v. Cass. lav. n. 6288 del 18/03/2011.

5. tra l’altro Cass. lav. n. 7394 del 26/03/2010, secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione. Conforme Cass. n. 6064 del 2008.

V. pure Cass. 1^ civ. n. 1754 del 26/01/2007: il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti. In senso conforme, Cass. lav. n. 11660 e n. 11670 del 18/05/2006, n. 3881 del 22/02/2006, nonchè Cass. 3^ civ. n. 3928 del 31/03/2000.

Cfr. altresì Cass. civ. sez. 6 – 5, ordinanza n. 91 del 07/01/2014, secondo cui il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che, ove la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli atti, nè porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice di merito. Conformi nn. 15489 del 2007 e 5024 del 2012.

Inoltre, Cass. 5 civ. n. 2805 del 05/02/2011 ha precisato che il motivo di ricorso con cui ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., o anche un fatto secondario, cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale, purchè controverso e decisivo);

che, dunque, il ricorso va disatteso, con conseguente condanna della parte rimasta soccombente alle spese;

che, infine, non sussistono la condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ratione temporis inapplicabile nella specie, trattandosi di ricorso risalente all’anno 2012.

PQM

 

La Corte RIGETTA il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida a favore della controricorrente in 4000,00 (quattromila/00) Euro per compensi professionali ed in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2017

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