Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23046 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28145-2018 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONCAVALLO, 2,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIOVANNI MARIA LADISI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.S. EREDI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, F.L., Fe.Se., elettivamente domiciliati in

ROMA, C.SO D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

PASQUALE MOSCA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1051/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla società F.S. eredi Srl (già F. eredi di F.L. e C sas), da F.L. e da Fe.Se. e in riforma, in parte qua, della pronuncia resa dal Tribunale di Civitavecchia, ha ricalcolato le somme da corrispondersi al lavoratore P.M., così determinandole: Euro 1.376,65 per quattordicesima mensilità, Euro 1.353,13 per tredicesima mensilità, Euro 261,00 per TFR, oltre interessi legali e rivalutazione dalla maturazione del diritto (recte: dei diritti) al saldo;

la pronuncia di primo grado, invece, aveva pronunciato condanna, in relazione ai predetti titoli, per la maggior somma (complessiva) di Euro 27.743,67;

per la determinazione del quantum, la Corte territoriale disponeva CTU contabile, elaborata in ragione dell’inquadramento del lavoratore, nel III livello, per il periodo dal 15.10.1991 al febbraio 2005 e, nel II livello, dal febbraio 2005 alla cessazione del rapporto;

per quanto di maggior rilievo in questa sede, i giudici assumevano la “incongruità” dei rilievi mossi dalla parte appellata (id est: dal lavoratore) in ordine alla determinazione del TFR, atteso che “la parte non (aveva) dedotto, a fronte dei conteggi elaborati dall’ausiliario nelle tabelle allegate alla relazione, in modo specifico, gli errori di calcolo suscettibili di inficiare la quantificazione delle differenze a titolo di TFR”;

avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione P.M., affidato ad un motivo;

hanno resistito, con un unico controricorso, le parti indicate in epigrafe;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2120 c.c. e degli artt. 236,193 e 195 CCNL per i dipendenti da aziende del settore Terziario;

parte ricorrente imputa alla sentenza impugnata di aver erroneamente determinato il TFR non considerando il superiore inquadramento, pacificamente riconosciuto per provvedimento datoriale; inoltre, erroneamente, la sentenza della Corte di appello avrebbe preso in considerazione, come paramente retributivo, quello della retribuzione tabellare e non quella di maggior favore, riconosciuta dalla parte datoriale;

il motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità per difetto di specificità;

il ricorrente censura la statuizione della Corte territoriale sulla differenza riconosciuta a titolo di TFR senza, però, riportare, nella formulazione della doglianza, la consulenza tecnica (ovvero le parti salienti della stessa) indispensabile per valutare, nel merito, la fondatezza dei rilievi;

è sufficiente osservare come tale omissione sia in contrasto con l’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4 che impongono alle parti, ove siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un “error in procedendo” ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, di riprodurre in ricorso il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale nonchè di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., 8077 del 2012; ex plurimis, Cass. n. 13713 del 2015);

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con le spese liquidate, in favore della parte controricorrente (che ha resistito con un unico controricorso), come da dispositivo;

sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerate, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

 

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