Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2304 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/02/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 02/02/2021), n.2304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17638-2019 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAURO PIGINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 601/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – J.M. ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, avverso la sentenza del 4 aprile 2019 con cui la Corte d’appello di Torino ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione intimata non spiega difese, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato in vista dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurando la sentenza impugnata per non aver considerato le fonti citate dal ricorrente ed aver limitato la propria indagine a fonti informative non attuali.

Il secondo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto non rilevante la presenza di sua moglie in Italia e la nascita sul territorio nazionale di un figlio, oltre alle sue stesse condizioni di salute ed allo svolgimento di un’attività lavorativa.

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – E’ inammissibile il primo motivo, già solo perchè coniuga inestricabilmente una censura di violazione di legge ed una spiegata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 9 maggio 2018, n. 11222, Sez. I; Cass. 7 febbraio 2018, n. 2954, Sez. II; Cass. 20 novembre 2017, n. 27458, Sez. Lav.; Cass. 5 ottobre 2017, n. 23265 Sez. Lav.; Cass. 6 luglio 2017, n. 16657, Sez. III), peraltro in riferimento ad una formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, abrogata da anni, tanto più che la censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, è preclusa dall’art. 348 ter c.p.c..

Inoltre, a parte il fatto che la censura fa riferimento a “fonti citate dal ricorrente”, che non si sa quali siano e cosa dicano, sicchè la censura è anche priva di autosufficienza, il punto è che il richiedente aveva chiesto in appello esclusivamente il riconoscimento della protezione umanitaria (si vedano le conclusioni trascritte a pagina 2 della sentenza impugnata), mentre il primo motivo richiama esclusivamente, quantunque del tutto genericamente, la situazione del paese di origine, situazione che non era idonea a fondare un giudizio di vulnerabilità individuale tale da giustificare il riconoscimento della protezione richiesta.

4.2. – parimenti inammissibile il secondo motivo.

Anche in questo caso vi è un inammissibile cumulo di doglianze eterogenee. Anche in questo caso la censura ai sensi del numero 5 è stata formulata in riferimento ad una formulazione normativa da tempo abrogata. Anche in questo caso detta censura è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

Inoltre il motivo è totalmente versato in fatto, laddove assume che il giudice di merito avrebbe errato nel non valorizzare le circostanze addotte a sostegno della domanda, e per di più non coglie la ratio decidendi posta a sostegno del provvedimento impugnato, il quale non ha tralasciato di valutare la individuale condizione del richiedente, ma ha osservato che detta condizione non giustifica di per sè il riconoscimento della protezione umanitaria, occorrendo allo scopo l’effettuazione di un giudizio comparativo tale da dimostrare che, se rimpatriato, il richiedente subirebbe una compressione del nucleo fondamentale dei propri diritti umani, cosa nel caso di specie esclusa. Vale aggiungere che il ricorso fa riferimento allo svolgimento di attività lavorativa, ma la sentenza impugnata non ne parla affatto, nè il ricorso indica dove e quando la circostanza sarebbe stata dedotta nel giudizio di merito: sicchè si tratta di circostanza nuova, inammissibile nel giudizio di legittimità.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

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