Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23038 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/11/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 11/11/2016), n.23038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CATENA Rossella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22156-2012 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA GIULIANA

74, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE PORPORA, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAVALIER D’ARPINO 8, presso lo

studio dell’avvocato ENRICO FRONTICELLI BALDELLI, che lo rappresenta

e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFFICIO CONTROLLI DI ROMA

(OMISSIS);

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 91/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PORPORA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.E. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 91/04/2012, pronunciata il 24/1/2012 e depositata il 20/2/2012, che aveva accolto l’appello dell’Agente di Riscossione Roma – Equitalia Sud s.p.a. avverso la decisione di quella provinciale, inerente l’iscrizione di tre ipoteche per diverse cartelle di pagamento, con cui era stata disposta la cancellazione delle predette.

Osservava il giudice di secondo grado, per quanto qui d’interesse, che l’Agente di Riscossione, contumace in prime cure, aveva provato la notifica della comunicazione al contribuente delle iscrizioni ipotecarie, eseguita a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in due casi, all’indirizzo di residenza del contribuente, e presso il medesimo indirizzo, a mani di persona qualificatasi come il fratello del P., che aveva sottoscritto il relativo avviso di ricevimento.

Resiste con controricorso Equitalia Sud spa.

L’Agenzia delle Entrate, si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per omessa indicazione delle conclusioni del contribuente e delle ragioni di fatto poste a sostegno delle statuizioni del giudice di appello Secondo la giurisprudenza di questa Corte “l’omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua nullità solo quando le conclusioni formulate non siano state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte. Quando invece dalla motivazione della sentenza risulti che le conclusioni delle parti, nonostante l’omessa o erronea trascrizione, siano state esaminate e decise, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza” (Cass. n. 12864/2015; n. 4208/2007).

Orbene, la decisione del giudice di appello si incentra sulla questione, dedotta dal contribuente, concernente la conoscenza o meno, da parte di quest’ultimo, della comunicazione delle iscrizioni ipotecarie generate dalle cartelle esattoriali, eseguita dall’Agente della Riscossione mediante lettere raccomandate con avviso di ricevimento, questione sulla quale le parti hanno potuto interloquire e che è stata risolta nel senso che tale modalità di notificazione è consentita dal D.Lgs. n. 602 del 1973, art. 26 sicchè la doglianza è senz’altro infondata.

Con il secondo motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza giacchè la CTR del Lazio ha omesso di pronunciare su tutta la domanda e, segnatamente, sulle conclusioni di cui all’appello incidentale del contribuente, neppure precisando le ragioni per le quali ha tralasciato di farlo.

La censura si palesa infondata.

Giova premettere che con il gravame proposto in via incidentale il P. aveva chiesto la declaratoria di nullità delle cartelle esattoriali, a cui avevano fatto seguito le iscrizioni ipotecarie oggetto di causa, per vizi attinenti alle modalità di notificazione, questione ritenuta dal giudice di prime cure esulante dall’oggetto del giudizio “in quanto le contestazioni dovevano essere opposte nei termini per l’impugnazione delle cartelle notificate”.

E’ ben vero che il vizio di omessa pronuncia, deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, risolvendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, integra error in procedendo, da accertare con esame diretto degli atti da parte del giudice di legittimità (Cass. n. 269172003), ma è altrettanto vero che “nella redazione della motivazione della sentenza, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, essendo necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n. 4, (nel testo “ratione temporis” vigente), che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito (Cass. N. 24542/2009).

Ed allora, non pare dubitabile che la ratio decidendi che caratterizza la sentenza impugnata sia idonea a far ritenere che il giudice di appello abbia implicitamente condiviso, sul punto, le motivazioni della sentenza di primo grado.

Con il terzo motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 345 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 la nullità della sentenza giacchè il giudice di appello ha omesso di rilevare l’inammissibilità del gravame proposto da una parte processuale, il Concessionario, non costituitosi in primo grado. Evidenzia il ricorrente che l’allora appellata Agenzia delle Entrate si era costituta ed aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine ai vizi, concernenti propriamente le cartelle esattoriali, dedotti nel ricorso introduttivo dal contribuente, e riproposti con l’appello incidentale.

La censura va disattesa in quanto la tesi sostenuta dal P. si pone in contrasto con il principio, più volte affermato da questa Corte, che “in tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o istintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio perchè le difese le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono a loro volta eccezione in senso tecnico” (Cass. n. 11223720016; 14486/2013; n. 3338/2011; n. 8316/2012 n. 12008/2011).

E’ chiaro, altresì, il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, che espressamente fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti sicchè ben poteva l’Ufficio produrre la documentazione probatoria destinata a sopportare le proprie deduzioni per la prima volta in appello, qualunque sia il motivo per il quale tale adempimento non sia stato compiuto in prime cure.

Con il quarto motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza per erronea valutazione delle risultanze di causa e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 26, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3, artt. 25 e 50, atteso che nell’ipotesi di cassazione della sentenza impugnata il giudice di rinvio non potrebbe non rilevare l’inesistenza della notifica costituita da una semplice lettera raccomandata il cui avviso di ricevimento, in data 9/10/2007, è per di più sottoscritto da soggetto asseritamente qualificatosi come “fratello” del destinatario.

La censura va disattesa in quanto non tiene conto dell’indirizzo di questa Corte secondo cui “in tema di notificazione a mezzo del servizio postale della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione al disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, che prescrive l’onere per l’esattore di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione (Cass. n. 16949/2014; n. 14327/2009; n. 14105/2000).

E l’accertamento circa la coincidenza tra la persona cui la cartella è destinata e quella cui è consegnata è di competenza esclusiva dell’ufficiale postale, che vi provvede con un atto (l’avviso di ricevimento della raccomandata) assistito dall’efficacia probatoria privilegiata di cui all’art. 2700 c.c., avendo natura di atto pubblico (Cass. n. 2421/2014; n. 19021/2013; n. 25860/2008; n. 13748/2003; n. 4590/2000).

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, in favore dell’intimata, Equitalia Sud s.p.a., ritualmente costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in favore della intimata Equitalia Sud s.p.a. in Euro 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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