Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23031 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 22/10/2020), n.23031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27868-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1339/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Bari ha respinto il gravame dell’INPS e confermato la decisione di primo grado di accoglimento della domanda di G.G., titolare di pensione diretta VO, volta ad accertare l’irripetibilità dell’indebito INPS, pari ad Euro 12.326,74, a titolo di rideterminazione del trattamento pensionistico;

la Corte di appello ha osservato come la corresponsione delle somme indebite non fosse imputabile al dolo dell’interessato che non aveva commesso artifici o raggiri per indurre l’Istituto alla commissione dell’errore; lo stesso ente aveva riconosciuto che la corresponsione fosse conseguenza di dati trasmessi dalla parte datoriale e tanto rendeva irrilevante, a giudizio della Corte di appello, ogni (ulteriore) indagine in ordine all’effettiva responsabilità ed imputabilità al terzo dell’errore; doveva aggiungersi, secondo la Corte di merito, la valutazione deg comportamento dell’INPS che, dopo una prima comunicazione del 2004 (con cui informava l’interessato che l’importo della pensione spettante era dovuto in misura inferiore a quella corrisposta), solo nel 2010, con provvedimento definitivo, procedeva al recupero della somma indicata in detta iniziale comunicazione, così ingenerando nel pensionato la legittima convinzione della regolarità dell’importo percepito a titolo di pensione;

avverso la decisione, ha proposto ricorso l’INPS, fondato su un unico motivo;

è rimasto intimato G.G.;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con un unico motivo, l’INPS deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione della L. n. 412 del 1991, art. 13 per avere la Corte dichiarato la irripetibilità dell’indebito, nonostante lo stesso (id est: l’indebito) trovasse causa nell’errore del datore di lavoro che aveva incluso l’interessato tra i lavoratori collocati in mobilità, nell’ambito della crisi che aveva coinvolto l’azienda, così consentendogli di accedere (con decorrenza da maggio 2003 piuttosto che da dicembre 2003, come effettivamente dovuto) al trattamento pensionistico;

l’INPS censura la statuizione nella parte in cui, escluso il dolo del G., assume l’irrilevanza di ogni indagine circa eventuali responsabilità (di terzi) nella determinazione dell’errore; così facendo, la sentenza impugnata non considera che la regola dell’irripetibilità presuppone l’errore imputabile all’INPS nella valutazione di elementi che siano nella sua disponibilità; diversamente vale il principio generale della ripetibilità di ciò che si è pagato in eccedenza;

l’INPS censura anche l’affermazione secondo cui il G. avrebbe fatto legittimo affidamento nella condotta dell’INPS che, dopo una comunicazione del 2004, procedeva al recupero della somma indebita solo nel 2010; l’Istituto osserva che, ricevuta la comunicazione dell’indebito, il pensionato non può confidare nel fatto che le somme non siano (immediatamente) recuperate, potendo l’INPS procedervi nel termine ordinario di prescrizione;

il motivo è da accogliere nei termini che seguono;

le disposizioni che regolano la fattispecie sono contenute nella L. n. 88 del 1989, art. 52, e nella L. n. 412 del 1991, art. 13;

la L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, stabilisce che le somme erogate indebitamente a titolo previdenziale non sono ripetibili, se non in presenza di dolo dell’interessato;

la L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1, formulato come norma di interpretazione autentica, ma in realtà innovativo (Corte Cost. 10 febbraio 1993, n. 39), integra tale regola, stabilendo che la ripetibilità di cui all’art. 52, comma 2, riguarda le somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da “errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore” salvo il dolo nella percezione ovvero l'”omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato” di fatti che egli fosse tenuto a comunicare e non siano già a conoscenza di essi;

complessivamente, la regola che deriva dalla combinazione delle predette disposizioni è quella per cui la irripetibilità dell’indebito pensionistico I.N.P.S. è subordinata a quattro condizioni: a) il pagamento delle somme in base a formale, definitivo provvedimento b) la comunicazione del provvedimento all’interessato c) l’errore, di qualsiasi natura, imputabile all’ente erogatore; d) la insussistenza del dolo dell’interessato, cui è parificata quoad effectum la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano già conosciuti dall’ente competente;

in mancanza di una (qualunque) delle indicate condizione, opera la regola della ripetibilità e non la speciale disciplina dell’art. 52 cit.;

questa Corte ha già esaminato (Cass. n. 17417 del 2016, seguita da Cass., sez. VI, n. 14517 del 2020, pubblicata nelle more della presente decisione) l’ipotesi in cui l’errore del provvedimento di liquidazione dipenda dalla inesatta trasmissione di dati da parte del datore di lavoro e, più in generale, la questione dell’imputabilità o meno all’ente previdenziale dell’errore derivato dal fatto di un terzo;

a tale riguardo, è stato precisato che il criterio per la imputabilità dell’errore all’ente erogatore della prestazione è la disponibilità o meno, da parte dell’ente, dei dati rilevanti alla corretta liquidazione della pensione; se i dati non sono già conosciuti dall’ente (per non essere in suo possesso) e vengono trasmessi dall’interessato (o dal datore di lavoro), l’INPS non ha un onere di verifica degli stessi (neppure in caso di anomalie apparenti) e, conseguentemente, non è configurabile un errore imputabile all’ente che derivi dai dati medesimi;

in assenza di errore imputabile all’INPS, vale la regola generale della ripetibilità e non ha senso parlare di insussistenza del dolo dell’interessato. Detto diversamente, l’indagine in ordine al dolo del beneficiario della prestazione pensionistica segue l’accertamento di sussistenza dell’errore imputabile all’INPS;

nel caso di specie, la Corte territoriale è, dunque, incorsa nel denunciato errore di diritto; invertendo la verifica imposta dalla norma di legge, ha arrestato l’indagine all’accertamento di assenza di dolo dell’interessato ed escluso che avesse rilevanza l’accertamento dell’imputabilità dell’errore;

neppure rileva la condizione soggettiva dell’accipiens, altresì, valutata dalla Corte territoriale; intervenuta la comunicazione dell’indebito, il titolare della prestazione pensionistica non può ragionevolmente confidare nel mancato recupero che l’INPS può esercitare nel termine ordinario di prescrizione;

la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che, nel procedere a nuovo esame della fattispecie, si atterrà ai principi suesposti;

al giudice di rinvio è rimessa anche la regolazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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