Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23031 del 02/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/10/2017, (ud. 20/07/2017, dep.02/10/2017),  n. 23031

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17930-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1191/11/2016 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 12/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

Con sentenza in data 18 gennaio 2016 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1553/7/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso della Curatela del Fallimento (OMISSIS) srl contro il diniego di rimborso IVA 2002. La CTR osservava in particolare che la mera esposizione in dichiarazione da parte del Curatore fallimentare di un credito IVA derivante da operazioni imponibili precedenti la dichiarazione di fallimento doveva considerarsi quale presupposto adeguato e sufficiente a fondare la pretesa di rimborso avanzata dal Curatore stesso, avendo peraltro l’agenzia fiscale omesso di esercitare il proprio potere di verifica dell’effettiva fondatezza della pretesa medesima.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

L’intimata curatela fallimentare non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, art. 2697 c.c., poichè la CFR ha erroneamente applicato quest’ultima disposizione codicistica, attribuendole un onere probatorio non spettantele circa la sussistenza dei presupposti fondanti la pretesa creditoria di rimborso azionata dalla Curatela fallimentare, gravando invece sulla Curatela stessa l’onere di provare gli adempimenti richiesti dalle prime due disposizioni legislative del decreto IVA.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che:

“In tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno” (Sez. 5, Sentenza n. 15026 del 02/07/2014, Rv. 631523 – 01);

“In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 542 del 1996, art. 57, comma 2, sono precluse in appello esclusivamente le nuove eccezioni in senso tecnico, dalle quali deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, sicchè, a fronte dell’impugnazione, da parte del contribuente, del silenzio rifiuto su di un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria può difendersi dalla pretesa azionata eccependo, anche in appello, il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione, integrando tale attività una mera difesa o un’eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile in quanto mera contestazione delle censure mosse con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23587 del 21/11/2016, Rv. 641749 – 01).

Nel caso di specie, ancorchè specificamente soltanto con le difese nel secondo grado del giudizio, l’Ente impositore aveva contestato la mancanza di prova del credito IVA de quo.

Essendo tale difesa non preclusa in considerazione del secondo arresto giurisprudenziale citato, in applicazione del primo la CTR avrebbe dovuto verificare in concreto e nel merito l’assolvimento dell’onere probatorio da parte della Curatela fallimentare con specifico riguardo alle produzioni documentali richieste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, non potendosi limitare al rilievo della compilazione del rigo VX4 della dichiarazione correlativa.

Peraltro collide radicalmente con il primo principio di diritto anche l’affermazione del giudice tributario di appello che “L’Agenzia delle entrate ha omesso di esercitare i poteri di controllo sull’esistenza del credito d’imposta esposto in dichiarazione e sull’esistenza delle operazioni imponibili delle quali il predetto credito è derivato”, posto appunto che ciò inverte l’onere probatorio così come determinato dalla qualità di “attore sostanziale” della Curatela fallimentare.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2017

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