Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23028 del 17/08/2021

Cassazione civile sez. I, 17/08/2021, (ud. 06/07/2021, dep. 17/08/2021), n.23028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14400-2020 r.g. proposto da:

A.M.W., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avvocato Paolo Alessandrini, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, depositata in

data 16.9.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’Aquila ha rigettato l’appello proposto da A.M.W., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di L’Aquila, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato nel villaggio di (OMISSIS), nella regione di (OMISSIS), nel (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché condannato dall’Imman alla decapitazione perché allevatore di maiali.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto e perché comunque non era stato dimostrato che il ricorrente era stato sottoposto a processo per il reato di blasfemia; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non aveva dimostrato una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 16.9.2019, è stata impugnata da A.M.W. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della direttiva comunitaria 2004/83/CE del 29.4.2004, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, nonché della direttiva comunitaria 2005/85/CE e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 27, comma 1bis e art. 8 della direttiva 2013/32/Ue, in relazione alla valutazione di non credibilità del racconto e della mancata audizione del richiedente in appello.

1.1 La doglianza, per come proposta, è inammissibile.

1.1.1 Sul punto, giova ricordare, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretende, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perché non dedotto nel senso sopra chiarito e perché comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

1.1.2 Sotto l’altro profilo di doglianza, non può neanche essere dimenticato, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel procedimento, in grado d’appello, relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, cfr. anche: Sez. 6, Ordinanza n. 24544 del 21/11/2011).

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3.

2.1 Anche il secondo motivo è formulato in modo inammissibile.

Va evidenziato, in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, – è inammissibile perché volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del (OMISSIS), giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche tramite la consultazione di qualificate fonti informative, che nel Punjab non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 4 direttiva 2011/05/UE, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 4, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, dell’art. 2 Cost., in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, in relazione alla mancata valutazione di documenti prodotti al fine del riconoscimento della richiesta protezione umanitaria e per difetto di motivazione in relazione al giudizio di non vulnerabilità.

3.1 Il motivo è anch’esso inammissibile.

Occorre in primis rilevare come il ricorrente si dolga dell’omesso esame di documenti e fatti decisivi senza neanche inquadrare la doglianza nel paradigma applicativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come perimetrato dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte (Cass. ss.uu. n. 8053/2014).

Ma anche a voler superare tale pur assorbente profilo di inammissibilità della doglianza, la stessa risulta irricevibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione, posto che il ricorrente non spiega quali sarebbe i documenti del cui omesso esame ora si duole e soprattutto quale sarebbe il grado di decisività degli stessi, al fine del più corretto giudizio sulla sua condizione di soggetto vulnerabile e sull’integrazione nel contesto sociale italiano.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dala L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

 

 

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